Benedetto
XVI si è prodotto ieri nella prevedibile difesa della dottrina familiare
cattolica. L’ha fatto sorvolando sui problemi interni al Vaticano,
ma attaccando i politici. Che, benché a loro volta alle prese con
un’opinione pubblica sempre più disincantata, dedicano evidentemente
troppa attenzione al crescente
numero di famiglie non ‘riconosciute’ dalla Chiesa cattolica.
Allo stadio
di San Siro, insieme a
Zanetti e a Baresi, e al Parco Nord durante la veglia, il senso degli interventi di
Joseph Ratzinger non si è nemmeno questa volta discostato da quella
che è la linea Maginot delle gerarchie ecclesiastiche: soltanto la
relazione tra un uomo e una donna, basata su un matrimonio e orientata
alla riproduzione, deve essere riconosciuta giuridicamente.
E’ pertanto
stato l’intervento di fronte alle autorità politiche quello veramente
interessante, perché ha mostrato ancora una volta come la Chiesa intenda
affermare la propria dottrina attraverso il potere secolare: di
fronte alle silenti autorità della Regione, della Provincia e del Comune,
si è non a caso impegnato in un
lungo encomio di sant’Ambrogio, ovvero l’uomo che seppe definitivamente piegare
l’impero romano alle esigenze della Chiesa del IV secolo. Ratzinger
ha detto che fu capace di “superare contrasti e ricomporre divisioni”,
dimenticando però che lo fece umiliando l’autorità politica e ottenendo
leggi liberticidide che imposero il cristianesimo come religione
di Stato, dando nel contempo il via alle persecuzioni nei confronti
di pagani, eretici, ebrei e apostati.
Incredibilmente,
proprio il pensiero di Ambrogio è servito al papa per introdurre il
tema della “laicità dello Stato”. Secondo Benedetto XVI, essa deve “assicurare
la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della
vita comune”. L’esatto contrario dell’insegnamento e della pratica
di Ambrogio.
Il prosieguo
del discorso ha tuttavia superato l’incoerenza, perché per il papa
la laicità deve sempre affermarsi “nel contesto delle leggi che mirano
al bene di tutti”, e che “debbono trovare giustificazione e forza
nella legge naturale, che è fondamento di un ordine adeguato alla
dignità della persona umana, superando una concezione meramente
positivista dalla quale non possono derivare indicazioni che siano,
in qualche modo, di carattere etico [...] Lo Stato è a servizio e a tutela
della persona e del suo «ben essere» nei suoi molteplici aspetti, a cominciare
dal diritto alla vita, di cui non può mai essere consentita la deliberata
soppressione. Ognuno può allora vedere come la legislazione e l’opera
delle istituzioni statuali debbano essere in particolare a servizio
della famiglia, fondata sul matrimonio”.
Si sa quanti
e quali azioni, da due millenni, la Chiesa ha posto in essere per “il
bene” di chi non la pensa come lei. Si capisce dunque come l’accettazione
cattolica del principio di laicità dello Stato sia soltanto apparente:
la legislazione deve infatti comunque adeguarsi a quanto sostiene
la Chiesa e dunque, in ultima istanza, lo stesso papa. I diritti civili
di chi non è cattolico vengono dopo – quando vengono, e per gentile
concessione del sommo pontefice.
In serata,
durante la veglia, Benedetto XVI ha anche auspicato la crescita del
“senso di responsabilità dei partiti, che non devono promettere
cose che non possono realizzare”, che peraltro è esattamente quanto
fa lo stesso magistero ecclesiastico. I partiti, ha chiesto il papa,
“non cerchino solo voti per sé e siano responsabili per il bene di tutti.
La politica è responsabilità davanti a Dio e agli uomini”. Difficilmente,
tuttavia, “il bene di tutti” può essere raggiunto negando diritti a
molti, che magari nemmeno credono a Dio, come avviene quando l’azione
di governo fa propri i principi della dottrina romana. Non a caso, secondo
quanto riportano organi di stampa, il pontefice ha
anche auspicato che “la
fede animi la politica”. Ancora una volta, l’esatto contrario del concetto
di laicità che orwellianamente e ossessivamente cerca di riscrivere.
E’ del resto
dimostrato che la politica, quando è animata dalla fede, non si rivela
poi così “benefica” come lo stesso Ratzinger pretende. Roberto Formigoni,
il governatore più cattolico d’Italia e, nel contempo, il più inguiato
dalle inchieste giudiziarie, ha
raccontato che “il
papa ha avuto parole straordinarie per me”. L’allineamente delle leggi
alla dottrina cattolica passa anche attraverso il sostegno a politici
impresentabili. Ma il gioco vale la candela: in Lombardia non si muove
foglia che Cl non voglia.