In tempi di crisi è difficile aumentare il proprio reddito. La Chiesa cattolica ci è però riuscita. Grazie all’aumento della pressione fiscale, l’ultima somma ricevuta quale Otto per Mille del gettito Irpef è passata da 1 miliardo e 118 milioni di euro circa del 2011 a 1 miliardo e 148 milioni circa per il 2012. Non sono aumentati i sottoscrittori, è aumentato il gettito Irpef. Un meccanismo così distorto deve essere posto urgentemente in discussione, ora più ancora di prima. Qualcuno comincia a farlo. Ma anche all’estero si discute dei costi pubblici della Chiesa, non solo di quella cattolica.
In Italia la commissione paritetica, prevista dalla legge 222 del 1985 e composta da rappresentanti del governo e della Cei, non ha mai sentito l’esigenza di rivedere l’importo e il meccanismo dell’8×1000. Non sembra strano, visto che da parte statale ci sono figure di provata vicinanza al Vaticano come il giurista e opinionista di Avvenire Carlo Cardia.
"mancanza di concorrenza da parte di Stato e altre confessioni (cui non è dato spazio)"
Da anni l’Uaar è tra le poche associazioni che cercano di sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni per ottenere un sistema dell’Otto per Mille finalmente più equo, puntando infine a superarlo completamente. Anche altre realtà come i radicali sono molto attive su questi fronti. Proprio per tentare di smuovere la situazione, i radicali hanno presentato il 10 aprile 6 quesiti referendari in Cassazione, anche su temi laici. Oltre al divorzio breve, uno riguarda per l’appunto la “libertà di scelta” sulla destinazione dell’Otto per Mille, per abrogare la parte dell’articolo 47 della legge 222 del 1985 che consente di ripartire le scelte non espresse in base a quelle espresse. Meccanismo che favorisce di fatto la conferenza episcopale: visto solo circa il 40% dei contribuenti esprime una scelta e più dell’80% di queste scelte è proprio a favore della Chiesa cattolica. Ciò fa in modo che la restante quota, in questi anni quindi più della metà, sia ripartita in base alle scelte espresse. È da ritenere che la Chiesa sia favorita dal battage mediatico e dalla mancanza di concorrenza da parte di Stato e altre confessioni (cui non è dato spazio), ma anche dalla capacità di mobilitazione delle parrocchie e dalla benevola collaborazione di intermediari come i Caf. Con la proposta dei radicali le scelte non espresse rimarrebbero allo Stato, invece di finire quasi tutte alla Chiesa cattolica.
Già nel 1977 i radicali raccolsero le firme necessarie per il referendum al fine di abrogare il Concordato, con una campagna che ottene il consenso di una larga fetta dell’opinione pubblica. Ma la Corte Costituzionale nel febbraio del 1978 non consentì la consultazione perché il Concordato è un trattato con uno stato estero, il Vaticano.
"l’Otto per Mille destinato allo Stato sarà distribuito in maniera più trasparente e veloce"
Anche a livello istituzionale qualcosa si muove, almeno per la quota che finisce allo Stato. Il Sole 24 Ore segnala che l’Otto per Mille destinato allo Stato sarà distribuito in maniera più trasparente e veloce. Le risorse verranno divise in maniera eguale per i quattro settori contemplati: lotta alla fame nel mondo, assistenza dei rifugiati, salvaguardia dei beni culturali e soccorso per calamità naturali. Si andrà così, almeno queste sono le intenzioni, a destinare i fondi sulla base di criteri più stringenti, rispetto all’eccessiva liberalità degli anni scorsi o per tappare i buchi di bilancio. Per esempio, quasi 182 milioni di euro sono finiti l’anno scorso in gran parte alla Protezione Civile e ai suoi “grandi eventi”, tra cui diversi proprio religiosi. Il governo di Mario Monti si era mosso per destinare l’Otto per Mille statale a finalità diverse solo nel caso di eventi straordinari: la proposta dopo il vaglio alla Camera non ha fatto in tempo a passare in Senato. La commissione speciale della Camera, che sta sbrigando gli affari correnti, propone l’obbligo di reintegrare i fondi che il governo stornerà per scopi non previsti.
Una proposta di legge del deputato Davide Mattiello (Pd) punta a specificare che i fondi di competenza dello Stato siano utilizzati anche per scopi di interesse “culturale” e per “valorizzazione ed ammodernamento del patrimonio immobiliare scolastico”. Ciò alla luce della condizione critica di molte scuole pubbliche in Italia, in questi anni di tagli per le scuole statali e di favore a quelle private. Occorre tuttavia prestare attenzione, perché grazie alla legge 62/2000 anche le scuole private possono bizzarramente usufruire della definizione di “scuola pubblica”.
"pretesa di drenare denaro allo Stato nel suo complesso e a chi non appartiene"
Non solo in Italia, ma anche all’estero gli attivisti laici si battono per l’abolizione dei privilegi a favore delle confessioni religiose. In Austria è stato proposto un referendum per abrogare proprio il Concordato del 1933 con la Chiesa cattolica, che garantisce generosi sussidi di Stato. Sistema che poi è stato ampliato in un multiconfessionalismo che riconosce privilegi a 14 confessioni religiose. I promotori scrivono: “Ognuno ha il diritto di credere in ciò che vuole, ma la religione e la credenza personale dovrebbero essere una questione privata e non sostenuta dallo Stato”. La consultazione si svolgerà dal 15 al 22 aprile e vede l’opposizione delle organizzazioni cattoliche. Il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, è contrario e fa riferimento al “diritto fondamentale” della “libertà religiosa”, che “dà alle religioni il diritto di articolarsi in pubblico”. Non si comprende perché la “libertà” religiosa debba comprendere, oltre all’ovvia libertà di credere e di manifestare, l’invadenza in ambito pubblico a scapito di chi non segue certi dogmi e la pretesa di drenare denaro allo Stato nel suo complesso e a chi non appartiene a queste confessioni.
L’Austrian Freidenkerbund (i liberi pensatori austriaci), hanno snocciolato i tanti privilegi delle chiese, come l’esenzione dalle tasse, i finanziamenti alla scuola religiosa, l’influenza nei consigli di amministrazione nella radio e nella televisione. Ancora in piedi e a spese di tutti, nonostante la percentuale di cattolici sia calata dalla quasi totalità al 66% della popolazione nel corso degli ultimi decenni.
Anche in Romania i laici contestano i privilegi di cui gode alla Chiesa ortodossa. In particolare, una proposta del parlamentare dei verdi Remus Cernea punta a orientare il sistema sul modello tedesco, con una tassa di religione a seconda della confessione di cui si sceglie di far parte. Secondo il deputato, si risparmierebbero 70 milioni di euro l’anno, visto che ora i finanziamenti sono a discrezione del Parlamento, che favorisce gli ortodossi. La Romanian Humanist Association, che sostiene la modifica, lamenta che diversi politici abbiano offeso pesantemente Cernea con epiteti quali “animale”. Cernea ha del resto anche ricevuto minacce da ligi difensori dell’ortodossia.
Come tanti cittadini in Italia, auspicando che il sistema dell’8×1000 venga abolito in modo che ognuno sia libero di finanziare o meno la propria confessione religiosa, chiediamo intanto che il parlamento modifichi immediatamente il criterio di distribuzione, intervenendo sull’art. 47 della legge 222/85 in modo che le scelte non espresse non siano distribuite in proporzione alle scelte espresse ma rimangano allo Stato. Chiediamo inoltre che il Ministero dell’Economia e delle Finanze dia il via a una seria, vera campagna informativa sui canali Rai promuovendo la firma per lo Stato, illustrando gli scopi a cui le somme introitate saranno destinate e gli interventi realizzati nel 2012 a sostegno delle calamità naturali. Siamo infatti nell’ennesimo paradosso italico a favore della Chiesa, in cui nemmeno la tv pubblica — già massicciamente embedded a favore della Chiesa — non fa nemmeno completa informazione su come funziona l’Otto per Mille e su quali scelte il cittadino può fare. Gli unici spot sono quelli della Chiesa cattolica, focalizzati unicamente su storie di parroci attivi nella solidarietà, e senza rendere conto che gli interventi caritatevoli sono una parte minima della quota incamerata dalla Chiesa.
"A noi basta una Chiesa che non si arricchisce ulteriormente con i nostri soldi"
L’insofferenza verso i privilegi delle Chiese cresce. Quella cattolica, in Italia, è il più grande proprietario immobiliare del paese. Ci rendiamo conto che, con la secolarizzazione crescente, i fedeli non danno più i contributi di una volta, tant’è che quelli volontari per i sacerdoti sono in calo e si fa campagna proprio per spingere sulle offerte per il sostentamento del clero. Ma le Chiese, come ogni organizzazione privata, dovrebbero contare esclusivamente sui contributi dei propri fedeli. Il papa dice di sognare una Chiesa povera. Noi no. A noi basta una Chiesa che non si arricchisce ulteriormente con i nostri soldi.