ROMA – Nel 2016 in Italia non si potrà più abortite. Cinque anni e i medici non obiettori non ci saranno più. Oggi sono 150 in tutta Italia, spesso emarginati dagli altri colleghi, e quando andranno in pensione non ci saranno sufficienti nuove leve. Una fotografia drammatica che vede sempre meno applicata la legge 194, quella che regolamenta l’aborto in Italia, varata nel 1978 e confermata nel 1981 con apposito referendum.
Sempre più difficile l’aborto entro il terzo mese, quasi impossibile quello terapeutico, che si effettua fino alla ventesima settimana in caso di malformazione del feto. Questi ultimi sono gli interventi più complessi e dolorosi. E se per le prime interruzioni di gravidanza gli ospedali possono ricorrere a personale esterno, per gli aborti terapeutici non è possibile, servono medici “strutturati”. Ecco perché questi interventi sono (e saranno) sempre più difficili.
L’obiezione di coscienza è aumentata a dismisura negli ultimi anni. I ginecologi obiettori nel 2005 erano il 59,7%, nel 2009 erano ben il 70,7. Gli anestesisti, negli stessi anni, sono passati dal 45,7 al 51,7%. I paramedici dal 38,6 al 44,9%. Allo stesso tempo il tasso di abortività, dal 1980 a oggi, si è pressoché dimezzato, passando dal 15,3 di 30 anni fa al 8,2 del 2010.
Il fatto è che i medici non obiettori sono spesso emarginati, vessati, costretti a turni massacranti e a fare solo aborti. Una dottoressa di un ospedale pubblico delle Marche ha raccontato a Repubblica: “Otto anni senza ferie, senza potermi occupare né di parti né di altri interventi, solo e soltanto aborti. Nel gelo e nel disprezzo degli altri colleghi, come fossi una ladra. Ho avuto un esaurimento, ho detto basta. Adesso il servizio di interruzione della gravidanza è chiuso”. E le nuove leve, per paura di un trattamento simile, dichiarano subito l’obiezione per non avere intoppi di carriera e non finire “al confino”.