Storia della vita breve e intensa di un cadavere
La morte fa parte del ciclo naturale della vita.
Quando arriva, ha inizio un complesso processo con cui il corpo umano ritorna gradualmente alla polvere. Nel linguaggio delle scienze forensi, la decomposizione trasforma le nostre strutture biologiche in semplici elementi costitutivi organici e inorganici che piante e animali possono sfruttare.
La velocità e la completezza con cui si degrada un corpo sono influenzate da quattro fattori, il più importante dei quali è la temperatura: la velocità delle reazioni chimiche in un cadavere raddoppia ogni volta che la temperatura aumenta di 10 gradi. Umidità e acqua dell'ambiente attenuano queste reazioni, rallentandone gli effetti. Estrema alcalinità o acidità accelerano la degradazione delle molecole biologiche da parte degli enzimi, sebbene anche in questo caso un'abbondanza di acqua attenui gli effetti. Ogni cosa, infine, che blocchi l'esposizione all'ossigeno, come il trovarsi sottoterra, sott'acqua o a grande altitudine, rallenta la decomposizione. A seconda della combinazione di questi quattro fattori, un corpo diventa scheletro in appena due settimane o anche più di due anni.
Gli scienziati forensi usano le conoscenze di biologia e chimica della decomposizione, e delle variabili che ne influenzano la velocità, per stimare il momento della morte di una persona e scoprire sepolture clandestine. Medici ed eticisti possono dissentire sulla definizione del momento della morte, ma gli stadi attraversati da un corpo in decomposizione sono noti in modo dettagliato e sono descritti nelle pagine che seguono. I tempi indicativi sono approssimativi, e si riferiscono a un corpo all'aria aperta. La sepoltura, in terra o in una bara, può estendere significativamente i vari intervalli.
Stadio 1: cadavere fresco, giorni 1-6
Nel primo stadio i tessuti molli cominciano a decomporsi, in una catena di eventi che inizia con l'autolisi, o autodigestione. Al cessare della respirazione e della circolazione, le cellule restano prive dell'abituale rifornimento di ossigeno. Possono sopravvivere, per un arco di tempo che va da qualche minuto a qualche giorno, ma non possono più scaricare i prodotti di scarto nel flusso sanguigno. L'anidride carbonica, uno dei prodotti di scarto del metabolismo, è acida, perciò il suo accumulo fa aumentare l'acidità all'interno della cellula, provocando la rottura delle membrane cellulari. Le singole membrane che circondano organelli chiamati lisosomi tendono a dissolversi per prime, e i loro sacculi contengono enzimi digestivi che normalmente la cellula usa per degradare macromolecole organiche come le proteine. Una volta usciti dai lisosomi, questi enzimi cominciano a digerire le cellule dall'interno, producendo vescicole all'interno e sulla superficie dei tessuti e degli organi interni, e sulla pelle. Il fluido delle vescicole, costituito da resti delle cellule digerite, è ricco di sostante nutritive.
Quando le vescicole si rompono, questi fluidi danno alla superficie del cadavere una lucentezza umida. Le cellule profonde dalla cute iniziano a staccarsi, con il risultato che la pelle scivola via, uno dei primi rivoltanti segni visivi che segnalano la decomposizione.
Nel giro di qualche ora dopo la morte iniziano anche altri fenomeni. I muscoli si irrigidiscono (rigor mortis), a cominciare dalle palpebre, mascella e collo, quando le cellule smettono di pompare via gli ioni di calcio; è proprio questo pompaggio a mantenere la flessibilità dei muscoli. Per un po' le cellule muscolari continuano a convertire le sostanze nutritive in energia, ma in assenza di ossigeno il processo produce acido lattico, che provoca la contrazione dei muscoli. All'irrigidimento contribuisce anche la gelificazione del contenuto cellulare, dovuto all'aumento dell'acidità. Il rigor mortis arriva al suo apice in 24 ore, ma poi subentra il rilassamento via via che le cellule soccombono all'autolisi.
Il corpo inoltre comincia a raffreddarsi (algor mortis) fino alla temperatura ambiente, generalmente a circa 0,8 gradi l'ora. Ovviamente l'algor mortis può essere influenzato dalle dimensioni e dal punto in cui si trova il corpo, dagli abiti e dalle condizioni climatiche.
Entro un'ora o due dalla morte l'azione della gravità fa depositare i globuli rossi e le cellule bianche del sangue (livor mortis), conferendo gradualmente alla pelle un colorito purpureo o bluastro, salvo che nelle zone che subiscono una compressione, come la pelle a contatto con il terreno. La coagulazione massima avviene fra 6 e 12 ore. La marmorizzazione avviene dopo diversi giorni, quando il sangue e le proteine cominciano a decomporsi liberando composti solforati che contribuiscono allo sgradevole odore del cadavere.
Stadio 2: rigonfiamento, giorni 7-23
Dopo una settimana circa, il rilascio di fluidi ricchi di sostanze nutritive inizia ad alimentare un esercito di microbi che producono l'ulteriore liquefazione dei tessuti molli del corpo. Batteri, funghi e protozoi, provenienti sia dal cadavere sia dall'ambiente, attaccano i tessuti, producendo numerosi gas, fra cui anidride carbonica, metano, idrogeno solforato, ammoniaca e una varietà di cosiddetti composti organici volatili come il benzene. Il rigonfiamento, o distensione, più evidente avviene nel tratto intestinale, dove si trova la massima concentrazione di microrganismi del corpo umano. I gas intrappolati possono uscire dal retto, o addirittura lacerare la parete intestinale.
Stadio 3: putrefazione attiva, giorni 24-50
In questo stadio, insetti (larve e coleotteri, principalmente) e a volte alcuni carnivori ai microrganismi per rimuovere le restanti tracce di tessuto. Gran parte dei muscoli e dei grassi del corpo è ormai ridotta a un mefitico liquido colloso. Se il tessuto era esposto all'aria (condizioni aerobiche) avrà un pH molto basico, superiore a 9,0 (7,0 corrisponde a pH neutro). Se il cadavere è stato sepolto, in modo che prevalgano condizioni anaerobiche (assenza di ossigeno), il pH sarà invece acido (inferiore a 7,0). La decomposizione è tanto più rapida quanto più estremo è il pH.
Se le condizioni sono basiche e anche tiepide e umide, i lipidi (in primo luogo i trigliceridi) subiranno la «saponificazione», una reazione che produce adipocera, nota anche come cera dei cimiteri. (La stessa reazione è alla base della fabbricazione del sapone in commercio, prodotto da grasso animale.) Il colore dall'adipocera può andare dal biancastro al giallo scuro, con qualche pezzo brunastro. Anche la sua consistenza è variabile: può andare da dura e friabile, se la decomposizione è avvenuta rapidamente, a molle e pastosa, se è stata più lenta. Se l'adipocera ricopre parte del tessuto in decomposizione si crea un ambiente anaerobico e protetto dall'ambiente circostante, che rallenta il processo e potenzialmente ritarda anche di anni la liquefazione di quella area.
Stadio 4: secco, giorni 51-64
Nello stadio secco, le ultime tracce di tessuto sono state ormai rimosse. Resta lo scheletro. Cattivi odori e aspetto sfigurato sono in larga parte spariti. Le ossa subiscono un processo di decomposizione specifico, chiamato diagenesi, che può durare da qualche anno a decine di anni. L'osso ha due componenti: una proteica (collagene) e una minerale, l'idrossiapatite. Le proteine si degradano per prime, rendendo suscettibile il rimanente materiale scheletrico a processi di fessurazione e di sfaldamento. Eliminate le proteine, il materiale scheletrico verrà ridotto in polvere da cicli di congelamento e disgelo, umidità e carnivori ed erosione. Ma se le ossa si trovano in terreno secco e composto da certi minerali, questi minerali possono riempire le fratture e vuoti, legandosi all'idrossiapatite e permettendo a quel che resta del corpo di fossilizzarsi e di resistere all'usura del tempo.