martedì 17 settembre 2013

Omofobia e nozze gay: il volto umano del clericalismo

caffarra
Si sta iniziando faticosamente a discutere in Italia di una legge per le coppie conviventi e omosessuali. Mentre in altri paesi sono ormai previste le nozze gay, da noi è ancora pesante la sudditanza della politica nei confronti della Chiesa cattolica e dei suoi anatemi. Un’opposizione che viene sia dai vescovi sia da papa Francesco.

"accenti più umani e comprensivi, confermando però la dottrina"

In questo gioco delle parti clericale agli esponenti della conferenza episcopale spetta il compito di ribadire con durezza e senza mezzi termini la chiusura della Chiesa, mentre il nuovo papa assume una posizione più sfumata e accorta, con accenti più umani e comprensivi, confermando però la dottrina e non lasciando tanti spiragli a chi lo vorrebbe etichettare frettolosamente come progressista o rivoluzionario, come impone ormai il clima di papolatria mediatica. Questa dinamica si nota nelle ultime dichiarazioni contro le unioni gay e le leggi anti-omofobia da parte delle gerarchie ecclesiastiche in occasione della 47esima settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi a Torino la scorsa settimana. Bergoglio, nel suo messaggio nonostante il consueto tono conciliante ai partecipanti si è posto in continuità con la Caritas in veritate di Benedetto XVI e ha chiarito che “come Chiesa offriamo una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità”. “In questa realtà, inoltre, riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche nella Costituzione della Repubblica Italiana”, si è premurato di aggiungere.
 
Perché la “famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta”. Questa tesi alla Giovanardi che cita la Costituzione non è molto efficace, perché all’art. 29 non si fa distinzione di genere. Niente di nuovo sul fronte di Bergoglio, dato che già da arcivescovo in Argentina si era scagliato contro le nozze gay definendole non solo “illegali” ma dandone un’immagine demoniaca, frutto della “invidia del Demonio che cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra”.

Il giorno dopo il messaggio papale scendono in campo i prelati a fare il lavoro sporco. Il presidente della Cei e arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco, critica la proposta di legge contro l’omofobia: ferma restando la condanna della “violenza” contro i gay, “per lo stesso senso di civiltà, nessuno dovrebbe discriminare, né tanto meno poter incriminare in alcun modo, chi sostenga pubblicamente ad esempio che la famiglia è solo quella tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, o che la dimensione sessuata è un fatto di natura e non di cultura”. Ancora una volta la strategia clericale è quella di confondere i piani e far credere che la norma in discussione possa portare all’incriminazione di chi sostenga tesi di questo tipo.
 
Bagnasco passa poi all’attacco sulla regolamentazione delle coppie di fatto, che a suo parere “misconosce la specificità della famiglia e se ne preclude l’autentica valorizzazione nel contesto sociale”. Addirittura così la “famiglia” sarebbe “umiliata”, subirebbe “in modo felpato” un “vulnus progressivo alla sua specifica identità”. Di più, una norma sarebbe inutile perché i diritti individuali sarebbero “in larga misura già garantiti dall’ordinamento”, sostiene il prelato senza premurarsi di specificare. Va mantenuta “la roccia della differenza sessuale”, ha ammonito, per evitare che l’umano venga “polverizzato in un indistinto egualitarismo che cancella la differenza sessuale e quella generazionale”. Tra l’altro, è convinto che i tempi del divorzio in Italia “sono troppo brevi” — mentre in realtà la separazione dura ben tre anni, raro caso ormai in Europa — contro qualsiasi possibilità di riduzione, come proposto da un recente referendum radicale.
 
"docenti che poi sciamano nelle scuole a fomentare l’omofobia"

Scenari apocalittici vengono tratteggiati anche dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna (riconfermato dal “riformatore” Bergoglio), durante la lectio magistralis per l’apertura dell’anno formativo dell’itinerario di educazione cattolica per gli insegnanti della città. Tanto per intenderci, è con questi messaggi che vengono formate le truppe di docenti che poi sciamano nelle scuole a fomentare l’omofobia in salsa cattolica, come avvenuto ad esempio a Venezia. Per il cardinale il riconoscimento del matrimonio per le coppie omosessuali porterebbe alla “devastazione del tessuto fondamentale del sociale umano”. La “coniugalità” per le coppie gay “sconnette totalmente la medesima coniugalità dall’origine della persona umana”, ha aggiunto: “un vero e proprio sisma nelle categorie della genealogia della persona”. Si è lanciato poi in elucubrazioni sul senso del matrimonio gay, che “trasmette oggettivamente questo messaggio: ‘di metà dell’umanità non so che farne, in ordine alla più intima realizzazione di me stesso è superflua’”. Scagliandosi quindi contro adozione e procreazione assistita per le coppie dello stesso sesso.
 
"pericoloso cavillo sulla libertà di espressione, pleonastico"

Un effetto l’alacre ingerenza della Chiesa su coppie gay e omofobia ce l’ha. La legge anti-omofobia, già stemperata all’inizio per non ferire la sensibilità dei cattolici, ora viene annacquata ancora di più grazie al pressing clericale. Saranno infatti discussi i cosiddetti emendamenti “salva-vescovi”, due proposte identiche presentate da Partito Democratico e da Scelta Civica (questa con firma di Paola Binetti e Rocco Buttiglione). Secondo tali emendamenti, non è “discriminazione, né istigazione alla discriminazione” la “libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente”. Di fronte a questa beffa, le associazioni lgbt hanno scritto una lettera ai deputati Pd per protestare contro l’inserimento di “un pericoloso cavillo sulla libertà di espressione, pleonastico” e “che rischia di complicare l’applicazione di una legge già di per sé poco efficace”. “L’accusa di liberticidio rivolta alla legge Mancino”, rilevano le associazioni, “è frutto di una campagna di mistificazione prodotta ad hoc dalla destra e da parte dei cattolici, proprio ora che si tratta di estendere l’efficacia di quella norma anche a tutela delle persone gay, lesbiche e trans”. Insomma il papa ammicca, la Cei abbaia e il Parlamento dispone.