Dall'analisi delle onde sismiche ad alta frequenza presenti nel continuo rumore sismico di fondo generato dal movimento delle masse oceaniche e dalle variazioni nella pressione atmosferica è possibile ottenere una "fotografia" dell'interno del pianeta, e in particolare del mantello, più accurata di quella ricavabile dall'analisi delle onde sismiche prodotte dai terremoti (red)
Sfruttando il rumore sismico di fondo che percorre costantemente il globo è possibile ottenere una “fotografia” ad alta risoluzione della struttura interna più profonda del pianeta, ben più accurata di quella finora ricavata dallo studio delle onde sismiche prodotte di terremoti. A dimostrarlo è uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Istituto di scienze della Terra dell'Università di Grenoble, illustrato in un articolo a prima firma dell'italiano Piero Poli, pubblicato su “Science”.
La tecnica ha permesso di definire con precisione la struttura della zona di transizione fra il mantello superiore e quello inferiore della Terra, fra i 410 e i 660 chilometri, scoprendo che presenta due fasce di discontinuità: la prima e più superficiale di 15 chilometri di spessore che si estende dai 405 ai 420 chilometri di profondità, e la seconda, di 4 chilometri di spessore, fra i 650 e i 654 chilometri.
Lo studio della zona di transizione è di particolare interesse perché ha un ruolo importante nella dinamica della Terra, influenzando i processi di convezione all'interno del mantello e rallentando la subduzione delle placche e la salita dei pennacchi magmatici.
Tuttavia, riuscire a tracciare una mappa generale e definire la struttura di questa zona è molto difficile. Per sondare l'interno della Terra di solito si sfruttano sfruttate le onde generate dai terremoti, che fungono come una sorta di sonda all'interno del pianeta. I terremoti però non si distribuiscono in modo uniforme sulla superficie terrestre, lasciando quindi "in ombra" ampie parti dell'interno del globo. Inoltre, spesso le eccessive incertezze sulla posizione esatta e sui processi di frattura delle placche coinvolti dal terremoto impediscono di fare un buon uso tomografico dei dati
raccolti.
Recentemente è stato ipotizzato che per ricavare informazioni sulla velocità delle onde sismiche e sulle variazioni nella loro ampiezza, si possa utilizzare, al posto dei terremoti o di altre sorgenti attive, il rumore sismico di fondo. Questo rumore è determinato in primo luogo dagli spostamenti e dalle variazioni di massa e volume degli oceani e dai disturbi atmosferici, e percorre costantemente la Terra. Poiché queste fonti si trovano sulla superficie terrestre, il rumore è fortemente dominato dalle onde sismiche di superficie, circostanza che ha reso possibile lo sviluppo di tecniche di imaging sismico della struttura interna più superficiale del globo, ma non permette di scrutare un profondità.
Per eseguire una tomografia delle regioni più interne del pianeta è dunque necessario identificare la parte del rumore di fondo dovuta a onde di frequenza maggiore rispetto a quelle di superficie, le cosiddette onde di corpo, che sono in grado di attraversare l'intero volume della Terra, venendo variamente riflesse o distorte dai suoi strati interni.
Piero Poli e colleghi sono appunto riusciti nell'intento di filtrare queste onde e di analizzarne il significato, testando i loro modelli sulla base dei dati registrati dal gennaio al dicembre 2008 dalla rete di rilevazione dell'esperimento POLENET/LAPNET, in Finlandia, e confrontandoli con quella di una serie di stazioni di rilevamento sismico permanente.
http://www.lescienze.it/news/2012/11/28/news/tomografia_sismica_mantello_discontinuit_rumore_di_fondo-1389378/