Il licenziamento
di Ettore Gotti Tedeschi dalla presidenza dello Ior è stato inopinatamente
seguito dalle perquisizioni a casa sua nell’ambito dell’inchiesta
Finmeccanica. Oltretevere sono ora molto, molto preoccupati. La
scoperta dell’esistenza di un memoriale di Gotti Tedeschi, da aprire
“nel caso mi succeda qualcosa”, ha dato la stura a uno stillicidio di
rivelazioni. Sono stati chiamati in causa politici, mafiosi, faccendieri,
palazzinari, banchieri d’assalto, e spesso tutti questi personaggi
messi insieme. Soltanto il clan di Al Capone è uscito indenne dai sospetti,
e soltanto perché il boss è defunto da troppo tempo: visti i precedenti
dello Ior, ogni supposizione è in qualche modo giustificata.
Quanto accade
oltre il portone di bronzo, con il maggiordomo ancora incarcerato,
ricorda la trama di un’ennesima puntata di un’infinata telenovela
guatemalteca di basso livello. C’è tuttavia qualcosa che riguarda
da vicino i rapporti Stato-Chiesa, in questa vicenda: ieri sera, la
Santa Sede ha diramato una nota in cui, dopo aver
affermato di aver “appreso con sorpresa e preoccupazione le recenti
vicende in cui è stato coinvolto il Prof. Gotti Tedeschi”, ha sostenuto
di riporre “nell’autorità giudiziaria italiana la massima fiducia
che le prerogative sovrane riconosciute alla Santa Sede dall’ordinamento
internazionale siano adeguatamente vagliate e rispettate”.
Un altolà
in piena regola da parte di uno stato noto per aver respinto al mittente
le rogatorie internazionali inviate dall’Italia. Uno stato, va ricordato,
che grazie ai privilegi ottenuti con i Patti lateranensi può muoversi
in Italia con maggiori prerogative di un ente italiano e senza risponderne
davanti alla giustizia. Ricordiamo come sia agli atti, tanto per fare
due esempi eclatanti, che tramite lo Ior sono stati lavati sia i soldi
della mafia siciliana, sia le tangenti Enimont, lo scandalo “madre
di tutte le tangenti” che si chiuse con le condanne di politici quali
Forlani, Craxi, Martelli, Pomicino, Bossi, La Malfa.
Come ha
scritto Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera,
in Vaticano si teme che Gotti Tedeschi (cittadino italiano, indagato
per violazione delle norme antiriciclaggio)
parli: la nota sarebbe dunque “una sorta di invito a non svelare segreti”.
Sullo stesso quotidiano, il giurista Marco Ventura ammonisce che,
di questo passo, le autorità pontificie, che “già oggi intimano ai nostri
magistrati di non sfidare la loro sovranità nelle inchieste sulla finanza
vaticana”, “domani potrebbero alzare la tensione o procedere con
rogatorie e denunce in Italia contro i responsabili di Vatileaks,
o ancora chiederci di custodire il maggiordomo incriminato”.
C’è il concreto
rischio che il Vaticano voglia sfruttare per la prima volta fino in
fondo tutte le concessioni che lo Stato italiano gli ha accordato
per decenni, portandolo a compiere azioni che di sua iniziativa non
potrebbe porre in essere nei confronti di alcun cittadino italiano.
Una situazione delicatissima, che si può prevenire soltanto in un
modo: rigettando unilateralmente tutti gli accordi concordatari.