Un nuovo studio condotto analizzando i movimenti oculari di alcune scimmie sembra dimostrare la presenza nel cervello di una sorta di “clessidra” che permette di percepire internamente lo scorrere del tempo con una notevole precisione. Questo orologio mentale sarebbe responsabilità di una regione cerebrale detta area intraparietale laterale (red)
C'è una piccola popolazione di neuroni il cui compito è misurare il tempo: la loro attività diminuisce e aumenta progressivamente, come il livello dei granelli di sabbia all'interno di una clessidra. È quanto hanno scoperto i ricercatori del Center for Magnetic Resonance Research (CMRR) dell'Università del Minnesota, risolvendo un enigma delle neuroscienze che durava da molti anni.
Fare riferimento a un “orologio interno” è un'esperienza che tutti fanno quotidianamente. Per esempio, si può decidere di uscire dell'ufficio quando l'orologio segna le 18, oppure perché, senza che vi siano segnali esterni percepiti, si è deciso che “si è fatto tardi”. Allo stesso modo, si riesce più o meno a indovinare quando è arrivato il momento che scatti il verde mentre siamo fermi al semaforo.
A far luce su questa sfuggente capacità è stato uno esperimento effettuato su alcune scimmie impegnate in un compito in cui potevano basarsi solo sulla propria percezione del passaggio del tempo. Gli animali sono stati addestrati a fissare alternativamente due punti fissi su uno schermo, cambiando ogni secondo la direzione dello sguardo, ma senza avere alcun indizio esterno che potesse fare da “orologio”. Nonostante questa mancanza d'informazione, le scimmie hanno mostrato una notevole precisione e costanza nel produrre il comportamento periodico, sbagliando in media di soli 100 millisecondi.
Durante il test, veniva misurata l'attivazione di singoli neuroni nell'area intraparietale laterale (LIP), una regione cerebrale, che precedenti studi hanno mostrato essere implicata nell'esecuzione dei movimenti oculari. E, come si legge nell'articolo pubblicato sulla rivista "PLoS Biology", l'analisi ha confermato l'attivazione della LIP durante il compito, ma in una modalità di attesa.
“Diversamente da quanto riscontrato in precedenti studi, che avevano osservato un incremento dell'attività della LIP associata al passare del tempo, nella nostra ricerca abbiamo trovato che l'attività della LIP diminuisce a ritmo costante tra i due movimenti oculari”, spiegato Geoffrey Ghose, professore di neuroscienze dell'Università del Minnesota e coautore dell'articolo. “In sostanza, la capacità di percepire internamente il passaggio del tempo era legata al fatto che questi neuroni fossero più o meno attivi. È come se l'attività di questi neuroni facesse da clessidra”.
La correlazione è risultata così precisa che il grado di attività della LIP consentiva di prevedere l'istante in cui sarebbe avvenuto il movimento oculare successivo. Inoltre, le modalità di attivazione di questa regione neuronale portano a due conclusioni. La prima è che la LIP segnali sia l'quando deve iniziare il movimento oculare verso un bersaglio sia quanto tempo deve durare la fissazione prolungata di un altro. La seconda è che il meccanismo studiato è il frutto dell'orchestrazione di popolazioni neurali diverse, ognuna delle quali si attiva in funzione del punto osservato, secondo in concetto di campo recettoriale ben noto negli studi della percezione. Non esisterebbe, in definitiva, un unico segnale globale in grado di "battere il tempo" in ogni circostanza.
http://www.lescienze.it/news/2012/11/01/news/orologio_interno_neuroni_test_scimmie_clessidra-1342804/