In quest’ ultimo weekend, a Imola (BO), si è tenuta la prima assemblea nazionale dei testimoni di Geova di lingua amarica e tigrina, idiomi parlati nelle due aree dell’ Africa orientale.
Giuseppe Lupo – 3 ottobre 2011 – Dodici i nuovi adepti battezzati. «Come appropriato simbolo della pubblica dichiarazione di appartenenza al popolo dei testimoni di Geova», spiega uno dei ministri di culto incaricati. Inizia per questi neoassociati un programma emozionale fatto di illusioni, con l’ obiettivo d’ instillare nella mente paura e sensi di colpa.
Giuseppe Lupo – 3 ottobre 2011 – Dodici i nuovi adepti battezzati. «Come appropriato simbolo della pubblica dichiarazione di appartenenza al popolo dei testimoni di Geova», spiega uno dei ministri di culto incaricati. Inizia per questi neoassociati un programma emozionale fatto di illusioni, con l’ obiettivo d’ instillare nella mente paura e sensi di colpa.
«Da alcuni anni – racconta un partecipante – diversi gruppi di testimoni di Geova italiani delle regioni in cui è più forte la presenza di immigrati dell’ Etiopia e dell’ Eritrea hanno intrapreso lo studio delle lingue amarica e tigrina. Lo scopo è quello di condividere con questa gioiosa comunità la ricchezza degli insegnamenti biblici, rivolti a persone di ogni razza, cultura ed estrazione sociale. Questa unità fra le razze non è, infatti, semplice tolleranza superficiale, ma ha profonde radici nei sentimenti dei Testimoni. In un periodo in cui la presenza e l’inserimento nella società di cittadini extracomunitari nel nostro Paese è un argomento controverso e di scottante attualità, questo congresso offre un esempio di come l’applicazione dei principi biblici permetta di superare ogni barriera linguistica, razziale e sociale».
Significativo il commento di Carlo T.: «questa assemblea ha aggiunto un mattone in più alla mia fede e alla mia fiducia nella religione dei Testimoni di Geova, visto che le Sacre Scritture dicono: “Poiché non continuate a correre con loro in questo corso allo stesso basso livello di dissolutezza, sono perplessi e parlano ingiuriosamente di voi. Ma questi renderanno conto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti.”.
Innanzi tutto, l’uso dell’ironia nel trattare il pensiero della Watch Tower non ha lo scopo di offendere i sentimenti dei testimoni di Geova. Si prefigge solo di mettere meglio in risalto le assurdità di un manipolo di uomini, non si sa quanto in buona fede, indifferenti delle conseguenze continuano con il loro insegnamento a tenere dietro le sbarre, fatto di miraggi e assurdità di ogni specie, oltre sette milioni di persone.
Una delle più grandi menzogne del credo geovista è che si debba avere paura di Dio, lo testimoniano miliardi di pubblicazioni che annunciano la fine imminente di questo mondo con i soliti slogan pubblicitari, tipo questo del 1952: “Sta per abbattersi il battesimo di fuoco”, questo doveva avvenire sulla generazione vivente nel 1952! Dopo 60 anni il ‘battesimo’ è ancora latitante!
Tutti i testimoni di Geova sono informati che questo mondo non ha scampo, chi non appartiene alla comunità geovista, paragonata ad una moderna arca di Noè, è destinato ad essere distrutto, nessuno sarà risparmiato, neppure gli innocenti bambini, i disabili fisici e mentali e tanti altri che non sanno distinguere il bene dal male. Il geovista Gesù Cristo con le sue saette piomberà sulle sue vittime allo scopo di annientarle cinicamente, indifferente alle sofferenze già patite durante la vita dell’umanità. Hitler ride! Con queste prospettive, per noi che non siamo testimoni di Geova, non è certo questo il momento di rallegrarsi e far festa visto ciò che ci pone dinanzi il giudice del mondo, il corpo direttivo della Watch Tower Society.
Il potere di un’organizzazione umana come quella geovista è tanto più forte, quanto maggiore è la quantità di intelligenza che riesce a distruggere e dominare.
Un’altra esca per catturare gli ingenui è quella di usare la dottrina metodica che possa far leva sui sensi di colpa. Una chiave di volta con cui si tengono schiave le persone, perché in questo caso il senso di colpa è una paura interiorizzata, spesso inconscia, di un giudizio negativo, e che tale giudizio negativo comporterà una punizione, un rifiuto, una minaccia, la condanna all’abbandono. Quelli che riescono ad uscire fuori dal gruppo dei tdG si rendono conto in seguito che la colpa reale è quella colpa che l’individuo commette nel non realizzare il proprio progetto di vita, la finalità per la quale l’universo gli ha fatto dono della vita. In realtà, il senso di colpa viene trasmesso dall’insegnamento del corpo direttivo dei tdG come un marchio che rimane addosso alla persona che viene controllata in ogni passo.
Intanto, nelle numerose assemblee, Il corpo direttivo, esperto in caricature, disegna il proprio Dio con il volto dai tratti freddi e cinici, indifferente, un Dio che per amore di una data, ha preparato il suo arsenale di guerra ed è ora in procinto di scagliarsi senza misericordia per schiacciare questo verme dell’umanità già piagata dei suoi mali secolari e dolori che la affliggono.