martedì 3 aprile 2012

Se Obama vuole un papa donna


Accadono cose al di là dell’Atlantico che sono la clamorosa smentita di un mito duro a morire. Il mito è che l’Italia sia il paese al mondo nel quale il Vaticano e la Chiesa hanno i poteri più forti e invasivi, fanno politica e la piegano ai propri fini, fanno quello che altrove, nelle democrazie laiche perbene, le Chiese non fanno.

Ma se appena si guarda come stanno agendo i vescovi degli Stati Uniti faccia a faccia con l’amministrazione di Barack Obama, al confronto i vescovi italiani sembrano timide educande.


A Obama, i vescovi degli Stati Uniti rinfacciano in pubblico nientemeno che di violare il primo dei dieci emendamenti della costituzione americana, quello della libertà religiosa. Non era mai accaduto in passato che un presidente fosse colpito da un’accusa di tale portata, che tocca i fondamenti stessi della nazione. Perché gli Stati Uniti sono nati proprio in nome della difesa integrale della libertà religiosa da ogni potere mondano, a cominciare dallo Stato. Quella libertà che l’Europa negava, i Padri pellegrini la cercarono e trovarono nel nuovo mondo. Questo sono gli Stati Uniti da sempre: una nazione nella quale le religioni hanno uno spazio pubblico naturale e inviolabile, e guai a chi lo invade o limita.

La scintilla che ha acceso il conflitto sono le norme emesse in gennaio dal ministero della sanità che obbligano tutte le istituzioni, incluse le cattoliche, a coperture assicurative per i propri dipendenti comprensive anche di sterilizzazione, contraccezione e pillole abortive, cioè di pratiche inaccettabili da molti, non solo cattolici. Colpita da una prima bordata di proteste, l’amministrazione Obama ha introdotto in febbraio alcune parziali esenzioni alle norme. Ma le proteste, invece che calare, sono cresciute d’intensità. Concentrandosi sul “vulnus” inferto con quelle norme impositive al bene supremo di ogni cittadino, la libertà di coscienza.

“Non è la Chiesa che vuole forzare qualcuno a fare qualcosa; è invece il governo federale che vuole forzare la Chiesa – fedeli e istituzioni – ad agire contro gli insegnamenti della Chiesa stessa”. Così il comitato amministrativo della conferenza episcopale degli Stati Uniti – ciò che in Italia è il consiglio permanente della Cei – si è espresso in una dichiarazione del 14 marzo. Una dichiarazione che colpisce anche per lo stile con cui è scritta. Diretto e lapidario. Lontanissimo dal linguaggio involuto di quasi tutti i documenti ecclesiastici. Uno stile che è anche l’uomo, il presidente dei vescovi americani, l’arcivescovo di New York e neocardinale Timothy Dolan, leader emergente di una squadra di vescovi altrettanto “affermativi”, frutto di una serie mirata di nomine fatte da Benedetto XVI negli Stati Uniti in questi anni recenti.

Al fianco della Chiesa cattolica sono scesi in campo altre Chiese e comunità religiose, gruppi e istituti, singoli cittadini di ogni fede o agnostici. Perché la battaglia è per la libertà di tutti: “non è repubblicana né democratica, non è conservatrice né liberal; è semplicemente americana”, dice ancora il manifesto dei vescovi. La Casa Bianca è corsa ai ripari diffondendo il 16 marzo un testo di lavoro di 32 pagine, tempo 90 giorni, per riscrivere le norme contestate.

Nel frattempo, come non bastasse, l’amministrazione Obama ha riportato un impressionante rovescio in un’altra sua iniziativa anch’essa sul terreno minato della libertà religiosa. Il caso riguardava una scuola evangelica luterana, la Hosanna Tabor. Il ministero della giustizia ha sostenuto dinanzi alla Corte suprema che i gruppi religiosi, e quindi anche quella scuola, devono essere soggetti a denunce per discriminazione quando nominano i loro leader e dipendenti obbedendo a regole religiose interne che escludono, ad esempio, chi non condivide la dottrina del gruppo stesso. La Corte ha bocciato tale tesi con verdetto unanime, nove a zero. Avesse detto sì, sarebbe presto entrata nel mirino antidiscriminazione l’elezione del papa, che non può essere né miscredente né donna.

(Da “L’Espresso” n. 14 in data 5 aprile 2012, p. 15 - Sandro Magister)

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/04/03/se-obama-vuole-un-papa-donna/