Su Die Welt l’intervista all’abate Franz Schmidberger, primo successore di Lefebvre: «Se Roma ci chiede di accettare tutto il Concilio incondizionatamente, non vedo una possibilità di riconciliazione» Andrea Tornielli Città del Vaticano
Nelle scorse settimane il vescovo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X, aveva dichiarato, nel corso di un’omelia tenuta durante un viaggio negli Stati Uniti, che il «preambolo dottrinale» proposto dalla Santa Sede ai lefebvriani non poteva essere sottoscritto nella sua attuale stesura.
Quell’affermazione, che non significava la fine del dialogo con la Santa Sede, viene ora ripetuta e precisata ulteriormente dall’abate Franz Schmidberger, che fu il primo successore dell’arcivescovo Marcel Lefebvre ed è stato tramite per i contatti tra il Vaticano e la Fraternità. L’abate ha concesso una lunga intervista al vaticanista Paul Badde, pubblicata il 13 febbraio su Die Welt (http://www.welt.de/print/die_welt/politik/article13865219/Gott-laesst-uns-nicht-fallen.html), confermando che i lefebvriani non sono disposti a riconciliarsi con il Papa «ad ogni prezzo», come sintetizza il quotidiano tedesco.
Quell’affermazione, che non significava la fine del dialogo con la Santa Sede, viene ora ripetuta e precisata ulteriormente dall’abate Franz Schmidberger, che fu il primo successore dell’arcivescovo Marcel Lefebvre ed è stato tramite per i contatti tra il Vaticano e la Fraternità. L’abate ha concesso una lunga intervista al vaticanista Paul Badde, pubblicata il 13 febbraio su Die Welt (http://www.welt.de/print/die_welt/politik/article13865219/Gott-laesst-uns-nicht-fallen.html), confermando che i lefebvriani non sono disposti a riconciliarsi con il Papa «ad ogni prezzo», come sintetizza il quotidiano tedesco.
Schmidberger racconta: «Il 14 settembre 2011 il cardinale Levada ha presentato a monsignor Fellay un “preambolo dottrinale”, la cui accettazione è la condizione per un riconoscimento canonico della Fraternità. Ci siamo largamente consultati su questo testo e siamo giunti alla conclusione che non è accettabile». L’abate aggiunge di aver recapitato personalmente a Roma, il 1° dicembre, la risposta di Fellay, e – su richiesta delle autorità vaticane – di aver fatto arrivare una chiarificazione in merito a quella prima risposta. «Ora stiamo aspettando con grande trepidazione la risposta della Congregazione per la dottrina della fede».
Rispondendo sulle imbarazzanti esternazioni del vescovo lefebvriani Richard Williamson, Schmidberger afferma: «Non sono un profeta, ma credo che durante la discussione sulla struttura canonica per la Fraternità, che non avverrà certamente in una sola sessione, coloro che vi prenderanno parte parleranno del vescovo Williamson. Sicuramente ci si può aspettare da lui che obbedisca alle istruzioni del superiore generale».
Il primo successore di Lefebvre afferma anche che lo stesso fondatore della Fraternità aveva ben chiaro come «l’attuale ecumenismo sotto il segno del relativismo religioso, la libertà religiosa, il frutto della quale è il secolarismo odierno, e la collegialità, che paralizza completamente la vita della Chiesa, sono per noi inaccettabili». E che questi problemi permangono anche oggi.
Sul tema cruciale della libertà religiosa, Schmidberger dice: «La libertà religiosa non è, innanzitutto, una questione di pratica, ma di dottrina. La condanna della libertà religiosa da parte dei Papi non ha mai implicato la volontà di costringere gli altri ad accettare la religione cattolica, ma ha implicato che uno stato, nel quale la maggioranza della popolazione è cattolica, debba riconoscere che la religione cattolica è quella rivelata da Dio. Allo stesso tempo, può benissimo tollerare le altre religioni e confessioni e anche anche stabilire questa tolleranza nelle leggi civili». Ma, aggiunge, «l’errore non ha mai un diritto naturale».
L’abate, rispondendo a una domanda sui rischi di una separazione permanente da Roma, dichiara: «Un caso di emergenza è un caso di emergenza, è anormale e aspira alla normalizzazione. Come possiamo, però, arrivare a un accordo con incontri come quello di Assisi, che implicitamente (non esplicitamente!) sostengono che tutte le religioni sono vie di salvezza? Noi certamente soffriamo per la nostra situazione attuale, ma soffriamo infinitamente di più per questo indifferentismo religioso che porta un numero incalcolabile di anime alla perdizione».
Quanto al dissenso e alla contestazione attraversa le Chiese del nord Europa, Schmidberger aggiunge: «La Fraternità rappresenterà un grande sostegno per il Papa nel risanare lo scisma latente che è presente ovunque in Europa a causa delle forze centrifughe, come ad esempio accade in Austria». Il problema della Chiesa «non è la Fraternità, ma i teologi modernisti e il collasso della vita della Chiesa a partire dal Concilio».
A quali condizioni, dunque, i lefebvriani sono disposti all’accordo con la Santa Sede? «Se le autorità romane, per il riconoscimento canonico della Fraternità, non ci richiedono qualcosa che è contrario all’insegnamento tradizionale e alla prassi della Chiesa, non ci saranno grandi difficoltà per la regolarizzazione. Se, invece, Roma ci chiedesse di accettare tutto il Concilio incondizionatamente, non vedo una possibilità di riconciliazione».
Si può dunque supporre la formulazione del preambolo dottrinale presentato da Roma alla Fraternità e non ancora pubblicato, contenga passaggi riguardanti il Concilio che i lefebvriani non ritengono di poter sottoscrivere, pur manifestando il desiderio di giungere a una regolarizzazione canonica e alla piena comunione con il Papa. Ora è la Santa Sede a dover decidere come replicare alla loro risposta negativa sul testo consegnato lo scorso 14 settembre.