Il fatto che i cristiani dicessero, già nei vangeli, che nessuno può dirsi
dio se non Gesù Cristo, è stata, nei confronti del mondo romano, una forma di
ateismo. Ma come mai questa forma di ateismo si sviluppò, mentre quella ebraica,
che diceva le stesse cose e che costituì indubbiamente un passo avanti rispetto
alle civiltà egizia e mesopotamica, non ebbe questa fortuna?
In altre parole, per quale ragione diciamo che il cristianesimo è una forma
di ulteriore ateismo rispetto all'ebraismo? Il motivo sta nel fatto che nel
cristianesimo dio non resta invisibile ma si può conoscere e si può farlo
attraverso un uomo che pretende di dirsi suo figlio unigenito. Il dio dei
cristiani non è il "totalmente altro", ma è prossimo all'uomo, è talmente
umanizzato che ha accettato di mostrarsi in tutta la sua debolezza, ha persino
accettato, senza reagire, di lasciarsi crocifiggere.
Il cristianesimo è riuscito a tradire il Cristo, che di religioso non aveva
nulla, umanizzando i contenuti religiosi dell'ebraismo, che vedeva dio come
un'entità assolutamente "altra" rispetto all'essere umano.
Tuttavia, per gli ebrei, di allora e di oggi, il dio assoluto non doveva
soltanto restare inaccessibile, doveva anche garantire sulla terra un luogo ove
sperimentare il valore degli ideali religiosi. Per i cristiani invece - come
noto - questo luogo può essere solo ultraterreno. Dunque com'è stato possibile
superare l'ebraismo?
Ai Romani l'ebraismo faceva paura proprio per la pretesa che aveva di
unire la religione alla politica, ma dopo la distruzione di Gerusalemme
cominciò a far paura il cristianesimo, proprio per la pretesa che aveva di
tenere separata la religione dalla politica. Infatti quando un imperatore
chiedeva d'essere considerato una sorta di divinità e voleva avere una religione
che ci credesse, non poteva certo aver fiducia nel cristianesimo e tanto meno
nell'ebraismo.
Ma per quale motivo il cristianesimo faceva più paura? La ragione era una
sola: "cristiani" si poteva "diventare", "ebrei" si poteva solo "nascere".
L'ebraismo era una religione aristocratica e nazionalistica; il cristianesimo
invece era democratico e universalistico.
Eppure noi oggi diciamo che gli ebrei avevano tutte le ragioni di desiderare
un luogo in cui realizzare concretamente i loro ideali religiosi: non volevano
dare per scontato che in questo mondo non fosse possibile alcuna vera forma di
liberazione. Quindi sotto questo aspetto li consideriamo migliori dei cristiani,
che rimandano tutto all'aldilà.
Il cristianesimo può dunque essere interpretato come una forma di ateismo nei
confronti della teocrazia ebraica, per la quale non si può fare distinzione tra
politica e religione; nel contempo però esso rappresenta, sul piano politico,
un'involuzione rispetto all'ebraismo, proprio perché non crede possibile una
liberazione terrena. Il cristianesimo ha potuto trionfare ideologicamente
sull'ebraismo proprio nel momento in cui questo era uscito politicamente
sconfitto nello scontro con l'impero romano.
Tuttavia gli imperatori, distruggendo militarmente Gerusalemme, si portarono
per così dire il nemico in casa. Quando i Romani usavano la religione come
strumento della politica, temevano chi voleva fare della politica uno strumento
della religione, per questo vollero assolutamente far fuori l'ebraismo. Ma
appena l'ebbero fatto, cominciarono a temere chi non era disposto a considerare
la religione uno strumento della loro politica, e si trovarono a perseguitare,
inutilmente, i cristiani per tre secoli, finché alla fine si arresero, e quando
lo fecero, pensarono subito di usare il cristianesimo come prima facevano col
paganesimo, con la differenza che dovettero rinunciare alla loro divinizzazione,
al loro ruolo sacerdotale.
Il cristianesimo impose all'impero romano una separazione politicamente
formale di chiesa e stato, benché nella sostanza ideologica fossero entrambi
cristiani e intenzionati a reprimere chiunque non lo fosse.
Ma in origine come si poneva il cristianesimo nei confronti del paganesimo?
Essendo di origine ebraica, il cristianesimo aveva già superato il concetto di
politeismo. Al massimo possiamo dire che il cristianesimo sia una forma di
"triteismo", in quanto, nell'ambito della "sacra famiglia" (padre, figlio e
spirito) vi è unità di sostanza nella diversità delle persone.
Tuttavia il superamento non è affatto avvenuto nel passaggio dal politeismo
al triteismo. Già gli ebrei avevano capito che gli dèi pagani altro non erano
che l'immagine riflessa dei vizi e delle virtù degli uomini. Gli ebrei
preferivano un dio unico, invisibile, onnipotente, onnisciente, superiore al
destino, capace di misericordia e di perdono, assolutamente virtuoso, proprio
per impedire agli uomini di avere con questo dio un rapporto arbitrario, del
tutto soggettivo. Jahvé pretendeva il rispetto dei patti, della legge scritta,
altrimenti toglieva la sua protezione e lasciava il popolo in balìa dei suoi
nemici.
Per i pagani gli dèi non avevano pretese così elevate: bastava il sovrano
deificato ad averle nei confronti di se stesso. Le divinità pagane erano una
forma di consolazione dalle frustrazioni quotidiane causate da una società
schiavistica, erano un gioco intellettuale per chi scriveva commedie e tragedie,
erano un modo che ogni città o classe sociale aveva di distinguersi dagli altri,
erano una rappresentazione simbolica di forze naturali. I Romani non si
servivano delle loro divinità per muovere guerra contro i loro nemici, anche
perché, quando vincevano, rispettavano le divinità straniere, anzi spesso le
adottavano, aggiungendole alle proprie.
La religione, per i Romani, era come una sostanza oppiacea, assolutamente
innocua sul piano politico (semmai poteva dar fastidio a livello sociale, come
quando, con i baccanali, si univa religione a lussuria). Nessun credente pagano,
in nome del proprio dio, s'è mai opposto politicamente alle istituzioni
dell'impero. Nessun pagano ha mai messo in discussione la divinizzazione
dell'imperatore (al massimo l'obbligo di prestare sacrifici alla statua del
sovrano lo riteneva del tutto formale).
Il paganesimo è sicuramente una religione più intellettualistica e alienata
dell'animismo, del totemismo ecc., ma resta sempre una religione ingenua,
primitiva, in fondo non violenta e anzi molto tollerante di altri culti e
rispettosa dei cicli della natura.
Viceversa, il cristianesimo, proprio come l'ebraismo che l'ha preceduto e
l'islam che gli è succeduto, è una religione politicizzata, che vuole
imporsi nel nome del proprio dio, anche se non lo fa da sé, ma per mezzo di un
proprio braccio secolare.
Dove sta dunque il vero motivo di superamento del paganesimo da parte del
cristianesimo, quello che gli ha permesso d'essere considerato una religione non
acquiescente ma contestativa? Sta anzitutto nel fatto che il cristianesimo ha
inventato la separazione di chiesa e stato, che per un pagano sarebbe
stata impensabile (e che invece anche un ebreo avrebbe accettato, benché
soltanto al di fuori della propria nazione).
La suddetta separazione è una forma di protesta politica, è la sconfessione
della pretesa che i sovrani hanno di deificarsi, di rappresentare la divinità in
maniera istituzionale. Non a caso i cristiani venivano definiti "atei" dai
pagani.
I cristiani si sono "paganizzati" quando hanno tolto alla loro religione
qualunque connotato di protesta sociale (quando p.es. sotto Costantino e
Teodosio hanno smesso di parlare di uguaglianza sociale e di libertà di
coscienza), e si sono "ebraicizzati" quando, col papato medievale, hanno
sottomesso la politica alla religione.
Le due cose, in un certo senso, hanno marciato in parallelo, soprattutto in
Europa occidentale: quanto più la chiesa pretendeva di porsi come Stato, tanto
più la religione diventava una forma di evasione, perdeva il suo contenuto
eversivo, anzi veniva usata per avvalorare le pretese integralistiche della
teocrazia. Di qui lo sviluppo impetuoso dei movimenti ereticali, che volevano
far recuperare al cristianesimo il carattere contestativo che aveva avuto
all'inizio.
Quando, in epoca moderna, il cristianesimo s'è trasformato in socialismo, ha
compiuto due operazioni simultanee: ha fatto di ogni uomo il dio di se stesso
(umanesimo laico) e ha chiesto all'uomo di realizzare su questa terra la propria
liberazione (socialismo democratico, egualitario).
Quindi in un certo senso ha ripristinato il valore politico dell'ebraismo e
in un altro senso ha conservato l'universalismo del cristianesimo, togliendo
però ad entrambi qualunque connotato religioso.
Ora non gli resta che recuperare del paganesimo ciò che questo aveva
ereditato dalle religioni primitive: il rispetto della natura. Il
socialismo democratico in occidente s'è sviluppato in senso "scientifico", senza
mettere in discussione lo sviluppo tecnologico e industriale della borghesia.
S'è limitato a contestare l'appropriazione privata del profitto e l'assenza di
una socializzazione dei mezzi produttivi.
Oggi invece il socialismo deve riscoprire il valore della terra, del
rapporto naturale dell'uomo con le risorse del pianeta. Il socialismo
deve diventare ecologista, mettendo al primo posto l'importanza
dell'autoconsumo e del valore d'uso delle cose che produce.
http://www.homolaicus.com/teoria/ateismo/ateismo46.htm