giovedì 11 aprile 2013

“Islamofobia” e critica dell’islam

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Nathan Lean, re­dat­to­re capo del net­work Aslan Media de­di­ca­to alle no­ti­zie dal Medio Orien­te, at­tac­ca gli espo­nen­ti del new athei­sm Ri­chard Da­w­kins, Sam Harris e Chri­sto­pher Hit­chens ac­cu­san­do­li di “isla­mo­fo­bia”. L’at­ten­ta­to ter­ro­ri­sti­co alle Torri Ge­mel­le ha for­ni­to l’oc­ca­sio­ne a questi in­tel­let­tua­li di cri­ti­ca­re anche l’i­slam. “I nuovi atei si sono uniti al coro cre­scen­te gli odia­to­ri di isla­mi­ci”, scrive, “met­ten­do in­sie­me la loro re­pul­sio­ne per la re­li­gio­ne in ge­ne­ra­le con un av­ver­sio­ne par­ti­co­la­re per l’i­slam”. La cri­ti­ca alla re­li­gio­ne sa­reb­be “sci­vo­la­ta senza so­lu­zio­ne di con­ti­nui­tà in xe­no­fo­bia verso l’im­mi­gra­zio­ne isla­mi­ca o la pra­ti­ca del velo”, por­tan­do a ge­ne­ra­liz­za­zio­ni e un ac­ca­ni­men­to ri­te­nu­ti raz­zi­sti, nonché alla difesa sper­ti­ca­ta di Israe­le. E Lean prende come esempi le espres­sio­ni usate da Sam Harris nel suo Let­te­ra a una na­zio­ne cri­stia­na, che ac­co­sta alle “chiac­chie­re pseudo psi­co­lo­gi­che” di Pamela Geller, nota blog­ger della destra sta­tu­ni­ten­se.

Anche vari tweet e di­chia­ra­zio­ni di Da­w­kins ven­go­no presi di mira. Come quando so­stie­ne che l’i­slam è “oggi la più grande forza del male” e scrive di non poter citare di pre­ci­so il Corano perché non l’ha letto, e di non aver bi­so­gno di leg­ger­lo per cri­ti­car­lo come di “non aver bi­so­gno di leg­ge­re il Mein Kampf per avere un’o­pi­nio­ne sul na­zi­smo”. In oc­ca­sio­ne di un di­bat­ti­to or­ga­niz­za­to da un gruppo isla­mi­co presso l’U­ni­ver­si­ty Col­le­ge di Londra con il fisico Lau­ren­ce Krauss, in cui donne e uomini sono stati divisi per i posti a sedere, Da­w­kins aveva par­la­to di “apar­theid ses­sua­le”. Lent ac­co­sta Da­w­kins a Geert Wil­ders, leader del­l’ul­tra-de­stra olan­de­se an­ti-islam. “Non è ra­zio­na­le o il­lu­mi­nan­te o ‘free thin­king’ e nem­me­no in­tel­li­gen­te. È op­por­tu­ni­smo”, con­clu­de ac­cu­san­do­li di flir­ta­re con i peg­gio­ri isla­mo­fo­bi, gli stessi che magari cri­ti­ca­no la mi­li­tan­za atea.
 
"La cri­ti­ca dei com­men­ta­to­ri fi­lo-isla­mi­ci (e fi­lo-ara­bi) ai nuovi atei si fa po­li­ti­ca"
 
La cri­ti­ca dei com­men­ta­to­ri fi­lo-isla­mi­ci (e fi­lo-ara­bi) ai nuovi atei si fa po­li­ti­ca. Mur­ta­za Hus­sain, re­dat­to­re per Al Ja­zee­ra, rin­ca­ra la dose, ac­co­stan­do le cri­ti­che del new athei­sm al­l’i­slam al “raz­zi­smo scien­ti­fi­co” di Chri­sto­pher Mei­ners. Salto un po’ az­zar­da­to, visto che si tratta di uno scrit­to­re della fine del Set­te­cen­to, so­ste­ni­to­re del po­li­ge­ni­smo tra bian­chi e neri ben prima della for­mu­la­zio­ne della teoria evo­lu­ti­va. L’ac­cu­sa ri­vol­ta a Da­w­kins, Hit­chens e in par­ti­co­la­re Harris è di di­pin­ge­re gli isla­mi­ci come “bar­ba­ri” e di giu­sti­fi­ca­re la tor­tu­ra e gli at­tac­chi contro i mu­sul­ma­ni. L’i­slam, ci tiene a pre­ci­sa­re, non è una razza: ma nes­su­no di quelli che ven­go­no chia­ma­ti in causa lo ha so­ste­nu­to, né po­treb­be farlo.
 
Gleen Gree­n­wald, gior­na­li­sta sta­tu­ni­ten­se li­be­ral che scrive sul Guar­dian, ap­pro­va il com­men­to di Hus­sain e con un tweet parla di “bi­got­te­ria” dei “nuovi atei”. Gree­n­wald e Harris hanno uno scam­bio di email, che il primo com­men­ta ri­ba­den­do di essere d’ac­cor­do con la tesi ge­ne­ra­le espres­sa su Al Ja­zee­ra e su Salon se­con­do cui gli in­tel­let­tua­li atei “hanno flir­ta­to con, a volte ab­brac­cian­do­lo vi­go­ro­sa­men­te, una ani­mo­si­tà an­ti-isla­mi­ca ir­ra­zio­na­le”. Ma ci tiene a pre­ci­sa­re, viste le po­le­mi­che su in­ter­net, di non averlo mai ac­cu­sa­to di “raz­zi­smo”, “ma piut­to­sto che lui e altri come lui but­ta­no fuori e pro­muo­vo­no l’i­sla­mo­fo­bia sotto forma di atei­smo ra­zio­na­le”. Gree­n­wald con­te­sta a Harris l’ac­ca­ni­men­to troppo in ge­ne­ra­le verso i mu­sul­ma­ni. In par­ti­co­la­re l’aver giu­sti­fi­ca­to in casi estre­mi la tec­ni­ca del wa­ter-boar­ding per i ter­ro­ri­sti, per aver preso le parti degli israe­lia­ni contro i pa­le­sti­ne­si so­ste­nen­do che i primi cer­ca­no di evi­ta­re l’uc­ci­sio­ne di civili mentre gli isla­mi­ci in­ten­zio­nal­men­te col­pi­sco­no la po­po­la­zio­ne, fino alla pro­po­sta di sche­da­tu­ra (pro­fi­ling) per i mu­sul­ma­ni o che po­treb­be­ro ap­pa­ri­re tali (tra cui met­te­va egli stesso) al fine di mi­glio­ra­re la si­cu­rez­za negli ae­ro­por­ti. Schiac­cia­re i nuovi atei su po­si­zio­ni di destra fi­lo-ame­ri­ca­na e an­ti-isla­mi­ca d’al­tron­de è una ca­ri­ca­tu­ra: a dire il vero esi­sto­no anche in­tel­let­tua­li non cre­den­ti che anzi si ca­rat­te­riz­za­no per po­si­zio­ni op­po­ste, for­te­men­te cri­ti­che verso Israe­le e Usa, come Pier­gior­gio Odi­fred­di, solo per citare un caso ita­lia­no.
Harris con queste po­si­zio­ni ha su­sci­ta­to un ve­spa­io. Lui stesso ha cri­ti­ca­to i li­be­ral giu­di­can­do­li troppo soft verso i mu­sul­ma­ni in­te­gra­li­sti, ve­nen­do per contro ac­cu­sa­to di co­pri­re il mi­li­ta­ri­smo sta­tu­ni­ten­se e israe­lia­no e di essere su po­si­zio­ni neocon. Lo scrit­to­re ame­ri­ca­no ha ri­spo­sto alle con­te­sta­zio­ni, ri­te­nen­do che il suo pen­sie­ro e le sue af­fer­ma­zio­ni siano state di­stor­te nella vis po­le­mi­ca. Non si può negare che pro­prio Harris, come gli altri new atheists, abbia spesso cri­ti­ca­to il cri­stia­ne­si­mo de­di­can­do­gli interi libri, senza dover af­fron­ta­re tutte queste rea­zio­ni dai com­men­ta­to­ri li­be­ra­li e di si­ni­stra. Inol­tre Harris ha spesso ri­ven­di­ca­to il di­rit­to di cri­ti­ca nei con­fron­ti del­l’i­slam, de­nun­cian­do come sia facile bol­la­re qua­lun­que af­fer­ma­zio­ne di questo tipo come “isla­mo­fo­ba”. E ha difeso chi, come Ayaan Hirsi Ali, ha lot­ta­to contro la so­praf­fa­zio­ne su base re­li­gio­sa e per i di­rit­ti delle donne. Ma di certo sba­glia Harris nel so­ste­ne­re il pro­fi­ling su base re­li­gio­sa. E nel­l’a­li­men­ta­re astio e in­com­pren­sio­ni a colpi di tweet, con l’a­iu­to di Da­w­kins.

Si parla molto tra siti e blog di questa po­le­mi­ca. Robbi Ben­sin­guer, già attivo nella Se­cu­lar Al­lian­ce, fa notare come le stesse ci­ta­zio­ni di Harris siano state ri­por­ta­te in ma­nie­ra non cor­ret­ta e accusa Gree­n­wald e so­prat­tut­to Hus­sain di di­so­ne­stà in­tel­let­tua­le. E con­te­sta in un altro post pro­prio la de­fi­ni­zio­ne di “isla­mo­fo­bia”, spesso usata in ma­nie­ra stru­men­ta­le. Anche il bio­lo­go Jerry Coyne di­fen­de Harris, e par­ten­do pro­prio dal­l’at­tua­li­tà: l’im­po­nen­te ma­ni­fe­sta­zio­ne a Dhaka, in Ban­gla­desh, in cui cen­ti­na­ia di mi­glia­ia di isla­mi­sti sono scese in piazza chie­den­do la re­pres­sio­ne e la con­dan­na a morte per i blog­ger “atei”, ac­cu­sa­ti di aver offeso l’i­slam. Que­stio­ne che ab­bia­mo trat­ta­to, scri­ven­do al go­ver­no ita­lia­no, alle as­so­cia­zio­ni isla­mi­che in Italia e lan­cian­do una pe­ti­zio­ne. Anche l’Iheu ha lan­cia­to un ap­pel­lo e in­vi­ta­to alla mo­bi­li­ta­zio­ne in­ter­na­zio­na­le.
 
“È inim­ma­gi­na­bi­le”, scrive Coyne, che raduni di massa in cui si chiede l’im­pic­ca­gio­ne dei dis­si­den­ti rac­col­ga­no gli ade­ren­ti di altre re­li­gio­ni o che tali pre­te­se ar­ri­vi­no da cri­stia­ni in­te­gra­li­sti. La re­to­ri­ca contro il “co­lo­nia­li­smo” oc­ci­den­ta­le che su­bi­sco­no i popoli isla­mi­ci non regge, so­stie­ne, di fronte a si­tua­zio­ni del genere: in cui ci sono masse di estre­mi­sti isla­mi­ci che mi­nac­cia­no al­l’in­ter­no di un paese a mag­gio­ran­za mu­sul­ma­na una mi­no­ran­za laica au­toc­to­na, o che si sca­glia­no contro chi osa ab­ban­do­na­re l’i­slam. Coyne nota come le cri­ti­che al­l’i­sla­mo­fo­bia che gli viene at­tri­bui­ta — tale e quale per Da­w­kins, Harris e Hit­chens — pro­ven­ga­no anche da atei o laici. Com­men­ta­to­ri che si fanno pochi pro­ble­mi quando questi stessi po­le­mi­sti cri­ti­ca­no con forza il cri­stia­ne­si­mo o la Chiesa cat­to­li­ca, ma sal­ta­no sulla sedia quando si parla di islam af­fib­bian­do l’e­ti­chet­ta di “isla­mo­fo­bia”. Tra certi scet­ti­ci esiste un “doppio stan­dard”, seb­be­ne gli in­te­gra­li­sti isla­mi­ci siano oggi molto più feroci e “in ge­ne­ra­le si com­por­ti­no molto peggio ri­spet­to agli ade­ren­ti di altre fedi”. Coyne re­spin­ge al mit­ten­te le cri­ti­che di “raz­zi­smo”, ri­ven­di­can­do il di­rit­to di cri­ti­ca verso “una re­li­gio­ne i cui prin­ci­pi sono an­ti-de­mo­cra­ti­ci, an­ti-gay, contro le donne, contro la li­ber­tà di pen­sie­ro e i cui ade­ren­ti vo­glio­no im­por­re la loro mo­ra­li­tà basata sulla re­li­gio­ne al resto di noi”.
 
Coyne pre­ci­sa che il cri­stia­ne­si­mo e altre re­li­gio­ni hanno dif­fu­so molta vio­len­za, ma quella del­l’i­slam dà ef­fet­ti ne­fa­sti tut­to­ra. “Ci sono poche teo­cra­zie cri­stia­ne oggi, ma molte isla­mi­che”, ag­giun­ge, “vi sfido a leg­ge­re il Corano e a so­ste­ne­re che non è un libro scrit­to per ispi­ra­re odio e di­vi­sio­ne. L’ho letto. Non c’è niente del genere nel bud­d­hi­smo, o anche nella Bibbia, che può egua­gliar­lo”. I mu­sul­ma­ni mo­de­ra­ti di certo esi­sto­no, ri­co­no­sce, ma non si ma­ni­fe­sta­no e le poche voci ven­go­no in­ti­mi­di­te pro­prio dagli estre­mi­sti, che ten­go­no banco: “dove sono le cen­ti­na­ia di mi­glia­ia che pro­te­sta­no per la fatwa a Ru­sh­die, o per le mi­nac­ce di morte per i blog­ger laici?”.
 
"È sba­glia­to forse usare il ter­mi­ne isla­mo­fo­bia per ogni tipo di cri­ti­ca alla re­li­gio­ne isla­mi­ca"
 
È sba­glia­to forse usare il ter­mi­ne isla­mo­fo­bia per ogni tipo di cri­ti­ca alla re­li­gio­ne isla­mi­ca, come fa notare un in­te­res­san­te ar­ti­co­lo scrit­to a quat­tro mani da un at­ti­vi­sta laico ca­na­de­se, Jack­son Dou­ghart, e uno stu­den­te che vive in Iraq, Faisal Saeed al-Mu­tar. Anche perché è spec­chio di un ir­ri­gi­di­men­to del­l’i­slam, che appare in­ca­pa­ce di ac­cet­ta­re la libera di­scus­sio­ne sulla fede e re­la­ti­ve cri­ti­che come accade in Oc­ci­den­te. L’in­fluen­za di ter­mi­ni come “bla­sfe­mia” e “isla­mo­fo­bia” fi­ni­sce per fare il gioco del fon­da­men­ta­li­smo e toglie di­gni­tà pro­prio ai cre­den­ti mu­sul­ma­ni. In­fat­ti ri­spon­de alla logica del­l’in­te­gra­li­smo re­li­gio­so, che pre­ten­de di “in­fan­ti­liz­za­re” i propri ade­ren­ti “con­vin­cen­do­li che il pen­sie­ro cri­ti­co, spe­cial­men­te su ma­te­rie di fede, è im­mo­ra­le”. A questo at­teg­gia­men­to isla­mi­sta ne cor­ri­spon­de un altro da parte oc­ci­den­ta­le, ovvero ri­te­ne­re che gli isla­mi­ci “non siano ab­ba­stan­za maturi da ge­sti­re le cri­ti­che alle pro­prie cre­den­ze pre­di­let­te” e che “le loro sot­to­cul­tu­re siano ri­du­ci­bi­li a testi e pra­ti­che ar­cai­che”.
 
L’e­ti­chet­ta di isla­mo­fo­bia, in sé non ne­ces­sa­ria­men­te sba­glia­ta, sta di­ven­tan­do una co­per­tu­ra per zit­ti­re ogni cri­ti­ca al­l’i­slam, tant’è che viene con­te­sta­ta da più parti. Così come la cri­stia­no­fo­bia na­scon­de ormai il vit­ti­mi­smo cri­stia­no. Se­con­do Coyne la difesa a spada tratta del­l’i­slam in Oc­ci­den­te na­scon­de anche una ten­den­za pa­ter­na­li­sti­ca, nel senso che ven­go­no tol­le­ra­ti stan­dard etici e com­por­ta­men­ti che non sono per­mes­si ad altri con­cit­ta­di­ni anche quando cal­pe­sta­no i di­rit­ti umani. Pro­prio in nome di una “difesa di­stor­ta del mul­ti­cul­tu­ra­li­smo e del re­la­ti­vi­smo morale”. “Il mul­ti­cul­tu­ra­li­smo di­ven­ta pe­ri­co­lo­so quando porta qual­cu­no a chiu­de­re gli occhi di fronte agli aspet­ti di­strut­ti­vi di altre cul­tu­re”, am­mo­ni­sce Coyne, “aspet­ti che non do­vrem­mo ce­le­bra­re, ma ri­get­ta­re”. “Questa esal­ta­zio­ne del mul­ti­cul­tu­ra­li­smo ha di fatto di­ret­ta­men­te por­ta­to a una difesa acri­ti­ca del­l’i­slam”, ag­giun­ge il bio­lo­go. “Se esiste ef­fet­ti­va­men­te l’i­sla­mo­fo­bia, non è qual­co­sa che viene pra­ti­ca­to dai new atheists”, con­clu­de Coyne, “non è raz­zi­smo o bi­got­te­ria cri­ti­ca­re cat­ti­ve idee e com­por­ta­men­ti”.
 
"strana al­lean­za tra la si­ni­stra “ra­di­ca­le” e mo­vi­men­ti­sta con i gruppi fon­da­men­ta­li­sti"
 
Il pro­ble­ma è più ampio e ri­guar­da sia i li­be­ral, sia la si­ni­stra. Come scrive la fem­mi­ni­sta laica Me­re­di­th Tax sul suo blog, è “un im­pul­so na­tu­ra­le” quello di di­fen­de­re i mu­sul­ma­ni “dal­l’at­tua­le clima di cre­scen­te xe­no­fo­bia, di­scri­mi­na­zio­ne e at­tac­chi vio­len­ti in Europa e Nord Ame­ri­ca”. L’i­slam in Oc­ci­den­te viene spesso de­mo­niz­za­to in blocco e i ji­ha­di­sti sot­to­po­sti a trat­ta­men­ti fuori dalla legge e dai di­rit­ti ri­co­no­sciu­ti, questo è vero. “Ma di­fen­de­re i mu­sul­ma­ni dalla di­scri­mi­na­zio­ne non si­gni­fi­ca dare sup­por­to po­li­ti­co ad un quadro con­cet­tua­le di destra isla­mi­ca” che giu­sti­fi­ca la “jihad di­fen­si­va” o la se­gre­ga­zio­ne tra uomini e donne du­ran­te gli in­con­tri (come ac­ca­du­to nel di­bat­ti­to di Krauss). In questi anni si as­si­ste d’al­tron­de a una strana al­lean­za tra la si­ni­stra “ra­di­ca­le” e mo­vi­men­ti­sta con i gruppi fon­da­men­ta­li­sti, siano essi cri­stia­ni, isla­mi­ci, ebrei o isla­mi­ci. Al­lean­ze, rin­ca­ra Tax, che sono “tra­di­men­ti” sia per la mag­gio­ran­za dei fedeli, rap­pre­sen­ta­ti dagli estre­mi­sti e la­scia­ti in balia di questi, sia per i prin­ci­pi fon­da­men­ta­li della si­ni­stra, “dal mo­men­to che i mi­li­tan­ti di si­ni­stra sono i primi a essere uccisi quando i fon­da­men­ta­li­sti ar­ri­va­no al potere. Chie­de­te a qual­sia­si ira­nia­no”. Pro­prio la di­na­mi­ca della ri­vo­lu­zio­ne del 1979 a Te­he­ran deve far ri­flet­te­re: gli at­ti­vi­sti so­cia­li­sti e laici che lot­ta­va­no per la de­mo­cra­zia contro il regime dello scià Reza Pa­hla­vi sono stati presto mar­gi­na­liz­za­ti e per­se­gui­ta­ti pro­prio dai pa­sda­ran del­l’a­ya­tol­lah Kho­mei­ni. E uno schema simile ri­schia di ri­pe­ter­si anche nei paesi toc­ca­ti dalla pri­ma­ve­ra araba.
 
Eppure, anche nel­l’ul­ti­mo e for­tu­na­to libro del­l’au­to­re­vo­le stu­dio­sa Martha C. Nus­sbaum (La nuova in­tol­le­ran­za. Su­pe­ra­re la paura del­l’i­slam e vivere in una so­cie­tà più libera) si muove al­l’in­ter­no delle stesse coor­di­na­te. L’au­tri­ce stig­ma­tiz­za l’av­ver­sio­ne nei con­fron­ti del burqa e di una mo­schea a Ground Zero, ma si di­men­ti­ca com­ple­ta­men­te che sono pro­prio i non mu­sul­ma­ni che vivono in paesi a mag­gio­ran­za mu­sul­ma­na a non poter vivere, a causa del­l’i­slam, in una so­cie­tà più libera. Una doppia morale che non giova a nes­su­no, perché la pres­so­ché totale as­sen­za di cri­ti­che alla vio­la­zio­ne di fon­da­men­ta­li di­rit­ti umani giu­sti­fi­ca­te in nome della re­li­gio­ne non at­te­nue­rà in alcun modo i timori della destra iden­ti­ta­ria, né por­te­rà a più miti con­si­gli gli in­te­gra­li­sti, i cui at­teg­gia­men­ti estre­mi ven­go­no ben più che mi­ni­miz­za­ti.
In Gran Bre­ta­gna è in­di­ca­ti­va l’ascesa di Re­spect, for­ma­zio­ne an­ti­ca­pi­ta­li­sta vicina ai gruppi isla­mi­ci più in­te­gra­li­sti, pro­prio nelle roc­ca­for­ti la­bu­ri­ste che hanno ora una forte pre­sen­za di co­mu­ni­tà nate dal­l’im­mi­gra­zio­ne da paesi a mag­gio­ran­za isla­mi­ca e che si vanno ra­di­ca­liz­zan­do. Il paese ha sdo­ga­na­to da anni il mul­ti­con­fes­sio­na­li­smo ga­ran­ten­do pri­vi­le­gi e pre­ro­ga­ti­ve alle co­mu­ni­tà re­li­gio­se, cir­co­stan­za che ha fa­vo­ri­to la crea­zio­ne di ghetti iden­ti­ta­ri, piut­to­sto che la con­vi­ven­za pa­ci­fi­ca. Pre­oc­cu­pan­te anche la cre­sci­ta del­l’e­stre­ma destra an­ti-im­mi­gra­ti, con at­tri­ti so­prat­tut­to nelle pe­ri­fe­rie e nei quar­tie­ri dove si sono in­se­dia­te le co­mu­ni­tà pro­ve­nien­ti dal­l’e­ste­ro, in Gran Bre­ta­gna come in altri paesi del Nord Europa. Se è vero che la re­to­ri­ca dello “scon­tro di ci­vil­tà” pre­co­niz­za­to dal po­li­to­lo­go Samuel Hun­ting­ton ci spinge pro­prio verso il con­flit­to e scava ul­te­rio­ri fos­sa­ti tra cul­tu­re, lo stesso ef­fet­to ri­schia di darlo lo spe­cu­la­re at­teg­gia­men­to las­si­sta in cui sembra cadere so­prat­tut­to una certa si­ni­stra li­be­ral.
 
"ac­cet­ta­re la li­ber­tà di com­por­ta­men­ti che non ac­cet­te­reb­be­ro in altri gruppi umani"
 
Dove sba­glia­no per­so­ne come Gree­n­wald, Nus­sbaum e Lean è pro­prio qui: nella difesa della li­ber­tà di re­li­gio­ne dei mu­sul­ma­ni si spin­go­no fino ad ac­cet­ta­re la li­ber­tà di com­por­ta­men­ti che non ac­cet­te­reb­be­ro in altri gruppi umani, dal­l’o­mo­fo­bia alla di­scri­mi­na­zio­ne per genere. Gli stessi atei, nei paesi a mag­gio­ran­za isla­mi­ca, non solo non pos­so­no quasi mai cri­ti­ca­re l’i­slam, ma sono pas­si­bi­li di pena di morte in di­ver­si di essi. Non esiste nulla del genere in nes­su­na le­gi­sla­zio­ne nei con­fron­ti dei mu­sul­ma­ni. Non stiamo chie­den­do “re­ci­pro­ci­tà”, che è qual­co­sa di com­ple­ta­men­te sba­glia­to sia dal punto di vista delle re­la­zio­ni in­ter­co­mu­ni­ta­rie, sia — ancor di più — da quello del di­rit­to. Stiamo invece so­ste­nen­do che è miope far finta che non esi­sta­no si­tua­zio­ni come quelle appena de­scrit­te, e che è ancora peggio farlo in nome del­l’an­tim­pe­ria­li­smo o della tutela del più debole. Perché vi sono altri essere umani, ancora più deboli e ancora meno rap­pre­sen­ta­ti, che ne pa­ti­ran­no le con­se­guen­ze in qual­che angolo di quel paese. Per esem­pio il Ban­gla­desh: Gree­n­wald e Lean, pro­prio mentre scri­vo­no sui loro blog, non sem­bra­no mi­ni­ma­men­te sapere cosa vi stia suc­ce­den­do: non cre­den­ti e laici ves­sa­ti, in­ti­mi­di­ti e ar­re­sta­ti in massa su isti­ga­zio­ne dei leader isla­mi­sti.