sabato 23 novembre 2013

Analfabetismo religioso in Italia: tanti cattolici per tradizione ma scarsa cultura e partecipazione

chiesavuota
L’Italia viene solitamente dipinta come un paese religioso, attaccato alle tradizioni cristiane. La fede è diffusa e tanti si dichiarano apertamente cattolici, soprattutto per senso di identità. Ma è anche vero che questi stessi credenti hanno di solito una scarsa conoscenza dei fondamenti della propria religione e partecipano poco alle messe, preferendo la preghiera individuale. Inoltre, i non credenti rappresentano ormai una minoranza tutt’altro che trascurabile e l’Italia si fa, seppure lentamente e in maniera contraddittoria, più plurale e secolarizzata. È quanto emerge da un sondaggio Gfk Eurisko commissionato dalla Chiesa valdese.

I dati

 
 
Secondo la recente ricerca, circa il 76% si dichiara “credente”; “atei” e “non credenti” arrivano al 15%, gli “agnostici” al 4% e quelli “in ricerca” il 5%. Tra i credenti, circa il 5% segue altre confessioni religiose, ma il dato si ritiene sottostimato perché non tiene adeguatamente conto degli stranieri. Coloro che si dichiarano cattolici sono il 79%, segno di una proclamata appartenenza culturale che dipende spesso da famiglia e conformismo ma che può non corrispondere a una vera credenza. Infatti solo il 44% si dichiara cattolico “praticante”, a fronte di un restante 35% che non lo è.
 
"in chiesa solo per eventi come matrimoni, funerali o battesimi"

La frequenza alle funzioni è bassa: solo l’11% (“fedelissimi”) ci va tutti i giorni o più volte a settimana, mentre i frequentatori settimanali (“fedeli”) arrivano al 24%. “Occasionali”, che si recano poche volte l’anno, il 18% e “distaccati”, che entrano in chiesa solo per eventi come matrimoni, funerali o battesimi, arrivano al 27%. Anche quelli che leggono da soli la Bibbia non sono tantissimi, circa il 29%. Dati più alti per la preghiera individuale: il 74% prega (di cui il 38 tutti i giorni e il 12% più volte a settimana).
 
Nonostante la fede conclamata, regna una diffusa ignoranza sulla religione, come emerge da domande mirate su temi come la Bibbia e i Vangeli. I cattolici praticanti sanno citare almeno uno dei dieci comandamenti (il 43,2%): vanno meglio dei non praticanti (34,90%) ma peggio dei fedeli di altri culti (60,70%). Scarsa la conoscenza del Catechismo: il 24,70% dei praticanti sa citare le virtù teologali, percentuale più alta della media (17,20%). Gli italiani non sono preparati neanche sulle religioni diverse da quella cattolica: solo il 41% identifica Martin Lutero quale iniziatore della Riforma protestante, ancora meno chi sa che la regina Elisabetta è anglicana e che lo scrittore Primo Levi era di origine ebraica. Tutto questo in un paese dove il 91% ha ricevuto una educazione confessionale e l’88% ha frequentato l’insegnamento religioso a scuola.

La partecipazione non è alta, la cultura religiosa è scarsamente diffusa, ma tanti si proclamano cattolici e i più si conformano, conservando un’alta considerazione della religione e dichiarandosi favorevoli all’insegnamento della dottrina. Per il 37% la religione conta “molto”, per un altro 35% “abbastanza”. L’87% è a favore dell’educazione religiosa a scuola o perché ci crede (46%) o per rispetto alla “tradizione” (37%), mentre solo l’11% vorrebbe l’alternativa: sappiamo quanto in questi risultati giochi la difficoltà nell’ottenere un insegnamento diverso da quello religioso e lo stigma sociale. Infatti, più della metà è d’accordo sull’opportuna di insegnare anche altre religioni e due terzi non vedrebbe male anche insegnanti di religione non cattolici, purché ovviamente preparati.
 
"un paese dove le scuole e i media sono fortemente clericalizzati"

Ma scuola e università forniscono una formazione religiosa soddisfacente solo al 25%, poco di più giornali e tv (30%). In un paese dove le scuole e i media sono fortemente clericalizzati e l’informazione religiosa, spesso celebrativa, trova ampio spazio, è ancora la parrocchia a rispondere meglio a certe esigenze (per il 43%).
Nonstante il diffuso conformismo, sui temi etici la popolazione assume atteggiamenti più laici e secolarizzati. Il 63% è a favore del riconoscimento delle coppie gay, il 65% ammette la fecondazione eterologa, vietata dall’attuale legge 40 sulla procreazione assistita, il 74% vuole il testamento biologico. Cade l’immagine di un paese monolitico e fedele alla linea cattolica: basti aggiungere che il 63% si dichiara a favore dell’apertura delle moschee.
 

Il cristianesimo: più lo imponi, meno lo conoscono

 
 
I dati raccolti sono in linea con quanto già rilevato da Franco Garelli nel 2011. L’Italia è un paese dove il cattolicesimo si fa piuttosto tradizione identitaria e meno fede vissuta e coltivata, come era nei decenni passati. Il quadro che ne esce non è incoraggiante per la Chiesa, come rileva infatti Avvenire, commentando la ricerca e la recente uscita del Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia curato da Alberto Melloni. Tra le soluzioni proposte, si parla anche della necessità di dotarsi di intellettuali con preparazione teologica e si lamenta la scarsa educazione religiosa a scuola. Ma quello che sconta l’Italia è anche il fatto che una quota consistente di intellettuali, anche laici, si interessi fin troppo di speculazione teologica.
grande considerazione nel nostro (desolato) panorama culturale
Checché se ne dica, la religione viene tuttora tenuta in grande considerazione nel nostro (desolato) panorama culturale, nella società e nella scuola, ma i frutti sono scarsi. Verrebbe da chiedere a cosa serva quindi l’ora di religione cattolica, con la sua corsia preferenziale. Parliamo di un insegnamento gestito da docenti scelti dagli editori di Avvenire, con programmi stabiliti dagli editori di Avvenire. Una materia che segue circa il 90% degli studenti italiani, anche se il dato è in calo ed emergono sempre più famiglie che cercano di ottenere, nonostante il boicottaggio degli istituti, una qualche alternativa. Nonostante ciò, questi i risultati. E nessuna autocritica.
 
Il cristianesimo — e in particolare il cattolicesimo — per parecchi sembra ormai inteso come la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo e in generale i giuristi intendono il crocifisso. Sebbene la sentenza di Strasburgo sul caso Lautsi sia stata accolta trionfalisticamente dai più integralisti, ormai il crocifisso è stato ridotto a un arredo cui nessuno presta molta attenzione (simbolo “passivo”, meno culturale o di fede), ma che si vuole comunque imporre a tutti i costi. La religione cristiana sta diventando sempre di più uno sfondo anonimo a cui si presta sempre meno attenzione.