Negli ultimi anni, i comportamenti concreti della Chiesa cattolica hanno contribuito non poco a minare la credibilità goduta nei confronti di tanti fedeli: la copertura degli abusi sessuali commessi da sacerdoti, i ripetuti scandali che hanno coinvolto lo Ior, l’ostinata opposizione ai diritti delle coppie omosessuali, il corvo… l’elenco potrebbe continuare a lungo. Il Vaticano non è mai stato così malvisto da larghi strati della popolazione: in Italia, che pure è un paese dove se la passa meglio che altrove, la Chiesa gode ormai della fiducia di una minoranza dei cittadini.
Vista dal mondo cattolico, si tratta di “un’ondata ostile”, per quanto siano innegabili i comportamenti intollerabili di “singoli”. A esprimersi così è Giuseppe Rusconi, autore di un libro che tenta di far risalire la corrente. Partendo dall’unico aspetto su cui, ne siamo persuasi anche noi, la Chiesa continua a godere della stima della maggioranza degli italiani: l’azione sociale. Il volume in questione si chiama L’impegno. Come la Chiesa italiana accompagna la società nella vita di ogni giorno, ed è stato ovviamente accolto con favore e promozionato da Avvenire, il quotidiano dei vescovi, lo scorso 14 febbraio. Secondo Rusconi, il mondo cattolico farebbe risparmiare ogni anno allo Stato circa 11 miliardi di euro. Quasi il doppio di quanto invece costerebbe alle casse pubbliche secondo i calcoli Uaar.
Stando a Rusconi, è “difficile distinguere tra vero e falso”, su internet. Ed esprime anche un pizzico di invidia “per chi [come l’Uaar, NdR] ha potuto spesso citare fino all’ultimo centesimo l’ammontare della sovvenzione statale verso l’una o l’altra attività ecclesiale”. L’autore è il corrispondente dall’Italia di un quotidiano ticinese, circostanza che limita un po’ il suo accesso alle fonti, che sono infatti poche, vaghe e quasi esclusivamente cattoliche. Afferma di “non voler polemizzare” con chi ha calcolato i costi pubblici della Chiesa. E in effetti non lo fa. Il che mostra un cambiamento: non più la volontà di negare l’innegabile, come fece il giornalista di Avvenire Umberto Folena, diffondendo La vera questua in risposta al successo del libro di Curzio Maltese La questua, ma il tentativo di mostrare in positivo il valore dell’impegno cattolico. Troverete il dettaglio del suo calcolo in calce a questo post.
Nel tentativo di affastellare testimonianze positive, tuttavia, Rusconi parte spesso per la tangente. Ricorda la funzione sociale degli oratori, ma dimentica la fiscalità borderline dei tanti bar che ospitano. Vanta l’attività delle 13.500 società sportive afferenti al Csi, ma non nota che la sola Uisp, il contraltare di sinistra, ne affilia quasi 18.000, e non ci risulta rivendichi o quantifichi un risparmio per lo Stato. Inserisce nel totalizzatore anche l’attività di catechismo, perché “si tratta di formare dal punto di vista dei valori tanti futuri adulti”. Calcola in 10.000 euro l’una il valore della “supplenza in ambito sociale” esercitata dalle parrocchie, ma le cifre che ognuna di esse riceve a vario titolo dalle amministrazioni pubbliche è quasi invariabilmente più alta. Rammenta il risparmio garantito dalle mense per i poveri (che peraltro aveva già conteggiato tra le economie garantite dalle parrocchie) e stima il valore monetario di un pasto in 4,5 euro, che è il costo di mercato di un buon pasto offerto dalle mense professionali. Parla del fondo famiglia-lavoro, ma gli scappa che la sola Fondazione Cariplo vi contribuisce con un milione e mezzo di euro.
E ancora, elogia la Fondazione Migrantes, che però è un organismo della Conferenza episcopale italiana che ha tra i suoi scopi, e non certo in una posizione secondaria, “l’opera di evangelizzazione e la cura pastorale dei migranti, italiani e stranieri”. Definisce i beni ecclesiastici “patrimonio dell’intera Nazione”, e non si avvede (forse perché svizzero) di star usando le stesse criticatissime parole che Massimo D’Alema usò per Mediaset. Enfatizza i trenta milioni messi a disposizione dalla Cei per il prestito della speranza, ma dimentica che è stato un flop, e non precisa che la Cei, di suo, non ci ha messo un centesimo: svolgendo in pratica la funzione di garante, così come i parroci hanno svolto, sempre in pratica, la funzione di affidatari, né più e né meno come una comune banca. Scrive con trasporto del discutibile Progetto Policoro. Arriva a quantificare persino gli interventi della Chiesa per i terremotati dell’Aquila (dove anche il vescovo D’Ercole è finito sotto inchiesta per le truffe sui fondi post-terremoto, e dove “don Bancomat” fungeva da cassiere per la cricca del G8) e per l’Emilia-Romagna, la cui giunta regionale ha stanziato la bellezza di quindici milioni per intervenire sulle chiese lesionate. Una cifra superiore a quanto, secondo lo stesso autore, ci ha messo di suo la Cei — peraltro attingendo non da fondi propri, ma da una colletta e dall’Otto per Mille. Non manca nemmeno lo sforzo per giustificare il privilegio dell’Otto per Mille e per minimizzare l’entità delle esenzioni Imu.
Sin qui, come si può notare, lo sforzo di immagine è notevole, ma non si arriva ancora alla “ciccia”, quella che porta il totalizzatore a undici miliardi. Una somma enorme, che si basa sostanzialmente sulla controvalorizzazione dell’impegno in campo sanitario, assistenziale e scolastico. Tra le organizzazioni elencati c’è di tutto: dall’Unitalsi che accompagna i fedeli a Lourdes al Csi (ancora!), dal Movimento per la Vita all’associazione Giovanni XXIII, quella nota per picchettare le entrate degli ospedali allo scopo di infastidire le donne che legittimamente desiderano interrompervi la gravidanza. Stima in 650 milioni, un importo enorme, la somma che farebbe risparmiare allo Stato il Banco Alimentare: sì, proprio il feudo ciellino di Mauro Inzoli, l’ex “don Mercedes” finito nei guai con la giustizia. Tutte realtà, quelle citate, di cui con enorme fatica troverete un bilancio online: una condizione necessaria per giustificare l’asserita, ma per nulla comprovata, pressoché totale indipendenza da sovvenzioni pubbliche.
La parte del leone la fa, ovviamente, la scuola cattolica: 4,5 miliardi, stima Rusconi Abbiamo già mostrato come il ragionamento che porta a sparare cifre del genere è gravato da numerose fallacie. In questa occasione vogliamo brevemente ricordare soltanto i punti salienti. Il primo, che le scuole cattoliche hanno un progetto educativo antitetico a quello della scuola di tutti: esclusivista, basato com’è sull’accettazione della dottrina cattolica (compresa, chissà, anche l’idea che “sono i bambini a cercare carezze”). Il secondo, che la scuola cattolica è, dati Ocse (e quindi indipendenti) alla mano, assai meno qualificata di quella di tutti. Il terzo, che non è affatto dimostrato che, qualora le amministrazioni pubbliche cessassero di versare contributi alle scuole paritarie cattoliche, i loro studenti tornerebbero alla scuola di tutti — le scuole cattoliche esistevano infatti anche quando non ricevevano alcun contributo. Il quarto, che i costi della scuola statale sono in gran parte fissi, non variabili, per cui basarsi sul risparmio per studente è sbagliato. Lo ribadiamo ancora una volta, la tesi cattolica si riduce a un concetto molto semplice: se lo Stato non spende soldi per la scuola, risparmia.
Le medesime riflessioni si possono applicare alla sanità e all’assistenza cattoliche. O alla Fiat. Anche Sergio Marchionne potrebbe benissimo sostenere che, se lo Stato non spendesse soldi per il trasporto pubblico, risparmierebbe. Ma dubitiamo che Marchionne arriverebbe anche a rivendicare il risparmio che procura allo Stato vendendo autovetture. La Chiesa invece lo fa.
La Chiesa traffica perché lo Stato esternalizzi servizi essenziali al volontariato cattolico, e poi mena vanto del fatto che, senza il volontariato cattolico, lo Stato non potrebbe garantire servizi essenziali. I politici prendono per oro colato le sue affermazioni ed esternalizzano altri servizi essenziali. È un circolo vizioso: quello creato dai vescovi italiani è un vero e proprio sistema di dipendenza tossica. Anche se Rusconi scrive che “Chiesa e Stato si spartiscono i compiti sociali con reciproca soddisfazione”, la realtà è che il volontariato può prosperare soltanto laddove lo Stato fallisce. Non lamentiamoci poi dello smantellamento del welfare: è la conseguenza diretta delle scelte sussidiaristiche di una classe politica fortemente clericale. Il volontariato, se è volontariato, non può non assicurare servizi di qualità inferiore (come è certificato che accade per la scuola cattolica) e, soprattutto, in quanto realtà esternalizzata è soggetto a minori controlli. È un vulnus della democrazia.
Francesco I ha affermato che “la Chiesa non può diventare una Ong pietosa”. Rusconi presenta invece una Chiesa orgogliosa di esserlo già diventata. E, fin qui, sono soltanto problemi loro. Sono invece problemi di tutti noi, contribuenti italiani, gli ingenti costi pubblici della Chiesa. L’impegno è un libro scritto con un’ottica estremamente soggettiva: che la religiosità sia vantaggiosa per lo Stato è postulato, non dimostrato. I benefici, come abbiamo visto, sono impalpabili. Alla stessa stregua, noi potremmo postulare che la religiosità implica un gigantesco costo per la società In fin dei conti, i paesi più poveri del mondo hanno i più alti indici di religiosità, quelli più benestanti hanno invece i più bassi. Chissà se Rusconi avrà voglia di scrivere un libro anche su questa singolare correlazione.
Riepilogo dei benefici che, secondo Rusconi, lo Stato trarrebbe dall’impegno sociale della Chiesa cattolica:
- Oratori: 210 milioni
- Realtà caritative parrocchiali: 260 milioni
- Mensa dei poveri: 27 milioni
- Banco Alimentare: 650 milioni
- Fondi di solidarietà diocesani: 30 milioni
- Scuole paritarie cattoliche: 4.500 milioni
- Formazione professionale: 370 milioni
- Sanità ospedaliera: 1.200 milioni
- Comunità per il recupero dei tossicodipendenti: 800 milioni
- Lotta contro l’usura: 1,2 milioni
- Volontariato cattolico: 2.800 milioni
- Migrantes: 2 milioni
- Beni culturali ecclesiastici: 130 milioni
- Prestito della speranza: 30 milioni
- Post-terremoto de L’Aquila: 35 milioni in tre anni
- Post-terremoto dell’Italia del Nord: 13 milioni
- Progetto Policoro: un milione