Sembra strano, nel terzo millennio, dover ancora star a parlare dei diritti delle donne nel mondo occidentale. Eppure è quanto mai attuale. Per quanto sia ormai largamente secolarizzato, il vecchio continente presenta ancora numerose realtà in cui una parità effettiva è lontana dal concretizzarsi. E le Chiese cristiane portano il loro fardello di responsabilità.
Non tutte, beninteso. Il luteranesimo ha fatto passi da gigante, e una reale uguaglianza è ormai un dato di fatto anche all’interno delle sue Chiese nazionali: le donne possono non solo essere elette vescovo, ma ricoprono talvolta l’incarico anche in sedi episcopali di assoluto prestigio. La Chiesa anglicana si è invece fermata a metà strada, negando alle donne l’accesso all’episcopato. Da ultimo vengono la Chiesa ortodossa e quella cattolica, per le quali non è nemmeno all’ordine del giorno la possibilità di accedere al sacerdozio.
Non è una coincidenza: più un paese si secolarizza, più si secolarizza anche la propria Chiesa tradizionale. Pena la perdita di influenza, come accaduto al cattolicesimo francese. Il ragionamento sembra valere anche all’inverso: meno secolarizzato è un paese, e più le donne sono discriminate. Si pensi al mondo islamico.
E il nostro paese com’è messo? A sua volta male, si direbbe. Siamo precipitati all’ottantesimo posto al mondo nel Global Gender Gap, preceduti da Botswana, Perù e Cipro. Le donne continuano a essere pesantemente discriminate, il loro accesso alle istituzioni viene sovente negato, le violenze nei loro confronti aumentano. Tollerate dalle stesse gerarchie ecclesiastiche: di pochi giorni fa è l’inchiesta che ha mostrato come i parroci napoletani, alle donne vittime di percosse, consiglino ancora “la sopportazione”.
“Mollate sia i mariti che i parroci”, è invece il nostro consiglio. Per carità, anche il “nuovo” mondo dei non credenti sconta in parte l’eredità di millenni di società maschiliste. L’ultimo numero del Free Inquiry, la più diffusa rivista incredula del pianeta, è stato dedicato proprio ad affrontare in modo critico questo tema, presentando interessanti articoli di autorevoli personalità scettiche quali Melody Hensley, Ophelia Benson, Jennifer McCreight, Rebecca Watson, Susan Jacoby, Sikivu Hutchinson, Wafa Sultan, Jennifer Michael Hecht.
Ma, per l’appunto, il fatto che le voci femminili atee e agnostiche siano così numerose mostra già quanto assai più accogliente sia la miscredenza. Del resto, il mondo umanista organizzato è guidato, a livello internazionale, proprio da una donna, la belga Sonia Eggerickx. Non c’è dunque paragone con la diffusissima misoginia religiosa. Il problema è semmai far percepire la differenza a quei quasi due miliardi di donne che vivono prive di diritti, e che ciononostante continuano a testimoniare la propria appartenenza alla fede che le discrimina.
Solo in un quadro di laicità delle istituzioni i diritti delle donne trovano riconoscimento. E questo è un altro contesto in cui siamo chiamati a muoverci. Di laicità al femminile se ne parlerà sabato a Roma. La partecipazione è benvenuta, le proposte per agire anche.