L’ex maggiordomo indica laici e alti prelati
Giacomo GaleazziCittà del Vaticano
La magistratura ritiene che l’aiutante di camera del Pontefice abbia agito su ordine e indicazione di qualcuno, con l’aiuto di giornalisti amici e dipendenti della Santa Sede. E, come ribadisce il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, Paolo Gabriele non è un capro espiatorio. «Anche i tre porporati che indagano hanno ascoltato il maggiordomo trovato con le fotocopie della corrispondenza privata di Benedetto XVI», evidenzia l’agenzia cattolica Zenit. Per furto aggravato, Gabriele rischia otto anni di carcere, ma la sua posizione giudiziaria si è alleggerita da quando fornisce agli inquirenti circostanze e nomi.
Il Papa segue da vicino l’evoluzione delle indagini. All’inchiesta penale si affianca il calendario di audizioni e accertamenti svolti parallelamente all’indagine dei magistrati e della Gendarmeria. Essendo al più alto livello, la commissione cardinalizia è l’unica autorizzata a indagare sui porporati. Sono stati sentiti prelati e laici. Altri sono in programma.
Sabato il Pontefice ha voluto dare il suo personale «imprimatur» al prosieguo degli accertamenti. Intanto per il maggiordomo lo stato di custodia cautelare continua: il giudice istruttore Piero Antonio Bonnet si è riservato la decisione sull’istanza di scarcerazione presentata per il loro assistito dagli avvocati difensori Carlo Fusco e Cristiana Arrù.
Ora per lui riprendono gli interrogatori formali, «anche alla luce degli approfondimenti delle indagini e allo studio dei documenti effettuati in questi giorni», puntualizza padre Lombardi. E anche il fatto che i tre cardinali siano tutti «emeriti», liberi da incarichi pastorali o di Curia, e per di più ultra-ottantenni, quindi slegati da un futuro Conclave, indica come possano operare con le mani libere e col più ampio mandato. Sentendo quindi anche capi di uffici vaticani, compresi loro pari grado, senza problemi gerarchici. E infine riferendo direttamente al Papa, senza mediazioni di sorta.
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