La Terra non è al centro dell’Universo. Già, ma questa non è una notizia, potrebbe sostenere qualche lettore, considerato che il fatto è noto da tempo. In realtà non è così. Che la posizione del nostro pianeta non sia poi così speciale lo sappiamo infatti da molto poco e solo grazie allo studio di Robert Caldwell, professore di fisica e di astronomia al Dartmouth College di Hanover (New Hampshire, Stati Uniti), e della sua allieva Nina Maksimova. La ricerca, che confuta in maniera diretta e apparentemente definitiva il modello geocentrico, è stata pubblicata a novembre sulla rivista “Physical Review D”. Per dimostrare l’invalidità del modello, Caldwell e la Maksimova hanno impiegato i dati del vecchio satellite COBE (Cosmic Background Explorer) dell’Agenzia spaziale statunitense (NASA): l’analisi dello spettro della radiazione termica residuo del Big Bang, la cosiddetta radiazione cosmica di fondo, prova che questo è inconsistente con il modello che pone il nostro pianeta in posizione centrale nell’Universo.
 
La domanda che sorge spontanea è: ma avevamo davvero bisogno di ulteriori prove? Non sappiamo già da una miriade di osservazioni che la Terra è il terzo di un corteo di pianeti che orbita attorno al Sole, una stella di medie dimensioni, posta alla periferia di una galassia simile ad altri miliardi di galassie, anch’essa alla periferia di un ammasso di galassie come tanti? La risposta è sì. E vediamo perché.
 
Da ormai 15 anni – era il 1998 – sappiamo che l’espansione dell’Universo procede in maniera accelerata, almeno negli ultimi 5 miliardi di anni. Per spiegare questo fenomeno, scoperto grazie all’osservazione di un particolare tipo di supernovae esplose in galassie poste a distanze cosmologiche, gli astrofisici hanno invocato l’esistenza dell’“energia oscura”, che pervaderebbe l’Universo e sarebbe dunque responsabile del tasso di accelerazione osservato nell’espansione grazie alla sua “spinta anti-gravitazionale”. Secondo il modello cosmologico più accreditato e le osservazioni più recenti, condotte dal satellite Planck dell’Agenzia spaziale europea (ESA), quasi il 70 per cento della massa-energia contenuta nell’Universo sarebbe costituito appunto da energia oscura, oltre il 25 per cento sarebbe “materia oscura”, mentre alla materia ordinaria sarebbe riservato un misero 5 per cento.
 
Purtroppo i fisici ancora non sanno che cosa sia questa energia oscura (né, per la verità, da quali particelle esotiche possa essere composta la materia oscura). Forse infastiditi da questa “ignoranza”, alcuni si sono messi a cercare soluzioni alternative all’accelerazione osservata, che escludessero l’energia oscura. Trovandone appunto una, in grado di spiegare l’espansione accelerata dell’Universo supponendo che la nostra Galassia occupi un punto di osservazione particolarissimo: una bolla con un diametro di oltre 8 miliardi di anni luce relativamente vuota rispetto al resto dell’Universo. In questo caso, osserveremmo lo stesso tasso di accelerazione, ma questa misura sarebbe legata solo alla nostra posizione speciale nella bolla vuota. Peccato però che questa ipotesi – proposta in particolare nel 2008 da un gruppo di astrofisici dell’Università di Oxford, guidati da Timothy Clifton – non abbia retto alla prova della radiazione cosmica di fondo.
 
Ma attenzione. Perché se è vero che la ricerca di Caldwell e Maksimova prova la falsità del modello geocentrico e riafferma la validità del “principio copernicano”, non è tuttavia capace di escludere l’esistenza di un centro dell’Universo. Per farlo, dovremmo spostarci su altri pianeti distanti anche miliardi di anni luce e analizzare da là lo spettro del fondo cosmico a microonde. Ma purtroppo questo non è possibile. Per dire che, a volte, il processo di falsificazione di teorie anche improbabili (come, per esempio, le varie teorie del complotto) è irto di ostacoli. E non sempre è percorribile, come vedremo in una prossima occasione.