La distorsione dello spazio ci darebbe un aspetto assottigliato, mentre dall'esterno il malcapitato apparirebbe nel buco nero anche dopo migliaia di anni. O forse no, Einstein aveva sbagliato i calcoli e nel buco nero incontreremmo soltanto un muro di fuoco.
D’accordo, non è che questa possibilità si presenti molto probabile. Nessuno di noi è stato invitato dalla Nasa ad una scampagnata verso il buco nero della galassia NGC 1365, né se ne incontrano quotidianamente andando a scuola o al lavoro. Eppure si tratta di un interrogativo che gli scienziati si sono posti più di una volta non solo in un esercizio fantasia, ma per capire le caratteristiche di una regione dello Spazio di cui non sappiamo molto poco. Ebbene, immaginiamo di “inciampare” in un buco nero…
Non sentiremo il “botto”, non ci sarà un pavimento o un corpo solido che raccoglierà la nostra caduta. Anzi, secondo le prime teorizzazioni, potremmo cadere e restare sospesi per ore, giorni, settimane senza che accada apparentemente nulla. Solo che, dopo l’angoscia, arriva anche un po’ di noia e magari potremmo soffermarci a guardarci o tastarci. Ebbene, noteremmo che la nostra testa si sta allungando e che lo stesso fenomeno riguarda tutto il corpo, ma in maniera sproporzionata. La gravità del buco nero tirerà le nostre gambe più della testa, dandoci un aspetto decisamente “stirato”. Non si tratterà di un effetto ottico, ma di forze che agiscono sul nostro corpo fino a spezzarne il fisico nei punti più deboli, come le giunture. A ciò, però, si aggiunge un fenomeno meno drammatico, ma alquanto angosciante. L’effetto stiramento, infatti, è causato anche dalla distorsione dello spazio. La parte che più si avvicina all’orizzonte degli eventi apparirà stretta e allungata, offrendoci una silhouette incredibilmente magra (si parla infatti di “spaghettificazione”). Se un amico o un sadico ci sta osservando dall’esterno, quasi non percepirà il nostro movimento. Vedrà la nostra graziosa forma allungata restare ferma per millenni. Lui, insomma, ci vedrà al rallentatore, mentre per noi la percezione del tempo non cambierà affatto. A proposito di tempo, dato che nel buco nero potremmo trascorrere coscientemente qualche giorno, meglio distrarci con il magnifico spettacolo che sarà sotto i nostri occhi. Il buco nero, come noto, fagocita anche la luce, che accompagnerà il nostro viaggio verso la morte contornandoci di colori. Magra consolazione. Molto magra, vista la nostra spaghettificazione.
“Non è così”, disse Joseph Polchinski nel marzo del 2012. L’ipotesi appena descritta è errata per Polchinski e i ricercatori che lo hanno affiancato. Niente viaggio tra i colori con annessa distorsione e squarciamento. Dunque attraverseremo una porta spazio-temporale che ci porterà in un’altra regione dell’universo, come pure si è teorizzato? Niente affatto, niente happy ending e cena serale con amichetti extraterrestri che ci daranno poi uno strappo verso casa. Per Polchinski i calcoli che hanno sostenuto la teoria della spaghettificazione sono errati: avvicinandoci all’orizzonte degli eventi incontreremo soltanto un muro di fuoco. Più ci si immerge, più ci si approssima ad un “vortice ribollente di particelle”. Un’ipotesi, quella proposta da Polchinski, che se confermata negherebbe il principio della relatività di Einstein. Noi, in ogni caso, ci teniamo lontano dai buchi neri…
[Le foto 1 e 2 sono tratte da Wikipedia]
di Danilo Massa