Dimostrare che il cristianesimo non è una religione rivelata ma semplicemente inventata; che Gesù non era il Figlio di Dio immolatosi sulla croce per redimere l'intera umanità, come ci è stato tramandato dai Vangeli canonici manipolati da Paolo di Tarso e dai suoi seguaci, ma semplicemente un Messia javista, fatto crocifiggere dai romani per insurrezione armata contro Roma, è quanto mi prefiggo di fare in questo blog in circa 250 brevi puntate, senza la pretesa di essere esaustivo ma cercando di coniugare chiarezza a sinteticità. Farò ampio riferimento al mio libro L'invenzione del cristianesimo, Editrice Clinamen, Firenze, 2006 (3^ edizione).
Prima di affrontare la vita di Gesù, quale ci viene descritta dai Vangeli, bisogna risolvere il quesito fondamentale che riguarda la sua vera esistenza.
In parole semplici: una persona chiamata Gesù è realmente esistita o è soltanto una figura mitologica? E, se è esistita, quanto ha avuto a che fare col cristianesimo? Infine, i testi canonici che costituiscono il Nuovo Testamento, e che unici ci raccontano la vita di Cristo, hanno una qualche valenza storica o rientrino in quella che fu definita una pia fraus (una pia frode),
Per un credente queste domande sono semplicemente assurde, ma per uno studioso rivestono, invece, un'importanza fondamentale. La massa dei credenti, spesso indottrinata in modo catechistico e devozionale, non è a conoscenza del fatto che esistono parecchi studi che tendono a dimostrare, in maniera logica ed intelligente, che Cristo è soltanto una figura mitologica, quindi una pura invenzione, priva di un qualsiasi riscontro storico.Prima di iniziare a raccontare la Vita di Gesù, come ci viene tramandata dai Vangeli. invito il lettore a risolvere un indovinello, a dir poco sconcertante. Consiste in questo: dopo aver letto le caratteristiche, qui sotto riportate, cerchi di dare un nome al personaggio descritto.
. ....... è stato generato da una vergine, il 25 dicembre, in una stalla.
La sua nascita fu annunciata in oriente da una stella e fu adorato da tre importanti personaggi.
Da ragazzo insegnò nel Tempio e fu battezzato all'età di 30 anni.
Ebbe 12 discepoli.
Compì miracoli e risuscitò un uomo chiamato El-Azar-us.
Camminò sulle acque.
Si trasfigurò sulla cima di un monte.
Fu crocifisso, chiuso in una tomba e resuscitato dopo tre giorni.
Fu chiamato la via, la verità, la luce, il figlio di dio, il figlio dell'uomo, il pastore di dio, l'agnello di dio, il verbo.
La sua figura fu associata a quella dell'agnello e del pesce.
Il suo sopranome era Iusa, il prediletto figlio del Padre.
Fu chiamato il KRST ovvero l'unto, il messia.
Chi pensate che possa essere? Ma Gesù, naturalmente. Mettete il suo nome al posto dei puntini iniziali e tutto combacia alla perfezione. Invece NO! Si tratta della descrizione del dio egiziano Horus che precedette Gesù di qualche millennio. E credete che sia l'unico caso in cui Gesù viene così prefigurato molti secoli prima della sua venuta? Vi sbagliate di grosso.
Ecco un altro Gesù, preso a caso fra i tanti che lo hanno preceduto. Si tratta di Krishna, una delle più popolari divinità dell'antica India.
È stato partorito da una vergine.
Suo padre era un falegname.
La sua nascita fu assistita da angeli, uomini saggi e pastori e gli furono donati oro, incenso e mirra
Egli fu perseguitato da un tiranno che ordinò l'uccisione di migliaia di bambini.
Era di discendenza regale.
È stato battezzato sulle rive del fiume Gange.
Egli operò miracoli e prodigi.
Risuscitò i morti, guarì i lebbrosi, i muti ed i ciechi.
Usava parabole per insegnare alla gente carità ed amore.
Visse da povero ed amò i poveri.
Si trasfigurò di fronte ai suoi discepoli.
Fu crocifisso tra due ladroni. Risuscitò dalla morte ed ascese in cielo.
Era nominato il pastore di dio e il re dei re e fu considerato come il redentore, primogenito, remissore di peccati, liberatore, verbo universale.
Egli era la seconda persona della trinità.
Egli fu considerato come l'inizio e la fine (alfa ed omega) ed anche l'onnisciente, l'onnipresente e l'onnipotente.
Vi basta o devo descrivere le altre decine di divinità, come Mitra, Attis, Marduk, Eracle e così via, nate da una vergine, crocifisse, resuscitate e ascese al cielo, vissute alcuni secoli prima di Gesù, tratte da The World's Sixteen Crucified Saviors di Graves di Kersey Graves?
Ho evidenziato che la figura di Gesù è stata ritagliata da miti che erano molto diffusi in tutto il mondo antico. Come è potuto avvenire un fatto del genere? Una spiegazione plausibile potremmo darla tenendo presente che al tempo di Gesù esisteva una grande biblioteca ad Alessandria d'Egitto, dotata di circa un milione di manoscritti provenienti dall'Occidente e dall'Oriente, molti dei quali parlavano diffusamente dei principali miti che allora interessavano l'umanità e che erano molto conosciuti anche in Palestina.
Quindi è facile supporre che l'archetipo che diede origine alla figura di Gesù, fosse conosciuto da molti, anche a livello popolare. Tanto per fare un esempio, il culto del dio Mitra, che molti studiosi considerano la principale fonte del cristianesimo, calcava perfettamente questo archetipo e in più disponeva di sacre scritture come i nostri Vangeli e di sacramenti (battesimo ed eucaristia) riconosciuti dagli stessi primi Padri della Chiesa come identici a quelli cristiani. Solo che erano antecedenti al cristianesimo di qualche secolo.
A suffragare maggiormente la teoria che afferma l'origine mitologica della figura di Gesù si possono elencare altri due fatti importanti.
Primo: che dei circa quaranta storici contemporanei a Gesù, nessuno lo menzionò nelle sue opere, nonostante lo scalpore che, secondo i Vangeli, egli suscitò in Galilea e a Gerusalemme. Il silenzio tombale su di lui riguarda anche i tre massimi storici ebrei che narrano, fin nei minimi dettagli, gli avvenimenti della Palestina da Erode il Grande alla caduta di Gerusalemme. Mi riferisco a Filone Alessandrino, che denunciò la crudeltà di Pilato, a Giusto di Teberiade, che visse a lungo a Cafarnao in contemporanea di Gesù, e, infine, a Giuseppe Flavio che scrisse opere poderose sulle vicende giudaiche.
Qualcuno potrebbe obiettare che nei suoi scritti Giuseppe Flavio accenna a Gesù e a suo fratello Giacomo. Tutti gli storici, compresi quelli cattolici, oggi ammettono senza ombra di dubbio che questi accenni sono dei falsi inseriti da Eusebio di Cesarea, il ciambellano di Costantino, considerato il più grande falsario degli antichi Padri della Chiesa. Concludendo: nessun storico ha mai nominato Gesù. Fatto incredibile se consideriamo le sue imprese ampiamente descritte nei Vangeli.
Secondo: i ventisette testi che costituiscono il Nuovo Testamento, e che quindi sono la fonte di tutto quello che sappiamo di Gesù, sono assolutamente inattendibili, cioè privi di ogni valenza storica. Essi sono tutti scritti da autori che mai hanno conosciuto Gesù, che riportano su di lui dei sentito dire, che addirittura non erano ebrei ma pagani convertiti. Infatti sono pieni di contraddizioni, incongruenze, falsità e manomissioni di ogni genere. Dall'occupazione romana, avvenuta nel 62 a.C. quando Pompeo conquistò la Palestina e la annise all'Impero quale Protettorato, fino alla caduta definitiva di Gerusalemme nel 125 d.C. per opera di Adriano, Israele fu ripetutamente scosso da continue e spesso sanguinosissime rivolte politiche provocate da ribelli fanatici che si proclamavano dei Messia inviati da Jahvè a liberare la loro terra dal giogo romano.
La rivolta più sanguinosa avvenne nel 7 d.C. al tempo del censimento ordinato dal governatore della Siria Publio Sulpicio Quirinio quando Giuda, detto il Gallileo, seguito da una moltitudine di ribelli, devastò l'alta Palestina seminando terrore e morte. Sconfitto dai romani fu crocifisso assieme a due mila dei suoi seguaci. Nonostante le sempre pronte e spietate repressioni romane, le sommosse degli zeloti (così erano allora chiamati i ribelli) si susseguirono in Israele a ritmo continuo perché il fanatismo era così diffuso che quando qualcuno si proclamava Messia trovava sempre dei fanatici che lo seguivano ciecamente.
Leggendo i Vangeli noi scopriamo che Gesù viene più volte proclamato Messia e legittimo re d'Israele (sei in Marco, cinque in Matteo, due in Luca e otto in Giovanni) e che fu condannato alla crocifissione, pena riservata ai ribelli politici. Da ciò possiamo dedurre, senza ombra di dubbio, che egli è stato storicamente uno dei tanti Messia falliti del suo tempo il quale, per una serie di circostanze fortuite, che esaminerò nei prossimi capitoli, subì, nei primi quattro secoli della nostra èra, tre incredibili metamorfosi che lo trasformarono da ribelle zelota crocifisso dai romani, quale fu nella realtà, al ruolo di Messia martirizzato, attribuitogli dai suoi seguaci dopo la sua presunta resurrezione, e, infine, all'ultima e definitiva trasformazione nel Cristo Figlio di Dio, incarnatosi come uomo e poi immolatosi sulla croce per la salvezza universale, secondo la personale invenzione teologica di Paolo di Tarso (il San Paolo della Chiesa).
Ecco quindi che la figura mitologica di Gesù si formò adattando un fallito Messia crocifisso all'archetipo di un dio soterico già conosciuto in tutto il mondo antico. Il termine aramaico Messia, che in origine indicava solo il re d'Israele, nei testi neotestamentari scritti in greco diventò Christòs e diede origine al nome cristanesimo.Le fonti sulle quali poggia il cristianesimo comprendono 27 documenti, i più importanti dei quali sono: le tredici Lettere di Paolo (risalenti ad un trentennio dopo la morte di Cristo e quindi i documenti più antichi), gli Atti degli Apostoli (scritti verso la fine del primo secolo da una discepolo di Paolo di nome Luca) e, infine, i quattro Vangeli canonici attribuiti a Marco, Matteo, Luca e Giovanni, senz'altro più tardivi. Li esaminerò a fondo alla fine dell'opera.
Per ora anticipo che nessuno di essi ci è pervenuto in originale. Tutti, proprio tutti, nessuno escluso, sono copie riscritte degli amanuensi ecclesiastici, datate nei casi più antichi, al IV secolo d.C., quando la Chiesa si era radicata trionfante in tutte le contrade dell'impero romano, e si trovano attualmente negli archivi del Vaticano, nelle biblioteche di antichi monasteri e in alcuni grandi musei. Si tratta quindi di trascrizioni di trascrizioni di trascrizioni che non godono di nessuna attendibilità, perché sono stati sottoposti, attraversi i secoli, al continuo vaglio della Chiesa per essere adattati alle sue esigenze catechistiche e teologiche, e sono giunti a noi dopo aver subito manipolazioni, censure, manomissioni, omissioni, interpolazioni e aggiunte.
Questi testi neotestamentari, alla fine del IV secolo, coi Sinodi di Roma e di Cartagine vennero considerati ispirati dallo Spirito Santo e di origine apostolica. Successivamente, nei Concili di Firenze (1442), di Trento (1546) e del Vaticano I (1870) fu sancito come dogma di fede la loro ispirazione divina e venne escluso ogni possibile rilievo storico-critico che li riguardasse, malgrado le innumerevoli contraddizioni, incongruenze e assurdità che contengono.
Le falsificazioni, cui furono sottoposti già in epoca neotestamentaria, non sono mai cessate e continuano, come si vedrà in seguito, ancora al giorno d'oggi. La liceità dell’inganno e della menzogna come «strumenti di salvezza» fu sostenuta già da Paolo (Romani 3,7 e Filippesi 1,15) e in seguito da molti Padri della Chiesa tra i quali san Crisostomo e perfino Origene, forse il più eminente e autorevole dottore cristiano dell’antichità.
Altra cosa importante da sottolineare: la Chiesa, ancor prima di assumere un aspetto unitario, ha proceduto alla sistematica distruzione di tutta la documentazione "diversa" da quella compatibile con la sua ortodossia nascente. Tutti i documenti, infatti, contrastanti con il "canone", citati dai Padri della Chiesa contro gli eretici e i polemisti anticristiani come Celso e Porfirio, non esistono più. O distrutti o imboscati in qualche segreta del Vaticano.
La ricostruzione che farò della figura di Gesù e della nascita del cristianesimo a partire dalla prossima puntata, si baserà, quasi esclusivamente, su questi ventisette testi canonici, considerati dalla Chiesa di ispirazione divina. Esaminandoli in controluce scopriremo, però, che di divino non hanno niente e che sono nati come opere devozionali, prive di ogni validità storica e spesso di scarso livello culturale.Dei quattro evangelisti solo due parlano della natività di Gesù: Matteo e Luca. Gli altri due la ignorano completamente. Ma Gerolamo, autorevolissimo Padre della Chiesa e autore della Vulgata, manifestò grossi dubbi a riconoscere l'autenticità dei capitoli di Luca e di Matteo riferiti all'annunciazione e alla nascita virginale di Gesù, avvallando la supposizione che questi racconti siano stati inseriti nei due Vangeli solo nel IV secolo.
Infatti Tatiano, autore nel 175 del Diatesserone, libro che riuniva in un solo testo i quattro Vangeli canonici, ignorava la natività di Gesù in Luca e in Matteo, come pure la ignorava Marcione nella sua Edizione Evangelica, scritta intorno al 170.
Ciò premesso, mettiamo subito in chiaro che Matteo e Luca scrivono della natività partendo da presupposti teologici diversi, per non dire contrari, e così i loro racconti sono discordanti per quanto riguarda la genealogia di Gesù, il tempo, il luogo, le modalità della sua nascita e gli eventi che la seguirono.
Cominciamo dalla genealogia. Matteo elenca quarantadue antenati di Gesù (Matteo 1,1-6), privilegiando, da David in poi, la discendenza salomonica, cioè regale, in quanto voleva dimostrare che Gesù era il vero Messia, discendente della stirpe di David, come predetto dai profeti, e destinato a diventare il re d’Israele.
Luca (Luca 3,23-37) elenca una trentina di antenati in più, rispetto a Matteo, ma predilige la discendenza sacerdotale (da un altro figlio di David: Nathan), volendo togliere a Gesù ogni riferimento messianico, osteggiato da Paolo, e attribuirgli un ruolo totalmente religioso e salvifico.
Naturalmente, entrambe le genealogie che risalgono ad Adamo e coprono un intero millennio, sono pura invenzione. Lo deduciamo dal fatto che coincidono solo in due nomi e sono discordanti in tutti gli altri. Evidentemente, ha ironizzato qualcuno, i due evangelisti non si sono letti reciprocamente.
A proposito della genealogia di Matteo, suscita in noi una certa perplessità il fatto che questo evangelista inserisce in essa quattro antenate di Gesù che, a detta della Bibbia, erano donne di facili costumi e, per di più, non di sangue ebreo. Sono: la cananea Tamara, che si fa passare per meretrice onde giacere col suocero in un rapporto incestuoso (Genesi 38); la canaea Raab che si prostituisce in casa propria (Giosuè 2); la moabita Rut, adescatrice di mariti (Rut), e, infine, Betsabea, l'adultera hittita, che dopo aver tradito il marito Huria con David, acconsente all'uccisione del coniuge per unirsi definitivamente al re d'Israele e dargli il figlio Salomone (Samuele 2,1).Il luogo di nascita di Gesù, secondo Matteo e Luca, è Betlemme. Ma questa località, in cui nacque il re David, fu scelta da loro per legittimare il diritto messianico di Gesù, cioè per adempiere alle profezie che la indicavano come la città in cui sarebbe dovuto nascere il Messia. Il silenzio a proposito di Betlemme degli altri due Vangeli, nonché delle Lettere di Paolo, è significativo.
Per giustificare l'adempimento profetico i due evangelisti ricorrono a pretesti diversi. Per Matteo, Gesù nacque a Betlemme perché quella era la residenza abituale della sua famiglia. Successivamente, dopo il rientro dall'Egitto, questa si trasferì a Nazareth, senza giustificare il motivo della scelta di quel luogo.
Per Luca, i genitori di Gesù vivevano invece a Nazareth ma, in seguito al censimento ordinato da Quirinio, governatore romano della Siria e quindi della Palestina, si erano recati provvisoriamente a Betlemme a registrare i loro nomi, e in quel frangente nacque Gesù.
Per Matteo, Gesù nacque nella casa che era il luogo della sua residenza. Per Luca, Gesù nacque in una stalla, dato che i suoi non avevano trovato alloggio negli alberghi dalla città. Di fronte a questo fatto ci chiediamo stupiti: se Betlemme era il luogo di origine di Giuseppe, possibile ch’egli non abbia trovato uno straccio di parente che lo ospitasse per la bisogna, tenendo conto delle condizioni di Maria vicina al parto, dell’alto grado di ospitalità degli orientali e della loro grande capacità di adattamento? Ma la spiegazione è un’altra. Il Vangelo di Luca, chiaramente antigiudaico, con la scelta della stalla come luogo di nascita di Gesù, vuol mettere in risalto il trattamento indecoroso, per non dire crudele, con cui Israele trattò il suo Messia.
C’è poi il discorso sul censimento. Luca sostiene che la nascita di Gesù a Betlemme fu dovuta al censimento di Quirinio che obbligava tutti gli ebrei a farsi registrare nel luogo di nascita. Una cosa totalmente inverosimile.
Il censimento, per i romani, aveva uno scopo fiscale, serviva cioè a stabilire il censo di ciascuna famiglia per farle pagare i tributi adeguati. Come prescriveva la legge romana, l’istituzione di una nuova provincia (come quella di Giuda istituita nel 6 d.C. in seguito alla deposizione di Archelao), comportava il censimento della popolazione ai fini fiscali.
Questo censimento doveva essere fatto nel luogo di residenza dove il censito possedeva il patrimonio o svolgeva la sua attività e dove, soprattutto, i gabellieri (i pubblicani) potevano controllare la veridicità delle dichiarazioni. Che senso aveva censirsi a decine di chilometri di distanza dall'abituale residenza dove non si possedeva nulla e nessuno ti conosceva? Quindi il censimento per Luca è un pretesto irrazionale per far nascere Gesù a Betlemme, in ottemperanza alle profezie messianiche.Matteo, volendo sottolineare in ogni circostanza la messianicità di Gesù e il suo destino regale, inventa la favola dei tre re magi che, guidati dalla stella cometa, vengono dall’oriente ad adorare il futuro re d’Israele, suscitando l’ira e la vendetta di re Erode che ordinò l’uccisione dei coetanei di Gesù, la cosiddetta “strage degli innocenti”.
Si tratta di pura mitologia perché nessun storico (nemmeno Giuseppe Flavio che scrisse la vita di Erode e mise in risalto i suoi numerosi misfatti) accenna mai ad una simile atrocità. Ma, cosa ancor più significativa, Luca, l’altro evangelista che tratta diffusamente della natività, sconfessa questa efferatezza di Erode, ignorandola totalmente.
Infatti, mentre per Matteo la famiglia di Gesù, avvertita dall’angelo, si nasconde per alcuni anni in Egitto per sfuggire ad Erode che voleva eliminare il pargolo divino concorrente al trono d'Israele, per Luca, essa soggiorna tranquillamente a Betlemme per sei settimane e, dopo la circoncisione di Gesù e lo scadere del tempo prescritto dalla Legge per la purificazione di Maria, si reca a Gerusalemme, totalmente all'oscuro delle minacce di re Erode, per la presentazione al Tempio.
Quindi ritorna tranquillamente a Nazareth, ove risiedeva già da prima.
Il racconto dell'adorazione dei magi, ancorché puramente mitologico, è importantissimo per dimostrare la messianicità di Gesù e il suo presunto diritto a diventare re d'Israele al posto di Erode. Infatti esso ci mostra che Erode non era preoccupato per la nascita di un presunto pargolo divino ma di un pericoloso concorrente al trono.Riguardo alla datazione della nascita di Gesù, altro contrasto insanabile tra i due evangelisti. Matteo fa nascere Gesù sotto Erode il Grande, verosimilmente verso il 7 a.C. (come concordano la maggior parte degli storici). Luca, invece, collegandosi al censimento del governatore Publio Sulpicio Quirinio, avvenuto nel 7 d.C., dopo che la Giudea era diventata provincia romana in seguito alla cacciata di Erode Archelao, figlio di Erode il Grande, e retta dal procuratore Coponio, fa nascere Gesù quattordici anni dopo.
Naturalmente nella Chiesa queste contraddizioni sono state rilevate e qualcuno, arrampicandosi sugli specchi, ha cercato di superarle inventando soluzioni acrobatiche. Ad esempio, Eusebio di Cesarea, uno dei Padri della Chiesa, a proposito delle due diverse datazioni sulla natività ipotizzò l’esistenza di un altro censimento effettuato al tempo di re Erode il Grande.
Ma l’ipotesi è fasulla per due motivi: primo, perché nessun documento storico latino o ebraico nomina questo censimento; secondo, perché l’evangelista Luca, presunto autore anche degli Atti, scrive testualmente: " [...] si sollevò Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse molta gente a seguirlo” (Atti 5,37). Ora questa sollevazione avvenne esattamente nel 7 d.C. come ci conferma lo storico ebreo Giuseppe Flavio.
Le contraddizioni sulla natività di Gesù non si fermano qui. Matteo e Luca dopo averci elencata tutta la genealogia di Gesù fino a Giuseppe, dimenticano il fatto più importante: che il padre di Gesù non era Giuseppe, ma lo Spirito Santo, per cui Gesù non poteva avere nessuna relazione con la stirpe di David.La divinità di Gesù, quando venne formulata dai seguaci di Paolo nel II, III secolo, comportò la necessità di disconoscere il suo concepimento sessuale e di inventarne uno teogamico, cioè dovuto ad un seme divino e non umano, e conseguentemente determinò il mito della verginità di Maria, totalmente ignorato dai cristiano-giudei di Gerusalemme come ci attesta Ireneo, importante padre della Chiesa, secondo il quale gli Ebioniti (appunto i cristiano-giudei di Gerusalemme) affermavano nel loro Vangelo (fatto sparire dalla Chiesa) che Gesù era stato concepito da Giuseppe (Ireneo, Contro gli eretici, III, 21,1).
Anche Paolo rinnega apertamente la verginità di Maria perché nelle sue Lettere, i documenti più antichi del Nuovo Testamento, proclama Gesù “nato dal seme di David secondo la carne” e attesta che fu «il primo di numerosi fratelli» (Romani 8,29).
I Vangeli confermano unanimi quanto dichiarato da Paolo e riconoscono espressamente che Gesù aveva quattro fratelli: Giacomo, Giuda, Giuseppe e Simone e diverse sorelle.
“Non è costui (Gesù) il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?” (Marco 6,3). E Paolo scrive in una sua Lettera: "Non abbiamo diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa [Pietro]?" (1 Corinzi 9,5).
Gli arrampicatori sugli specchi, sempre in vena di invenzioni, hanno cercato di negare il fatto che Gesù avesse dei fratelli adducendo il pretesto che in ebraico i termini fratello e cugino spesso si confondono, quindi si tratta di cugini e non di fratelli. Ennesima bubbola perché tutti i documenti del Nuovo Testamento sono scritti in greco (nessuno di essi è in ebraico) e in questa lingua non c’è possibilità di confusione tra i due vocaboli; cugino e fratello sono due termini nettamente distinti.
Il termine greco “adelfos” usato nei Vangeli e nelle Lettere di Paolo, significa soltanto fratello carnale. Paolo in Colossesi (4,10) quando accenna ai cugini usa il termine appropriato “anepsioi”. Si è ricorso allora all’ipotesi che Giuseppe si sia sposato due volte e che i cosiddetti fratelli di Gesù siano i figli di primo letto.
Ma non c’è nessuna documentazione che lo dimostri, tanto più che questi fratelli risultano di minore età rispetto a Gesù. Quindi, le pretese giustificazioni della verginità di Maria sono del tutto fasulle, oltre che assurde, come ci viene confermato anche da Giovanni quando scrive: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre" (Giovanni 6,42), in cui mostra di ignorare del tutto il parto verginale e il seme divino.
Ma c'è un'altra contraddizione nel Vangelo di Luca che smentisce la verginità di Maria. Quaranta giorni dopo il parto, come tutte le donne d'Israele, Maria si recò al Tempio per esservi purificata (festa, fino a qualche anno fa, celebrata dalla Chiesa il 2 febbraio ed ora cancellata). Che bisogno aveva Maria di essere purificata se il suo era stato un parto virginale (cioè senza spargimento di sangue)? Come fa Luca, nel suo Vangelo, a conciliare il parto verginale e la purificazione di Maria?
A proposito di Luca, notiamo nella sua natività altre incongruenze. Anzitutto che nonostante il suo antimessianismo, non riesce a sottrarsi al riconoscimento della dignità messianica di Gesù e fa dire dall’angelo a Maria nell'Annunciazione che il figlio da lei concepito per opera dello Spirito Santo: " avrà il trono di David, suo padre, e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe” (Luca 1,32-33). Quindi un altro evidente contrasto tra la missione politica, preannunciata dall’angelo, e quella puramente religiosa assegnatagli da Paolo.Per quanto riguarda la città di Nazareth, anche qui le sorprese non mancano. Gesù di Nazareth o Gesù nazareno o il nazareno sono appellativi familiari ad ogni cristiano. Il significato di queste espressioni è evidente a tutti: Gesù di Nazareth significa che Gesù è vissuto per gran parte della sua vita in quella località dell’alta Galilea che va sotto il nome di Nazareth. Chiaro? Chiarissimo.
Eppure ha tutta l'aria di essere una frottola. Diciamo subito, a scanso di equivoci, che molti studiosi, anche cristiani e cattolici, hanno raggiunto la certezza che Nazareth ai tempi di Gesù non esistesse nemmeno.
Scrive M. Craveri nel suo libro “La vita di Gesù”: “El-Nasirah è un villaggio della Galilea, posto a circa quattrocento metri di altezza, nel quale la tradizione cristiana riconosce l’antica Nazareth, patria di Gesù. Secondo vari studiosi, tuttavia, Nazareth - meglio Natzrath o Notzereth - non è mai esistita e l’appellativo Nazareno che accompagna il nome di Gesù negli scritti neotestamentari non indica affatto il suo paese di origine, ma è da ricollegare al vocabolo aramaico Nazirâ con cui a quei tempi erano chiamati coloro che avessero fatto voto, perenne o temporaneo, di castità e di astinenza, tenendo le chiome intonse per tutta la durata del voto.”(M. Craveri. La vita di Gesù, Feltrinelli. Milano, 1974.
A dimostrazione di ciò va detto che Giuseppe Flavio, storico ebreo di poco posteriore a Gesù, che nelle sue opere fece una pignola descrizione topografica della Galilea, regione da lui conosciuta palmo a palmo mentre era comandante delle truppe ebraiche stanziate nell'alta Palestina durante la guerra giudaica del 66-70, nominò di essa ogni singola cittadina, senza mai accennare all'esistenza di Nazareth.
Cerchiamo allora di capire come nasce l’aggettivo, apparentemente geografico, “nazareno”. Cominciamo dai Vangeli scritti originariamente in lingua greca. In essi l’aggettivo in questione è "nazoraios" (Matteo 2,23; 26,71; Luca 18,37; Giovanni 18,5; 19,19), e "nazareno" (Marco 1,24; 1,47; 14,67; 16,6; Luca 4, 34; 24, 19), che non significa cittadino di Nazareth o nazaretano ma appartenente alla setta dei nazirei. Cioè di quelli, come dice Craveri, che avevano fatto voto di nazireato.
Questa istituzione nacque durante l’esodo dall’Egitto, che costrinse gli ebrei a peregrinare per decenni nel deserto. Il termine nazireo, derivato dalla radice ebraica N+Z+R, significava santità, purezza, voto a Dio. In pratica chi faceva voto di nazireato, doveva, per tutto il tempo per il quale si era votato al Signore, astenersi da ogni tipo di bevande alcoliche e non passare mai rasoio sul suo capo. (Vedi la Bibbia: Numeri 6,2-5).
Nel caso di Gesù il termine nazireo è stato mutato dagli evangelisti in nazareno, termine riferito alla presunta città di Nazareth, adducendo a pretesto l'adempimento delle profezie. “Perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: Sarà chiamato Nazareno” (Matteo 2,23). Ma nel Vecchio Testamento non esistono profezie che abbiano un qualsiasi riferimento a Nazareno ma soltanto il termine nazireo, titolo riferito al voto di cui abbiamo accennato sopra. Si tratta quindi di un titolo religioso o settario.
L'analisi linguistica ce lo conferma: il greco "Iesous o Nazoraios" deriva dall'ebraico "Jeoshua ha Nozrì" e dall'aramaico "Jeshu Nazorai", cioè dalla radice NZR, che non ha niente a che vedere con la radice NZRT della città di Nazareth che è tarda, perché affermatasi alcuni secoli dopo Cristo.Perché allora gli evangelisti, o quelli che hanno manipolato i Vangeli, hanno inventato la città di Nazareth ? La risposta è semplice: per spoliticizzare la storia, per eliminare cioè col meccanismo di censura ogni riferimento di tipo messianico-escatologico a Gesù, coinvolto nella lotta rivoluzionaria antiromana, e per nascondere la sua vera città d’origine che probabilmente era Gamala o Gamla, molto legata al messianismo javista.
In quella città aveva avuto origine il movimento zelota per opera di due falsi Messia: Ezechia e suo figlio Giuda il Galileo. Il primo giustiziato da Erode e il secondo, nel 7 d.C., dai romani, al comando di Quintilio Varo, assieme ai suoi duemila seguaci. Benché la setta fosse originaria di Gamala nel Golan, i suoi seguaci venivano definiti "Galilei", in quanto il loro teatro di operazioni era soprattutto la Galilea. Giuseppe Flavio nelle sue opere chiama i seguaci di Giuda, anche “sicarii”, perché uccidevano furtivamente con un pugnale nascosto (sica), e "zeloti“ (briganti) in quanto perturbatori dell’ordine.
In pratica, quello zelota era un movimento clandestino di resistenza anti-romana e anti-collaborazionista. Quindi Gamala, patria di Giuda il Galileo, era la città più malfamata della Palestina, sinonimo di ribellione e brigantaggio, al punto che ai tempi di Gesù, “Galileo” significava ribelle, sovversivo (oggi diremmo: terrorista). Che Gamala fosse il quartier generale dei messianisti più irriducibili lo deduciamo anche dalla storia. Durante la prima guerra giudaica oppose a Vespasiano una resistenza disperata al punto da essere paragonata a Masada, distrutta nel 73. Fu infatti espugnata dal futuro imperatore dopo un lungo e duro assedio e i suoi difensori, piuttosto di arrendersi, si suicidarono in massa, proprio come quelli di Masada.
Il meccanismo di censura in questo caso ha origine nella predicazione di Paolo, che escludeva a priori che Gesù potesse essere uno zelota e tanto meno che fosse nato a Gamala e magari fosse collegato a Giuda il Galileo o imparentato con lui, come alcuni studiosi suppongono. Per Paolo e i suoi seguaci collegare Cristo a Gamala e a Giuda il Galileo avrebbe annullato ogni tentativo di far di lui il Salvatore universale.
Ad ulteriore riprova di questa sostituzione di significato ricordiamo che è esistito il Vangelo dei nazirei (fatto sparire dalla Chiesa) che non significava Vangelo dei cittadini di Nazareth ma dei cristiano-giudei che erano chiamati così. Concludendo: “Jesous o Nazoraios” significa “Gesù della setta dei nazirei” non Gesù di Nazareth o Gesù nazaretano.Qualcuno potrebbe obiettare, però, che oggi il villaggio di Nazareth esiste ed è meta di continui pellegrinaggi. Ad una attenta analisi archeologica, storica, letteraria e geografica, niente ci fa ritenere che esso corrisponda a quello descritto dai Vangeli ma che, al contrario, fu inventato, forse nel IX secolo, e codificato durante le Crociate per gli ingenui pellegrini cristiani (che ancora oggi vi possono ammirare la fucina di Giuseppe).
Se noi lo confrontiamo con quello in cui, secondo i Vangeli, visse Gesù, scopriamo che non ha nessuna corrispondenza.
Vediamo cosa scrive Luca: “ (Gesù) Si recò a Nazareth, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere...allora cominciò a dire: «oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi»...all’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio” (Luca 4,16-30). Di che monte e precipizio si trattava, visto che l'attuale Nazareth di essi non presenta alcuna traccia?
Scrive Marco: “ Salì (Gesù) poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui [...] Entrò in una casa e si radunò di nuovo intorno a lui molta folla [...] allora i suoi (familiari), sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «è fuori di sé» (Marco 3,20-21) …e di nuovo si mise ad insegnare lungo il mare” (Marco 4,1).
È evidente che qui ci troviamo nella sua città natale perché i suoi parenti, preoccupati del suo comportamento anomalo, cercano di dissuaderlo. Ma qui c’è un monte con uno spaventoso precipizio, che nella Nazareth attuale come abbiamo già detto, non c’è, e c’è un mare vicino (cioè il lago di Tiberiade) che invece dista decine di miglia.
La descrizione di questo luogo calza perfettamente invece con la città di Gamala, scoperta dagli Israeliani in occasione della cosiddetta Guerra dei Sei Giorni nel 1967, che corrisponde a quella descritta da Giuseppe Flavio, nella quale troviamo il monte, il precipizio e il mare poco lontano. “..(Gamala) si affacciava a mezzogiorno, e la sua sommità meridionale, elevandosi a smisurata altezza, formava la rocca della città, sotto cui un dirupo privo di mura piombava in un profondissimo burrone” (Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica Mondatori, Milano 1982).
Concludendo, la Nazareth attuale non presentando testimonianze archeologiche di nessun tipo, così frequenti invece in tutti gli altri siti antichi vicini ad essa (basti citare Sefforis e Iotapata, a pochi passi da Nazareth), priva inoltre di riferimenti storici e letterari del tempo e per di più con una configurazione geografica totalmente diversa da quella descritta dai Vangeli, sicuramente al tempo di Gesù non esisteva proprio e sarebbe stata creata successivamente dai pellegrini cristiani.
Eliminando Gamala, per far posto a Nazareth, i Vangeli paolini hanno tolto ogni riferimento tra Gesù e la città infame che era divenuta il simbolo della ribellione politica della Palestina, hanno sostituito il significato settario del titolo Nozri (ebraico), Nazorai (aramaico), Nazoraios (greco) con quello inventato di nazareno; hanno trasformato l'aggettivo Galileo, che indicava una militanza rivoluzionaria ed era sinonimo di ribelle e brigante, in un semplice appellativo geografico.A conclusione del capitolo sulla nascita di Gesù parliamo brevemente della sua famiglia, come possiamo ricostruirla dai Vangeli. Secondo il costume della Palestina di quel tempo, questa era piuttosto numerosa. Oltre a Gesù, il primogenito, c'erano altri quattro fratelli: Giacomo, Giuda, Giuseppe e Simone, e alcune sorelle delle quali una, di nome Maria come la madre, seguì costantemente il fratello durante la sua attività pubblica.
La documentazione di quanto affermato è ricavata dai Vangeli, dai Padri della Chiesa e da fonti storiche. Vediamo le testimonianze tratte dai testi canonici che parlano di Gesù e della sua famiglia.
Scrive Luca: "Diede (Maria) alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo" (Luca 2,6-7).
Se Gesù era il primogenito, significa che dopo di lui nacquero altri fratelli.
Matteo conferma le parole di Luca e va oltre ammettendo implicitamente i rapporti coniugali tra Maria e Giuseppe: "E (Giuseppe) non la conobbe (non ebbe rapporti coniugali con Maria) finché ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito, e gli dette nome Gesù" (Matteo l,25). Questo però lo leggiamo nel testo antico, che in latino suona così: "Et non cognoscebat eam donec peperit filium suum primogenitum: et vocavit nomen eius Iesum" (Novum Testamentum Graece et Latine, Ist. Bibl. Pont., Roma 1933, Secundum Matthaeum).
Ma questo versetto, ipocritamente, viene tradotto dalla CEI, Ed. Paoline (CEI, Ed. Paoline, Roma, 1982), così: "...la quale (Maria), senza che egli (Giuseppe) la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù", cancellando due parole fondamentali: "finché" e "primogenito" e con ciò travisando pienamente il contesto. Anche il Nuovo Testamento interlineare greco-italiano pubblicato nel sito Internet "La Parola" di emanazione cattolica (www.laparola.net), omette vistosamente i due termini “finché” e "primogenito”
E' chiaro che questi stravolgimenti nella traduzione non sono di poco conto perché per mezzo di essi si afferma, arbitrariamente, che Giuseppe non ebbe mai rapporti coniugali con Maria (e non semplicemente finché ella non ebbe partorito Gesù), e inoltre che il termine "primogenito" era del tutto superfluo, dal momento che, di sicuro, per la CEI, non esistevano altri figli. (Prima parte)
Ecco altre importanti testimonianze sui fratelli di Gesù. "Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano»" (Marco 3,31-32).
"Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi?" (Mattteo 13,55).
"Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui" (Atti 1,14).
"Solo tre anni dopo andai a Gerusalemme per conoscere Pietro e non vidi nessuno degli altri apostoli, ad eccezione di Giacomo, il fratello del Signore..." (Paolo in Galati 1,18-19).
Poi abbiamo la testimonianza di Eusebio di Cesarea, uno dei più autorevoli Padri della Chiesa: "In quel tempo visse Giacomo, detto fratello del Signore, poiché anch'egli era chiamato figlio di Giuseppe, e Giuseppe era padre del Cristo" (Eugenio di Cesarea, Storia ecclesiastica II,1-2, Rusconi, Milano 1979) "Della famiglia del Signore restavano ancora i nipoti di Giuda, detto fratello di lui (Gesù) secondo la carne, i quali furono denunciati come appartenenti alla stirpe di David. L'evocatus li condusse davanti a Domiziano Cesare (figlio di Vespasiano, imperatore dal 81 al 96 d. C.) poiché, come Erode, anch'egli temeva la venuta del Messia." (Ibidem III, 20).
Queste testimonianze di Eusebio di Cesarea ci forniscono quattro informazioni importantissime. Con la prima " e Giuseppe era padre del Cristo", egli non mostra di conoscere l'Annunciazione, riportata nei Vangeli di Matteo e di Luca, perché non era ancora stata inventata e inserita in essi al suo tempo. Con la seconda, che Giuda era fratello carnale di Gesù e quindi Gesù aveva i fratelli decritti nei Vangeli. Con la terza, che costoro e i loro discendenti, dopo la morte di Gesù, continuarono a perseguire la medesima causa dinastica, per la quale furono perseguitati dai romani. Infine, con la quarta, che se Gesù aveva dei fratelli carnali, Maria non era affatto vergine.
A questo punto torna utile ribadire che nei testi greci, sopra citati, il termine usato è "adelfos", che inequivocabilmente significa "fratello carnale" e non cugino.
"Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi?" (Mattteo 13,55).
"Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui" (Atti 1,14).
"Solo tre anni dopo andai a Gerusalemme per conoscere Pietro e non vidi nessuno degli altri apostoli, ad eccezione di Giacomo, il fratello del Signore..." (Paolo in Galati 1,18-19).
Poi abbiamo la testimonianza di Eusebio di Cesarea, uno dei più autorevoli Padri della Chiesa: "In quel tempo visse Giacomo, detto fratello del Signore, poiché anch'egli era chiamato figlio di Giuseppe, e Giuseppe era padre del Cristo" (Eugenio di Cesarea, Storia ecclesiastica II,1-2, Rusconi, Milano 1979) "Della famiglia del Signore restavano ancora i nipoti di Giuda, detto fratello di lui (Gesù) secondo la carne, i quali furono denunciati come appartenenti alla stirpe di David. L'evocatus li condusse davanti a Domiziano Cesare (figlio di Vespasiano, imperatore dal 81 al 96 d. C.) poiché, come Erode, anch'egli temeva la venuta del Messia." (Ibidem III, 20).
Queste testimonianze di Eusebio di Cesarea ci forniscono quattro informazioni importantissime. Con la prima " e Giuseppe era padre del Cristo", egli non mostra di conoscere l'Annunciazione, riportata nei Vangeli di Matteo e di Luca, perché non era ancora stata inventata e inserita in essi al suo tempo. Con la seconda, che Giuda era fratello carnale di Gesù e quindi Gesù aveva i fratelli decritti nei Vangeli. Con la terza, che costoro e i loro discendenti, dopo la morte di Gesù, continuarono a perseguire la medesima causa dinastica, per la quale furono perseguitati dai romani. Infine, con la quarta, che se Gesù aveva dei fratelli carnali, Maria non era affatto vergine.
A questo punto torna utile ribadire che nei testi greci, sopra citati, il termine usato è "adelfos", che inequivocabilmente significa "fratello carnale" e non cugino.
Della vita di Gesù, prima del battesimo per opera di Giovanni, non sappiamo nulla all’infuori del racconto di Luca che ce lo presenta a dodici anni nel Tempio a discutere coi dottori, meravigliati della sua saggezza. Ma Luca è il più mitologico degli evangelisti, infatti gli altri tre ignorano completamente quell’episodio.
Gesù crebbe tra contadini e pescatori, e, stando ai Vangeli, esercitò il mestiere del carpentiere. Era allora consuetudine per tutti, anche per i dottori della Legge, esercitare una professione o un lavoro manuale. Paolo, ad esempio, faceva il costruttore di tende per l’esercito romano.
Tutti i fanciulli ebrei imparavano a conoscere nelle sinagoghe i testi sacri, ma solo i pochi che frequentavano scuole di tipo teologico diventavano dottori o scribi. Costoro erano tenuti in gran considerazione dalla gente comune. Gesù non fu mai un dottore e i suoi concittadini erano molto stupiti dei suoi discorsi, sapendo che non aveva frequentato scuole speciali, e si chiedevano perplessi: “Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data?” (Marco 6,2).
Infatti, Gesù appare sempre istruito in maniera compiuta quando parla e sembra possedere una conoscenza completa della Legge sì da poterla interpretare in modo originale e sapiente e di essere in grado di discutere apertamente nel Tempio, alla pari, con scribi e farisei.
Come spiegare il fatto che Gesù ci appare così preparato nella cultura religiosa del suo tempo? Una possibile risposta a questa domanda possiamo darla ammettendo che egli abbia trascorso un periodo, più o meno lungo, presso gli esseni di Qumran e che la sua attività pubblica abbia avuto inizio dopo l'incontro col Battista, che era sicuramente un esseno. L'evangelista Giovanni scrive che Gesù, due giorni dopo il suo battesimo, partì per la Galilea, dove fece il suo primo miracolo trasformando l'acqua in vino, durante le nozze di Cana (Giovanni 2,1-10).
Matteo (4,1-11), in accordo con gli altri due Sinottici, dice invece che Gesù, ricevuto il battesimo, si ritirò per quaranta giorni nel deserto di Giuda, esattamente dove vivevano gli esseni, e lì fu sottoposto alle tentazioni di Satana. Il numero quaranta è molto usato nei testi biblici e ha sempre un significato simbolico in quanto annuncia un cambiamento radicale dopo una lunga prova. È chiaro che la permanenza di Gesù nel deserto, dato il simbolismo del numero quaranta, si protrasse per un periodo molto più lungo.
Le tentazioni di Satana, cui fu sottoposto, potrebbero alludere all'iniziazione ascetica che egli ricevette nella comunità essena che si concludeva con una cerimonia battesimale nella quale il nuovo addetto doveva, con solenni giuramenti di rottura, rinunciare all'Angelo delle Tenebre (Satana) e abbracciare l'Angelo della Luce.
Gesù crebbe tra contadini e pescatori, e, stando ai Vangeli, esercitò il mestiere del carpentiere. Era allora consuetudine per tutti, anche per i dottori della Legge, esercitare una professione o un lavoro manuale. Paolo, ad esempio, faceva il costruttore di tende per l’esercito romano.
Tutti i fanciulli ebrei imparavano a conoscere nelle sinagoghe i testi sacri, ma solo i pochi che frequentavano scuole di tipo teologico diventavano dottori o scribi. Costoro erano tenuti in gran considerazione dalla gente comune. Gesù non fu mai un dottore e i suoi concittadini erano molto stupiti dei suoi discorsi, sapendo che non aveva frequentato scuole speciali, e si chiedevano perplessi: “Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data?” (Marco 6,2).
Infatti, Gesù appare sempre istruito in maniera compiuta quando parla e sembra possedere una conoscenza completa della Legge sì da poterla interpretare in modo originale e sapiente e di essere in grado di discutere apertamente nel Tempio, alla pari, con scribi e farisei.
Come spiegare il fatto che Gesù ci appare così preparato nella cultura religiosa del suo tempo? Una possibile risposta a questa domanda possiamo darla ammettendo che egli abbia trascorso un periodo, più o meno lungo, presso gli esseni di Qumran e che la sua attività pubblica abbia avuto inizio dopo l'incontro col Battista, che era sicuramente un esseno. L'evangelista Giovanni scrive che Gesù, due giorni dopo il suo battesimo, partì per la Galilea, dove fece il suo primo miracolo trasformando l'acqua in vino, durante le nozze di Cana (Giovanni 2,1-10).
Matteo (4,1-11), in accordo con gli altri due Sinottici, dice invece che Gesù, ricevuto il battesimo, si ritirò per quaranta giorni nel deserto di Giuda, esattamente dove vivevano gli esseni, e lì fu sottoposto alle tentazioni di Satana. Il numero quaranta è molto usato nei testi biblici e ha sempre un significato simbolico in quanto annuncia un cambiamento radicale dopo una lunga prova. È chiaro che la permanenza di Gesù nel deserto, dato il simbolismo del numero quaranta, si protrasse per un periodo molto più lungo.
Le tentazioni di Satana, cui fu sottoposto, potrebbero alludere all'iniziazione ascetica che egli ricevette nella comunità essena che si concludeva con una cerimonia battesimale nella quale il nuovo addetto doveva, con solenni giuramenti di rottura, rinunciare all'Angelo delle Tenebre (Satana) e abbracciare l'Angelo della Luce.
fine prima parte-
http://impegno-laico.blogspot.com
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