domenica 11 settembre 2011

ATEISMO E RELIGIONE


ReligioneA partire dalla Riforma protestante sono venute emergendo, in Europa occidentale, varie forme di ateismo. Anzi, è forse possibile dire che proprio a partire dalla Riforma, l' ateismo è andato via via perfezionandosi, dopo la grande esperienza socio-religiosa del Medioevo (specie dell' alto Medioevo). Tanto è vero che se il protestantesimo ha messo in crisi il valore della chiesa "visibile", l'Illuminismo ha addirittura oscurato la "divinità" del Cristo, mentre il Positivismo e il Materialismo sono persino arrivati a negare l' esistenza di dio.
Da questa "progressione ateistica" la chiesa cattolica ha tratto la conclusione che, dopo aver negato dio, l' uomo ha negato se stesso, dando così origine alle varie forme di nichilismo, irrazionalismo ecc. In realtà le due negazioni non sono affatto in un rapporto di causa/effetto: l' uomo, nella tradizione occidentale, nega se stesso non tanto perché nega dio, quanto perché si autoafferma in maniera individualistica. L' ateismo cioè è qui il riflesso non di un' esperienza socio-umanitaria, ma di un' esperienza intellettuale e individualistica, [.
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 che si contrappone alla crisi della tradizionale (pre-borghese) esperienza socio-religiosa.
La Riforma non è nata dal nulla, ma da una crisi profonda dell' esperienza religiosa, quella tardo-medievale (i primi indizi intellettuali risalgono alla riscoperta dell'aristotelismo in ambito universitario). A differenza di altri tentativi interni al cattolicesimo, la Riforma è stata una risposta radicale (seppure negativa) alla crisi dell'esperienza medievale. Una risposta negativa perché appunto di tipo individualistico, non avendo saputo risolvere la crisi generale del cattolicesimo-romano, il quale, ancora oggi, a livello internazionale, gode di molta più credibilità di qualunque confessione evangelica.
Il cattolicesimo continua a conservare una forza morale propria, dovuta a principî come quello della subordinazione gerarchica al magistero, quello dell'infallibilità pontificia, quello della giurisdizione universale della sede romana ecc. Viceversa, il protestantesimo ha bisogno dell'appoggio e della società borghese e dello Stato capitalistico, per potersi affermare con efficacia.
La Riforma non è stata di per sé un'esperienza negativa. Per poterla comprendere in maniera adeguata, occorre contestualizzarla storicamente. Questa esperienza è diventata negativa quando si è assolutizzata nella propria soggettività. Cioè, nel momento della critica del cattolicesimo medievale decadente, essa è stata un fenomeno positivo; invece nel momento di elaborare un'alternativa, essa ha fallito completamente. E non poteva che essere così, in quanto la Riforma ha rifiutato, sin dall'inizio, di avvalersi della memoria storica. D'altra parte anche l'Illuminismo, il Positivismo e il Materialismo (quest'ultimo nella forma del socialismo amministrato) hanno fallito i loro obiettivi.
A questo punto un credente potrebbe chiedersi: è possibile recuperare il senso socio-religioso autentico, dopo la crisi dell'esperienza medievale e dopo la critica ateistica di tale crisi? Vien fatto di pensare che una risposta convincente a tale domanda, nell'area dell'Europa occidentale, sia sempre più difficile trovarla. Infatti, se alla crisi della cristianità medievale la società religiosa ha saputo rispondere solo coll'individualismo della Riforma, nulla autorizza a credere che il cattolicesimo-romano abbia in sé la forza (morale) per superare le proprie contraddizioni. E' trascorso troppo tempo dal momento in cui il cattolicesimo ha tradito l'esperienza autenticamente comunitaria del valore religioso, perché si possa ancora far leva sulla memoria storica e recuperare i valori perduti.
Per superare le contraddizioni dell'esperienza religiosa (sociale o individuale), gli uomini, d'ora in avanti, possono affidarsi unicamente al desiderio di liberazione. In questo senso, ponendosi in una prospettiva prettamente laica, è possibile considerare anche la Riforma, oltre che l'Illuminismo, il Positivismo e il Materialismo, come un tentativo di superare la crisi del cattolicesimo-romano senza rifarsi, con la memoria, a un'esperienza sociale e umana del passato, bensì ponendo in essere il desiderio di un'esperienza del genere, che sul piano pratico però non si è realizzato adeguatamente. Il protestantesimo, sul piano pratico, non ha fatto altro che giustificare il capitalismo.
La Riforma è nata in Europa occidentale proprio perché qui il tradimento dell'esperienza socio-umanitaria che il Cristo aveva cercato di realizzare era avvenuto in maniera più marcata rispetto all'esperienze ortodossa dell'Europa orientale. In occidente la chiesa romana ha portato a un eccesso di tipo politico il tradimento operato dal cristianesimo primitivo, il quale è consistito, da un lato, nell'aver voluto dare una connotazione religiosa a un'esperienza umana, e, dall'altro, nell'aver voluto togliere a questa esperienza ogni elemento politico-rivoluzionario.
La Riforma non ha smascherato questo tradimento (il quale anzi è stato esteso anche agli aspetti materiali, economici della vita sociale), ma l'ipocrisia di un'istituzione che mentre predicava sul piano teorico l'amore universale del cristianesimo primitivo, di fatto giustificava più o meno apertamente il servaggio e ogni forma di privilegio e di corruzione.
Tuttavia, la Riforma, confidando più nel desiderio che nella memoria, non solo non ha intuito il tradimento del cristianesimo primitivo nei confronti di una modalità socio-umanitaria di vivere il valore della vita (quella appunto del Cristo), ma non ha neppure recuperato la prassi socio-religiosa di tale cristianesimo (rimasta, appunto, nella chiesa ortodossa: quella prassi con cui, se è vero che da un lato si chiede al credente di sopportare lo sfruttamento come una prova divina, dall'altro però gli si chiede di sapersi organizzare in maniera collettiva, onde attenuarne gli effetti negativi). Di qui i limiti soggettivistici del protestantesimo e, in fondo, il recupero "vincente" delle posizioni perdute da parte della tradizione cattolica, che certo conserva più memoria di qualsiasi esperienza protestantica.
Il problema che a questo punto si pone è il seguente: perché nell'ambito della chiesa cattolica, anche facendo leva sulla memoria storica rimasta, non si è più in grado di recuperare l'esperienza socio-religiosa del cristianesimo primitivo? La risposta è molto semplice: per poter recuperare il cristianesimo primitivo, la chiesa cattolica dovrebbe rinnegare almeno mille anni di storia euroccidentale, cioè dovrebbe negare qualsiasi valore a quelle decisioni che nell'arco di un millennio l'hanno portata ad essere quello che è.
Ognuno si rende facilmente conto che solo un'esperienza cristiana estranea alla tradizione euroccidentale può recuperare la memoria storica di un'esperienza socio-religiosa, analoga a quella del cristianesimo primitivo. Qui le possibilità sono due: l'ortodossia greco-slava e il cattolicesimo terzomondista. Entrambe le esperienze sono in grado di superare, seppur non in via definitiva, sia la crisi del cattolicesimo occidentale che la critica protestantica.
Il cattolicesimo terzomondista supera il cattolicesimo-romano e il protestantesimo in due modi, entrambi rifiutati dalle due confessioni: uno è quello del recupero delle tradizioni comunitarie pre-coloniali; l'altro è quello della valorizzazione delle teorie politico-sociali elaborate dal socialismo.
Storicamente parlando, il cattolicesimo terzomondista non poteva recuperare l'esperienza socio-religiosa del cristianesimo primitivo. Esso ha però mescolato due cose che nell'Europa occidentale vengono escluse da tempo. Questo significa che le modalità di vita del cattolicesimo terzomondista non potranno mai affermarsi in Europa occidentale: sia perché il collettivismo pre-coloniale (o pre-borghese) ha qui perso ogni possibile riscontro; sia perché l'affermazione del socialismo marcia, nelle due Europe, di pari passo con l'emancipazione dalla religione.
In Europa occidentale è definitivamente tramontata la possibilità di recuperare lo spirito del cristianesimo primitivo facendo leva sulla memoria storica. Forse si potrebbe recuperare qualcosa se il cattolicesimo considerasse l'ortodossia come la più autentica esperienza del cristianesimo primitivo. Ma ciò potrebbe avvenire solo se il Cattolicesimo rinunciasse alle sue esigenze di dominio politico-universale (che oggi soprattutto si concentrano nella funzione carismatica del pontefice), ovvero se riconoscesse che tali esigenze sono venute maturando proprio in un processo di contrapposizione radicale nei confronti dell'ortodossia.
Nell'ambito del cattolicesimo (latino) solo quello terzomondista è estraneo alla logica del dominio universale. Esso infatti subisce l'egemonia politica del cattolicesimo euroccidentale, che, a tale scopo, si serve dell'appoggio degli Stati capitalistici (ovviamente non nella stessa maniera delle chiese protestanti, che non mettono mai in discussione il valore del capitalismo).
La nuova forma sociale dell'esperienza religiosa non potrà mai essere, in Europa occidentale, quella anteriore al protestantesimo, poiché in Occidente non esistono più esperienze del genere (se non in Polonia o nei Paesi Baltici, ma anche qui esiste più che altro una "coscienza" medievale della religiosità, sempre più contraddetta dalla vita concreta, quotidiana, che tende alla secolarizzazione, sia nella forma borghese che nella forma socialista).
Ormai l'esperienza sociale del capitalismo è in grado di far fronte a qualunque critica provenga dal campo cattolico. Il cattolicesimo ha da tempo perso la sua battaglia politica contro la mentalità borghese. Ora sta perdendo anche quella etica, poiché se è vero che l'ideologia borghese si presenta sul piano etico-sociale in forme sempre più discutibili, tipiche di una società decadente, è anche vero che tale ideologia sa mostrarsi sul piano dei principi in veste molto più democratica dell'ideologia cattolica, chiusa per definizione o comunque legata a schemi di pensiero di origine tardo-feudale. Inoltre il laicismo borghese viene vissuto in forme autenticamente democratiche da esperienze di orientamento socialista, che mirano a superare l'individualismo come modus vivendi.
Insomma l'unico modo di superare la mentalità borghese oggi è quello di creare un'esperienza socio-umanitaria che nulla abbia a che vedere con la religione.
Lo stesso cattolicesimo terzomondista ha recuperato l'istanza socio-umanitaria non in virtù del cattolicesimo (latino), ma in virtù di un'esperienza che lo precede nel tempo (quella pre-coloniale) e di un'altra (quella socialista) le cui origini vanno ricercate nell'Europa laica (per quanto vi siano certe affinità ideali tra il socialismo moderno e le società pre-coloniali).
Il cattolicesimo occidentale, per poter riacquistare credibilità, dovrebbe recuperare le forme di socialità anteriori alla sua stessa crisi, cioè le forme del cristianesimo primitivo, che erano sostanzialmente quelle legate ai bisogni della collettività. Il successo del cristianesimo primitivo dipese sostanzialmente dalla capacità di rispondere ai bisogni reali della gente.
Tuttavia, è da escludere a priori che il cattolicesimo occidentale, senza l'apporto dell'ortodossia, sia in grado di realizzare un recupero del genere. Le tracce di umanità sociale che ancora si riscontrano nel cattolicesimo occidentale sono troppo "formali", troppo "astratte" perché possano veramente costituire un'alternativa al capitalismo. Il cattolicesimo può realizzare un recupero del genere se rinuncia alla religione e se, attraverso l'istanza di liberazione, si sforza di creare un socialismo democratico (il che non potrà certo avvenire senza drammatiche lacerazioni).
In ogni caso questo non può bastare alla coscienza di quegli uomini che non vogliono rinunciare alla loro memoria storica, cioè a comprendere il loro passato. Ora, siccome non sussiste più (almeno in Europa occidentale) il problema di come recuperare lo spirito del cristianesimo primitivo, per quale ragione non dovremmo porci il problema di sapere in che modo il cristianesimo primitivo ha tradito l'esperienza socio-umanitaria del Cristo?
Da questo punto di vista ci pare del tutto lecito vedere le esperienze post e anti-cattoliche (Riforma, Illuminismo ecc.) come un tentativo, non riuscito, di recuperare (più che altro in maniera inconsapevole) le radici umanistiche dell'esperienza cristiana, successivamente tradite da questa stessa esperienza con l'innesto della fede religiosa.
Ora -ci si può chiedere-, se nell'Europa occidentale è del tutto impossibile recuperare le tradizioni del cristianesimo primitivo, tale possibilità esiste forse nei Paesi est-europei, caratterizzati dalla religione ortodossa? La risposta è sempre negativa, ma per motivi diversi, proprio perché qui l'esperienza del socialismo è stata accettata con maggiore convinzione. Nel senso cioè che il socialismo democratico è stato visto come un'alternativa laica alla socializzazione religiosa in via di dissoluzione. La crisi del cristianesimo primitivo (che qui è iniziata molto più tardi e si è trascinata fin quasi verso la fine dell'Ottocento) si è preteso di risolverla proprio a partire dal socialismo democratico (questo a prescindere dalle realizzazioni effettivamente democratiche di tale socialismo). Ciò significa che un recupero del cristianesimo primitivo passa immediatamente, nell'Europa dell'est, attraverso l'affermazione del socialismo, il quale -come noto- costituisce un superamento dello stesso cristianesimo.
Si noti, in questo senso, la differenza tra la Grecia e gli altri Paesi di religione ortodossa: là dove il cristianesimo è stato più forte e più sentito, meno forte è stata l'esigenza del socialismo moderno. Ma questo ad un certo punto non ha impedito che si utilizzasse lo stesso cristianesimo come illusione per rinunciare all'esigenza del socialismo.
Se il superamento del cristianesimo oggi è rimesso in discussione, ciò non avviene in virtù della forza del cristianesimo, ma in virtù dei limiti del socialismo, che ancora adeguatamente democratico non è. Naturalmente questo tipo di problematica è scarsamente avvertita in Europa occidentale (meno ancora negli Stati Uniti), proprio perché l'Occidente non ha ancora sperimentato l'esperienza del socialismo (né in una forma statalizzata, né in una democratica).
Sarebbe tuttavia molto interessante se le forze progressiste orientali e occidentali dell'Europa (che si richiamano esplicitamente al socialismo democratico), lavorassero insieme per recuperare le origini umanistiche (laiche) e sociali dell'esperienza cristiana (del Cristo, non della chiesa) e cercassero di riprodurle, mutatis mutandis, sulla base dell'esperienza del socialismo democratico. Occorrerebbe cioè giungere alla conclusione che l'esperienza del cristianesimo post-pasquale costituisce un tradimento del messaggio di Cristo e che tale tradimento può essere superato solo da un'esperienza che affermi da un lato gli aspetti socio-umanitari di quel messaggio (in nuce, ovviamente) e che rinunci, dall'altro, agli aspetti religiosi.
In tal senso si potrebbe p.es. partire dal fatto che la chiesa cristiana ha voluto trasformare il sentimento umano della fede in uno strumento religioso per credere in dio, in netta contrapposizione all'uso della ragione e all'uso della stessa fiducia nei rapporti interumani. Nell'ambito della chiesa quanto più un credente ripone fiducia in dio, tanto meno ne ripone in se stesso e nel suo prossimo.
Se oggi l'ateismo appare fallimentare non è perché la religione continua a sussistere, ma perché le esperienze socio-umanitarie cui esso faceva riferimento non sono state all'altezza del compito, cioè non sono state in grado di soddisfare le esigenze democratiche delle masse popolari. Cosa che d'altra parte neppure la religione può oggettivamente fare, poiché, se veramente avesse potuto farlo, avrebbe avuto tutto il tempo a disposizione.
Nell'Europa dell'est l'ateismo è rimasto un'esperienza sostanzialmente intellettualistica, alienata, proprio perché l'esperienza sociale ad esso sottesa -il socialismo amministrato- non ha mai saputo risolvere i problemi della giustizia sociale, dell'uguaglianza, delle libertà individuali ecc. Il futuro sarà quello dell'ateismo solo nella misura in cui vi saranno soluzioni convincenti sul piano pratico.
E comunque bisogna ammettere che se l'ateismo dei Paesi socialisti s'è rivelato fallimentare, quello dei Paesi capitalisti lo è ancora di più, proprio perché gli intellettuali che l'hanno sostenuto, si sono lasciati influenzare dalle tradizioni individualistiche dell'Occidente, sconfinando spesso nell'irrazionalismo. Sono stati rari i casi in cui gli intellettuali hanno lottato, a fianco delle masse, per realizzare una rivoluzione di tipo socialista.
Dunque, pur avendo più ragioni (teoriche) rispetto alla religione, l'ateismo è stato costretto a fare bancarotta, a causa della sua incoerenza fra valori affermati in sede teorica ed esperienza pratica, che è rimasta carica di contraddizioni antagonistiche.