martedì 28 febbraio 2012

Tutta la verità (?) sull’Ici alle scuole private

Sarà facile per gli istituti cattolici evitare l’assedio fiscale. Ecco perché
La montagna rischia, ancora una volta, di aver partorito il consueto topolino: già, perché il veloce dietrofront, o meglio la precisazione di Mario Monti in persona rispetto alla normativa delle esenzioni Imu alle scuole private, cattoliche perlopiù in Italia, chiude una partita che si era annunciata ghiotta. Finalmente, dicevano i più favorevoli ad un esito di questo tipo, anche le scuole cattoliche dovranno pagare le imposte sugli immobili che occupano: essendo peraltro in massima parte degli organismi che tendono al profitto, che producono lucro, la tassazione sarebbe stata più che corretta.


LA PRECISAZIONE – Il presidente del Consiglio in persona, Mario Monti, si è mosso per chiarire quali siano i termini della normativa che il governo si appresta ad approvare: la norma. “Appare del tutto ragionevole”, ha detto ieri Mario Monti in Senato, “considerare strettamente necessari» alcuni parametri, affinchè gli istituti scolastici ottengano l’esenzione dal pagamento dell’imposta. In particolare «l’attività paritaria, rispetto a quella statale – spiega il premier – è valutata positivamente se il servizio effettivamente presentato è assimilabile a quello pubblico, sotto il profilo dei programmi di studio e delle rilevanza sociale, dell’accoglienza di alunni con disabilità, nell’applicazione della contrattazione collettiva del personale docente e non docente”: dunque, da un punto di vista formale, proprio come una scuola del servizio scolastico pubblico; ancora, e qui casca l’asino, “Per beneficiare dell’agevolazione, inoltre, l’ente dovrà pubblicare «il bilancio e le caratteristiche della struttura, tale da preservare senza dubbi la finalità non lucrativa. Eventuali avanzi – prosegue il ministro – non devono rappresentare profitto ma un sostegno destinato alla gestione delle attività didattiche. Non si tratta di circoscrivere a uno specifico settore, quale quello scolastico ma, la contrario, l’iniziativa serve a consolidare una giurisprudenza e una prassi”. Dunque deve esserci sostanzialmente attività priva di profitto, ed ogni avanzo iscritto a bilancio deve essere reinvestito in sostegno alla didattica.

E LA CONTRADDIZIONE – La contraddizione della scelta di Mario Monti la spiegava ieri in un editoriale apparso su queste pagine Andrea Mollica: “Le scuole cattoliche svolgono un servizio pubblico, come del resto tanti altri privati che pagano regolarmente tutte le tasse. Concedere loro un beneficio fiscale indebito vorrebbe dire ancora una volta penalizzare altri enti della stessa natura che invece non hanno la fortuna, o il privilegio, di essere legati al clero. Nessuna prima casa permette di far profitti, ma l’Ici è stata, anche giustamente, reintrodotta. Finché varrà sempre la pena dal punto di vista fiscale farsi una cappella nella propria abitazione o nel proprio negozio l’Italia non sarà mai un paese equo”, scriveva Mollica su queste pagine. E il punto è proprio questo: legare la possibilità di fruire dell’esenzione alla presenza o meno di profitti iscritti a bilancio significa non aver presente la realtà, perché nemmeno le aziende iscrivono profitti a bilancio, preferendo invece iscrivere tutto ad investimento grazie al più favorevole regime fiscale. Analogamente, c’è da dirlo, basterà a qualsiasi scuola privata cattolica (o laica: bisogna infatti ricordare che l’esenzione non riguarda strettamente le scuole confessionali, anche una cooperativa non-profit può aprire un istituto scolastico piuttosto che un asilo. Resta il fatto che in Italia la stragrande maggioranza delle scuole private sono cattoliche) rimodulare il proprio piano dell’offerta formativa per l’anno successivo – in base agli introiti dell’anno in corso – attivare tre o quattro nuovi progetti didattici accessori all’attività curricolare, finanziarli a dovere per poter iscrivere agevolmente tutti i fondi che potrebbero essere tassabili sotto il capitolo “sostegno didattico”.

I PROGETTI DI SVILUPPO – Già attualmente, stante l’autonomia scolastica, ogni singolo istituto può attivare le offerte che ritiene essere maggiormente compatibili con il proprio territorio. Qualche esempio, facilmente reperibile in rete, da scuole private o pubbliche che siano, dimostra come non serva che la fantasia per attivare corsi di potenziamento, di approfondimento, di sostegno a determinate aree didattiche. Presso il prestigioso liceo Beccaria di Milano, statale, ci sono progetti attivabili dalla scuola per più di due pagine di allegati al progetto formativo, fra gare sportive, viaggi di istruzione, avviamento al diritto, i consueti giochi matematici, e laboratori teatrali. L’Istituto Cristo Re di Roma, storico collegio cattolico, propone quattro tipi di progetti estranei alla didattica curricolare, fra cui un “seminario sulla legalità, col coinvolgimento e la collaborazione di genitori magistrati per alunni delle medie e delle superiori; educazione alla salute, sull’alimentazione e sulle dipendenze, con la partecipazione di esperti del CENPIS; seminario su famiglia e bioetica per i ragazzi del triennio; famiglia ed emergenza educativa”. Al Sacro Cuore di Trento, liceo paritario recentemente operativo con gli indirizzi Tecnico del Turismo, della Grafica e Comunicazione, delle Scienze Umane, ci sono gli stage per gli alunni da organizzare, così come i progetti di intercultura e i corsi di lingua; insomma, di modi per rimpolpare il piano dell’Offerta Formativa in modo da reinvestire gli utili in eccesso e così poter evitare l’esenzione fiscale ce ne sono, e molti, senza bisogno di cercare. In effetti, l’intera impostazione appare avere un senso: per usufruire dell’agevolazione, le scuole devono pubblicare i loro bilanci e rendersi effettivamente attività non commerciali, rinunciando ad accantonare fondi e reinvestendoli invece nella didattica.

NODI DA SCIOGLIERE – Le criticità però permangono. Ad esempio, chi controlla che i fondi messi a bilancio per il finanziamento dei progetti e il sostegno alla didattica siano effettivamente poi spesi per quei fini, che i progetti partano e che, così, la legge non sia alla fine evasa? Come abbiamo visto, le scuole private – che sono autonome per definizione – possono fornire ai propri alunni i progetti che vogliono; in questi potranno impiegare i propri fondi, così da certificarsi come enti effettivamente privi di tensione al lucro. Partire dal bilancio come dato di fatto, applicando, sostanzialmente, alle scuole private la stessa agevolazione fiscale sugli “utili reinvestiti”, potremmo così dire, è una buona idea, o non sarebbe meglio invece partire dalla presenza o meno di utile e distribuire l’agevolazione solo alle scuole realmente in difficoltà, lasciando le altre a poter decidere se sopportare una maggiore pressione fiscale e mantenere invariata l’offerta formativa “potenziata”, o ridurla, visto che comunque è disponibile per tutti la scuola pubblica e quindi il diritto all’istruzione è comunque salvaguardato? Secondo problema: in questa discussione sull’Imu si è affrontato solamente una parte della questione del peso economico e fiscale della Chiesa cattolica e delle sue varie derivate sull’economia nazionale. Sgravio fiscale sì, sgravio fiscale no, è solamente una delle questioni all’ordine del giorno, soprattutto in tempi di spending review.


Questi dati vengono pubblicati dal notiziario di Fidae, la sigla che riunisce e rappresenta le tantissime scuole private cattoliche italiane, e mostra come il finanziamento statale alle scuole parificate, dunque private e certificate, valevoli nel sistema scolastico nazionale, sia praticamente invariato da cinque anni: stabilmente cinquecento milioni di euro, e qualche spicciolo che sale e che scende: anche nel 2011, come si legge, sebbene si sia sotto la soglia dei 500, ci sono quasi 30 milioncini avanzati ed accantonati. Ora, le necessità di fondi in questo senso è diminuita, e questi soldi si possono tagliare, oppure è aumentata, magari, o è rimasta invariata? Ed in questo senso, terzo, viene in rilievo il paragone con i dormitori della Bocconi, che pur parte di un’attività esente dall’Ici-Imu perché di funzionalità didattica, sono strutture accessorie all’università in senso stretto: i pensionati, i collegi, i dormitori delle scuole cattoliche, sono da considerarsi coperti o esenti dall’imposta? Tutto, dunque, ancora da precisare.

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http://www.giornalettismo.com/archives/206845/tutta-la-verita-sullici-alle-scuole-private/