Il 22 marzo, alla vigilia della partenza di Benedetto XVI per il Messico e Cuba, è uscito su korazym.org – una testata on line cattolica tra le più attendibili – un ampio e documentato articolo del vaticanista Andrea Gagliarducci sui retroscena dell’operazione di trasparenza finanziaria e di adeguamento agli standard internazionali antiriciclaggio promossa dalla Santa Sede:
> Chi non vuole la trasparenza?
Va detto subito che l’articolo non è imparziale. Contesta che il campione della trasparenza sia il presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, Ettore Gotti Tedeschi. Indica in due suoi stretti collaboratori, Marcello Condemi e Francesco De Pasquale, entrambi della covata della Banca d’Italia, gli autori della versione iniziale della legge vaticana 127 entrata in vigore il 1 aprile 2011 per consentire alla Santa Sede l’ammissione alla “white list”, ma qui descritta piuttosto come “fatta su misura” per arginare le pressioni della magistratura di Roma sullo IOR e sul suo presidente, incautamente presentatosi “sua sponte” dai giudici (su consiglio, si legge, della sua avvocato Paola Severino oggi ministro della giustizia) senza esigere la rogatoria internazionale necessaria per uno Stato estero come la Città del Vaticano. È molto freddo con il cardinale Attilio Nicora, presidente della neonata Autorità di Informazione Finanziaria della Santa Sede, della quale De Pasquale è direttore e Condemi è membro, e alla quale spetta il controllo su tutti i movimenti finanziari della Santa Sede e quindi anche dello IOR, con conseguente commistione tra controllori e controllati.
In cambio di questi e di altri capi d’accusa contro gli uomini che nell’opinione corrente sarebbero gli artefici dell’operazione pulizia e riordino, l’articolo fa l’apologia, invece, dei passi compiuti di recente da altri uffici vaticani per “migliorare” sensibilmente la legge 127, soprattutto al fine di garantire alla Santa Sede la sua peculiarità di Stato sovrano invece che di “enclave” dell’Italia bancaria, politica e giudiziaria, e quindi di essere ammessa con l’autonomia sua propria nella “white list” degli Stati con i più alti standard di rigore finanziario.
L’autore dell’articolo non dice quali siano questi altri uffici vaticani che starebbero operando per rimediare ai danni imputati ai presunti campioni della trasparenza. Ma è facile intuire che si tratti anzitutto della segreteria di Stato, o meglio, della sua seconda sezione, quella diplomatica, tradizionalmente la più impegnata a rivendicare il carattere della Santa Sede come Stato sovrano e ad agire su uno scacchiere non domestico, ma globale.
Un indizio che sia questa sezione ad aver preso il controllo delle operazioni è stata la nota di monsignor Dominique Mamberti, arcivescovo segretario per i rapporti con gli Stati, apparsa su “L’Osservatore Romano” del 27 gennaio 2012, subito dopo l’adesione della Santa Sede a convenzioni internazionali utili allo scopo e in concomitanza con l’emissione del decreto di modifica della legge 127: una nota di commento e adesione partecipe a queste ultime iniziative.
Con Mamberti si muove il numero due della sezione esteri della segreteria di Stato, monsignor Ettore Balestrero. Agiscono inoltre d’intesa con costoro, in questa fase, i nuovi vertici del governatorato della Città del Vaticano, il cardinale Giuseppe Bertello e monsignor Giuseppe Sciacca.
Con loro e sopra di loro c’è naturalmente il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, la cui vecchia intesa con Gotti Tedeschi ha lasciato il passo a una ruggine che sconfina nell’avversione aperta.
L’articolo di Gagliarducci, insomma, è tutto da leggere. Per le notizie inedite che dà. Per come passa in rassegna e interpreta le carte riservate trapelate sui media nelle scorse settimane. Soprattutto per come delinea la battaglia attualmente in corso dentro le mura vaticane (Sandro Magister).
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/03/24/finanze-vaticane-laltra-campana/
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