Secondo la
corte, la donna può ottenere l’affido solo se non coinvolge il minore
nelle sue scelte religiose. In sostanza, viene ribadito il diritto
dei genitori di crescere i figli sulla base di principi confessionali,
ma ciò non deve turbarne la serenità e le abitudini, specie nel caso vi
siano dissidi sul tipo di educazione da dargli. In questo caso il bambino,
indottrinato dalla madre, avrebbe vissuto con “angoscia” l’eventualità
di “arrivare al Giudizio senza peccato per poter rinascere nel nuovo
Regno e di pensare il padre escluso da questa possibilità di salvezza”.
Il tribunale
ha respinto il ricorso della madre, cui dalla corte d’appello era stato
affidato il figlio a patto però che non lo coinvolgesse nel suo credo.
E obbligandola a darlo al padre, cattolico, per festività come Pasqua
e Natale e per il compleanno, un evento che i testimoni di Geova non
festeggiano.
Da un lato
la Cassazione respinge giustamente forme di indottrinamento marcate
sui bambini, poiché per un corretto sviluppo sostiene ad esempio che
non si debba presentare la “figura divina in termini solo persecutori
e punitivi” in quanto “fonte di ansia e angoscia anziché di rassicurazione”.
Ma dall’altra è proprio la Corte a privilegiare l’educazione cattolica
per i figli, sulla base di una giurisprudenza fin troppo orientata, ritenendola
non integralista e a prescindere migliore di altre forme, magari
laiche.
Un vero e
proprio favor religionis accordato al cattolicesimo in nome
della sua predominanza sociale. Che diventa, come già riscontrato per genitori atei e stando anche alle segnalazioni
che ci arrivano, di fatto discriminazione. E così non si fa altro che
creare, con un circolo vizioso sancito proprio dai tribunali, ulteriore
discriminazione e favorire apertamente il condizionamento di
stampo cattolico sui bambini.
http://www.uaar.it/news/2012/06/14/cassazione-si-affido-non-convertire-figli-se-gia-educati-come-cattolici/