A quindici anni dal caso Di Bella, l’opinione pubblica è nuovamente di fronte a una vicenda che mette in discussione il rapporto tra libertà di cura e libertà di sperimentazione. Soprattutto quando la prima riguarda minorenni e la seconda è condotta al di fuori del metodo di verifiche e controlli condiviso dalla comunità scientifica. Ancora una volta siamo “osservati speciali” dall’estero e ancora una volta gli osservatori non sono teneri nei nostri confronti.
Già alla fine degli anni Novanta in Italia i mass media diedero molto spazio al “metodo” del dottor Luigi Di Bella, che si sosteneva curasse i tumori. Anche i giudici consentirono la somministrazione di questa terapia. La questione fu strumentalizzata pure in senso politico, tanto che l’allora opposizione di centro-destra promosse manifestazioni per la “libertà” di cura, contro i vincoli imposti dalle regolamentazioni ministeriali. Nel 1998 il Ministero della Sanità, allora con a capo Rosy Bindi, su pressione dell’opinione pubblica decise di autorizzare la sperimentazione. L’anno dopo si dimostrò che la cura era inefficace, come riscontrato da uno studio pubblicato dal British Medical Journal proprio sui pazienti sottoposti al trattamento.
In queste settimane si assiste a un altro caso medico e mediatico simile a quello Di Bella, come rileva anche il medico Mario Riccio della Consulta di Bioetica, anestesista noto per il caso di Piergiorgio Welby. Le dinamiche si somigliano, oggi come nel 1999. Il noto programma di inchiesta Le Iene ha dato risalto a casi di bambini affetti da gravi malattie degenerative, le cui famiglie chiedono che venga somministrata la terapia ideata dal professor Davide Vannoni, descritta come efficace. Tuttavia, essa non è riconosciuta a livello ministeriale e non ha passato il vaglio dei controlli scientifici. Il tema è spinoso ed emotivamente coinvolgente: si parla di famiglie che hanno già tentato inutilmente cure standard per i loro figli, affetti da malattie anche incurabili, e che ripongono le loro uniche speranze in questa terapia. La cura di Vannoni, presidente della Stamina Foundation, si basa sull’utilizzo di cellule staminali adulte mesenchimali.
"Vannoni non sarebbe un medico ma un professore di psicologia della comunicazione"
Come ricostruisce il blog MedBunker, Vannoni non sarebbe un medico ma un professore di psicologia della comunicazione presso l’Università di Udine, e non avrebbe mai pubblicato i risultati delle sue ricerche e sull’efficacia delle sue cure. Nonostante ciò, da anni avrebbe uno studio in cui somministra queste terapie. Di recente alcuni magistrati hanno ordinato con provvedimento urgente che la sua cura venisse somministrata in alcuni casi. E sui media vengono amplificate le voci (anche famose) di chi richiede tali terapie. Il ministro della Sanità, l’ex presidente del Movimento ecclesiale di impegno culturale Renato Balduzzi, alla fine cede alla campagna per far somministrare una cura “compassionevole” alla piccola Sofia, autorizzando il metodo Vannoni nelle strutture pubbliche per decreto.
La comunità scientifica critica l’accondiscendenza del ministero di fronte alla campagna mediatica che sdogana queste terapie. Il Nobel Shinya Yamanaka, che ha ricevuto il prestigioso riconoscimento assieme a John Gurdon per i pionieristici studi sulle iPS (inducted pluripotent stemcells), si è fatto portavoce della “preoccupazione nella comunità scientifica internazionale”. Balduzzi ha replicato assicurando di non aver autorizzato “alcuna terapia non provata a base di staminali”, ma solo “concesso in via eccezionale la prosecuzione di trattamenti non conformi alla normativa vigente per i pazienti per i quali erano stati già avviati alla data di entrata in vigore del decreto, la maggior parte dei quali in applicazione di sentenze della magistratura, e ha contemporaneamente imposto uno stretto monitoraggio clinico dei casi in questione”.
Anche Elena Cattaneo, che dirige il centro ricerche sulle staminali dell’Università degli Studi di Milano, esprime un parere negativo ancor più netto. In particolare verso i promotori del metodo Stamina, “un ente dal nome taumaturgico” che da anni usa “presunte cellule staminali mesenchimali, isolate non si sa come, ipoteticamente purificate, preparate con un metodo invisibile, dotate di caratteristiche oscure”. Paragona la terapia Stamina all’”olio di serpente”, che non può essere autorizzato dai tribunali e dallo Stato: “oltre questi confini vivono incompetenti, sfruttatori, ciarlatani che giocano con la psicologia della speranza e raccontano “storie” invece di mostrare “prove”. E lucrano sulla credulità che la disperazione può alimentare. E’ etica medica questa?”. Una stoccata anche a Le Iene, che da anni danno risalto a queste terapie borderline, alimentando il sensazionalismo. Chi racconta certe “storie” “dovrà prendersi la responsabilità di fronte al pubblico anche dei messaggi che fa passare”. “Ricorrere a proposte di cure miracolistiche per malattie intrattabili che sfociano nell’alchimia e espongono al pericolo di menomazioni, tumori o danni peggiori non è il meglio che si possa fare, neanche per chi si ama”, conclude Cattaneo, “ed è comprensibile che non sempre si abbia la freddezza logica di capirlo ed accettarlo. La speranza è una cosa seria. Divulgarla coi piedi di piombo attraverso i canali onesti della comunicazione è dovere di tutti. Permettere che venga offesa è un delitto”.
"alternativa, secondo una logica aut-aut e la retorica della “difesa della vita”, quelle sulle staminali adulte"
La polemica continua, tanto che è intervenuta anche la prestigiosa rivista Nature con un editoriale per il prossimo numero che introduce un altro risvolto interessante: il ruolo del Vaticano nella questione. È noto che da anni la Chiesa è scesa in campo per ostacolare sul piano politico e delegittimare su quello scientifico le ricerche sulle cellule staminali embrionali. Per promuovere invece come alternativa, secondo una logica aut-aut e la retorica della “difesa della vita”, quelle sulle staminali adulte, tramite convegni e con l’attivismo della Pontifica Accademia per la Vita. Meno noto è che anche gruppi di integralisti cattolici come Militia Christi stiano sostenendo queste dubbie terapie con le staminali, affiancando le famiglie dei malati. E quindi facciano da sponda a chi, come Vannoni, le mette in pratica. L’opinione pubblica si fa l’idea che chi appoggia queste soluzioni sia umano e caritatevole perché comunque nutre la speranza dei malati; mentre il mondo scientifico e coloro che, pur comprendendo le motivazioni, invitano alla cautela passano per insensibili. Un meccanismo dal quale è difficile uscire.
Mesi fa, con l’assegnazione del Nobel sulle staminali riprogrammate, il quotidiano dei vescovi Avvenire cercò di arruolare alla causa proprio Yamanaka. Lui, sebbene si fosse posto problemi etici, riconosceva però che la ricerca sulle embrionali era indispensabile per far avanzare le conoscenze e mettere a punto eventuali terapie. Proprio Cattaneo aveva evidenziato gli ostacoli di natura religiosa posti alla ricerca sulle embrionali. E proprio il Vaticano, come riportava l’anno scorso Nature, aveva annullato una conferenza sulle staminali perché erano previsti scienziati e ricercatori coinvolti nella ricerca sulle embrionali.
Il nuovo affondo di Nature, si intitola non a caso Smoke and Mirrors, con riferimento alla “fumata” in Vaticano e agli specchietti per le allodole. La rivista contesta al Vaticano di aver aizzato le divisioni sulle staminali e di promuovere incautamente l’utilizzo di quelle adulte nella terapia clinica. Nei giorni scorsi si è svolto nella Città del Vaticano il secondo incontro internazionale sulle cellule staminali adulte. “Una performance messa in scena senza vergogna”, la stronca la rivista, in cui “bambini malati venivano fatti sfilare per la televisione, condividendo il palcoscenico con aziende che trattano le cellule staminali e con scienziati disperati nello spacciare il messaggio che le loro terapie dovessero essere subito introdotte per uso clinico”. Poco distante, il ministero apriva alle cure “compassionevoli”, il cui sdoganamento è auspicato proprio dagli stessi ambienti che frequentano la kermesse vaticana. Un modo di agire che “sfrutta la disperazione dei disabili e dei malati terminali” e “alimenta false speranze di cure veloci, come alcuni nell’incontro vaticano hanno provato a fare”. “È inoltre scorretto”, fa notare Nature, “provare a usare questi pazienti come animali da laboratorio bypassando le agenzie di regolamentazione, come sembra voglia fare il Parlamento italiano”.
"alcuni risultati su campi limitati, ma occorre cautela e servono molti più dati e ricerche"
In parte anche a causa dell’ostracismo della Chiesa cattolica sulle embrionali, proliferano laboratori che propongono soluzioni con le adulte anche per gravi malattie come l’Alzheimer o patologie cardiache (come fa proprio la Stamina Foundation). Alcune sono ammesse, altre “passano i radar sfruttando leggi che permettono le terapie compassionevoli” oppure “operando in paesi come Cina e Messico — e ora forse in Italia — dove la regolamentazione è meno stringente”. Il Vaticano — “scientificamente ingenuo”, rincara — “trova il concetto delle cellule staminali adulte allettante perché non sono coinvolti embrioni, ma ignora le implicazioni etiche della falsa speranza”. La sperimentazione sulle cellule staminali adulte sta dando alcuni risultati su campi limitati, ma occorre cautela e servono molti più dati e ricerche. E l’atteggiamento della Chiesa non aiuta.
Nonostante la ricerca di eccellenza in cui è spesso protagonista, il Paese “reale” mostra una marcata diffidenza nei confronti della scienza. Un fenomeno favorito da una insufficiente cultura scolastica, dal disinteresse (o peggio, dal sensazionalismo) dei mass media e dall’intenzione di molte forze politiche e morali di mantenerlo in una condizione di minorità. È in questo contesto che possono prosperare meglio le illusioni e le false promesse: a quindici anni dal caso Di Bella, l’Italia mostra di essere eternamente vittima di questa situazione. È decisamente tempo di metterci mano. Radicalmente.