L’astrofisica pubblica un nuovo libro in difesa della libertà di ricerca. Per proteggerla dagli attacchi della Chiesa e di questa classe politica
«La scienza cerca di scoprire quali sono le leggi che regolano l’universo, il nostro pianeta, il nostro corpo mediante osservazioni ed esperimenti. La conoscenza scientifica rende liberi, ci sottrae alle paure, a quel terrore che i nostri antenati provavano davanti a fenomeni naturali inusuali, come l’apparizione di una cometa, un’eclisse di luna o peggio ancora il sole», scrive Margherita Hack a incipit del suo nuovo libro Sotto una cupola stellata (Einaudi) scritto con Marco Santarelli e che la scienziata presenterà ail 24 novembre al Pisa Book festival e poi a Più libri più liberi, la kermesse della piccola e media editoria che si tiene a Roma dal 6 al 9 dicembre. «La curiosità che caratterizza la razza umana l’ha portata, attraverso secoli di informazioni, a decifrare pian piano il libro dell’universo», ricorda l’astrofisica più famosa d’Italia che, appena festeggiati i suoi primi 90 anni «laici e ribelli», torna a scrivere per dissipare ogni diffidenza verso la ricerca scientifica; in Italia, spesso, bersaglio di attacchi inusitati da parte di «una classe politica ignorante che spesso si vanta di non saper nulla di matematica e fisica, una classe politica- stigmatizza la Hack – che dal 1945 non era mai stata di così basso livello». Senza contare che in Italia la ricerca è presa di mira dalla Chiesa, «che contribuisce a diffondere un sentimento antiscientifico. Papa Ratzinger – sottolinea la studiosa fiorentina – non perde occasione per dire che gli scienziati sono avidi e arroganti e vogliono sostituirsi a Dio». Aggiungendo a queste parole una sua personale e acuta lettura di un episodio cardine dell’Antico Testamento, quello di Eva e della famigerata mela, che ci vorrebbe tutti irrimediabilmente segnati dal peccato originale e, per questo, originariamente violenti e “cattivi”.
«Nella Bibbia Eva è rappresentata come peccatrice che ha traviato anche il suo compagno Adamo. Per questo si dice che fu cacciata dal paradiso terrestre. Invece – rilancia la Hack -, se proprio si vuole prendere in considerazione queste che per me son solo favole, allora valorizziamo la curiosità della nostra mitologica madre Eva, che volle mangiare il frutto della conoscenza disobbedendo all’autorità. E poi- aggiunge- visto che parlano tanto di un Dio padre amorevole, se fosse un padre davvero dovrebbe essere contento che i suoi figlioli cerchino di imitarlo e magari di fare meglio di lui». Dunque per Margherita Hack non c’è nessuna possibilità di coniugare scienza e religione come vorrebbe fare una parte della Chiesa oggi? «Scienza e religione toccano piani completamente diversi: la scienza cerca di scoprire le leggi, come è fatto l’universo, come si è evoluto, come funziona il nostro corpo e soprattutto il nostro cervello e la nostra mente. La religione cerca di rispondere al perché e, nel farlo, si fonda su atti di fede non dimostrabili scientificamente. Il fatto di credere o non credere in Dio è una faccenda puramente personale. Ma la religione non può e non deve interferire nella ricerca, che chiede una mente libera da dogmi e da credo indimostrabili. Personalmente reputo che uno scienziato non possa riporre fiducia in un Dio che gli spiega tutto in maniera un po’ puerile.
Sarebbe come credere all’esistenza della Befana e di Babbo Natale». Quanto all’etica e alla morale?
«Io penso che l’etica non sia appannaggio esclusivo dei credenti. Di più: ritengo che l’etica di un non credente sia più pura e disinteressata di quella di un credente che si comporta bene perché spera nella ricompensa e teme la punizione nell’al di là».
http://www.left.it/2012/11/15/hack-90-anni-laici-e-ribelli/7421/