giovedì 19 settembre 2013

Il problema del velo integrale: prima convergenza tra Gran Bretagna e Francia?

niqab
Anche in Gran Bretagna ci si rende sempre più conto di come il multiculturalismo confessionalista crei problemi: ora sulla questione del velo integrale. Un tribunale di Londra ha stabilito che una donna di religione islamica coinvolta in un processo debba togliere il velo quando deve deporre in aula, mentre può tenerlo negli altri momenti del processo. Il caso è quello di “D”, una ragazza musulmana di 22 anni imputata per intimidazione nei confronti di un testimone di un altro processo. Il legale della giovane ha sostenuto che lei non poteva togliere il niqab in pubblico, perché impostole dall’islam. Il giudice Peter Murphy, pur mostrandosi rispettoso, non ha ritenuto opportuno garantire questa eccezione religiosa in ogni occasione, poiché durante una deposizione è importante anche osservare il viso e le espressioni dell’interessato. Quindi la ragazza quando è chiamata alla sbarra non può nascondersi dietro il velo che lascia scoperti solo gli occhi.


La questione, come osserva Repubblica, pone la necessità di armonizzare la libertà religiosa con l’interesse pubblico in un paese come la Gran Bretagna in cui l’approccio è differente rispetto alla Francia e al Belgio, dove vige il divieto per il velo integrale. Questo caso inglese mostra comunque un atteggiamento troppo condiscendente nei confronti delle pretese religiose: indicativo che il giudice abbia vietato ai disegnatori tradizionalmente ammessi ai processi di ritrarre il volto scoperto della giovane; non solo, ma per identificare l’interessata è stata inviata appositamente una poliziotta, in modo che la donna potesse togliersi il velo (cosa che non avrebbe fatto di fronte a un uomo). Episodi del genere suscitano il dibattito sul velo anche Oltremanica. C’è soprattutto la destra a chiedere esplicitamente il bando, con accuse di “islamofobia” di rimando: ma anche tra conservatori e laburisti ci si pone il problema. Il laburista Jack Straw e il premier conservatore David Cameron vorrebbero norme più rigide, cui si oppongono il liberaldemocratico Nick Clegg e il vice primo ministro Jeremy Browne.
 
Il sociologo Renzo Guolo evidenzia la differenza tra il modello britannico e quello francese. Il primo, “di matrice multiculturalista, fondato essenzialmente sull’idea di massimo riconoscimento della differenza culturale nello spazio pubblico in cambio della lealtà sistemica”, “privilegia un concetto di libertà associato a quello di autonomia”. Mentre in Francia, “che adotta un modello di integrazione assimilazionista”, si è vietato il velo per contrastare l’oppressione maschilista e patriarcale veicolata dall’islam. Ma all’inizio ci si è scontrati con l’esistenza di donne che sostenevano di indossare il burqa senza condizionamento. Si è quindi virato verso l’esigenza del riconoscimento della persona negli spazi pubblici, un po’ come accade in Italia con la legge Reale: visto che tale necessità, se vale per tutti gli altri cittadini, non dovrebbe trovare eccezioni legislative di tipo religioso (come invece è stato proposto durante la scorsa legislatura dal Pd). Considerando anche che ci sono stati furti e rapine effettuati da persone che indossavano il burqa, o episodi diffusi di costrizione — che in alcuni casi sfociano in tragedia — nei confronti di ragazze che non vogliono indossarlo. Una via, quella dell’esigenza del riconoscimento, verso cui pare tendere anche la Gran Bretagna: due sistemi legislativi agli antipodi come quello francese e quello inglese sembrano trovare su questo un punto in comune.