lunedì 29 aprile 2013

Indonesia, la condanna religiosa dell’innocenza giovanile

Le cro­na­che si riem­pio­no sempre più fre­quen­te­men­te di ri­chie­ste di con­dan­ne in nome di Dio. Nes­su­no può pen­sa­re di essere immune dal­l’ac­cu­sa di vio­la­zio­ne del sacro: ovun­que ci si trovi in mi­no­ran­za, si può in­cap­pa­re in de­nun­ce per “bla­sfe­mia”. Ma può ca­pi­ta­re di essere de­nun­cia­ti anche quando è evi­den­te che la cri­ti­ca alla re­li­gio­ne sta sol­tan­to nella testa di chi si sente offeso.
 
"ac­cu­sa­te di bla­sfe­mia per “offese alla re­li­gio­ne”, sulla base del codice penale"
 
L’ul­ti­ma storia arriva dal­l’In­do­ne­sia. Sa­reb­be tra­gi­co­mi­ca se non fosse che delle ra­gaz­zi­ne ri­schia­no una pena pe­san­te per offese al­l’i­slam e già ne stanno pa­gan­do in­di­ret­ta­men­te le con­se­guen­ze. Cinque alunne di una scuola di Ti­li­to­li, sul­l’i­so­la di Su­la­we­si, si sono ri­pre­se in classe con un vi­deo­fo­ni­no mentre in ma­nie­ra scher­zo­sa al­ter­na­va­no mo­vi­men­ti della pre­ghie­ra isla­mi­ca (sholat) con la danza sulle note di One More Night, can­zo­ne del gruppo Maroon Five. L’han­no dif­fu­so su You­tu­be, dove è di­ven­ta­to virale, de­stan­do rea­zio­ni spro­po­si­ta­te. Non solo la scuola le ha espul­se e non po­tran­no quindi di­plo­mar­si, ma sono state anche ac­cu­sa­te di bla­sfe­mia per “offese alla re­li­gio­ne”, sulla base del codice penale in­do­ne­sia­no: ri­schia­no in teoria l’in­cri­mi­na­zio­ne e la de­ten­zio­ne. Sono se­gui­te anche pro­te­ste in piazza da parte degli in­te­gra­li­sti isla­mi­ci contro le ra­gaz­zi­ne “bla­sfe­me”, e le au­to­ri­tà re­li­gio­se locali hanno in­vo­ca­to la pu­ni­zio­ne.
 
Un co­mu­ni­ca­to fir­ma­to da Sonja Eg­ge­ric­kx, pre­si­den­tes­sa del­l’I­heu (l’or­ga­niz­za­zio­ne in­ter­na­zio­na­le di non cre­den­ti di cui fa parte l’Uaar), ha espres­so pre­oc­cu­pa­zio­ne per l’o­stra­ci­smo subito dalle ado­le­scen­ti. “È in­com­pren­si­bi­le che qual­cu­no possa pen­sa­re che l’e­spul­sio­ne e l’in­ter­ven­to della po­li­zia contro alcune nor­ma­li stu­den­tes­se che si di­ver­to­no siano ne­ces­sa­ri, o anche solo logici”, so­stie­ne, “quelli che pen­sa­no che un’a­do­le­scen­te che balla e fa la pa­ro­dia di una pre­ghie­ra sia una mi­nac­cia alla pro­pria re­li­gio­ne hanno essi stessi ne­ces­si­tà di cre­sce­re”. Per l’en­ne­si­ma volta “il con­cet­to di dif­fa­ma­zio­ne della re­li­gio­ne è usato per col­pi­re pe­san­te­men­te gli in­di­vi­dui, in vio­la­zio­ne dei di­rit­ti e delle li­ber­tà di base”, ha ag­giun­to la pre­si­den­tes­sa Iheu, che ri­lan­cia l’ap­pel­lo ai go­ver­ni per abo­li­re le leggi che cri­mi­na­liz­za­no la bla­sfe­mia, spesso usate contro atei e agno­sti­ci e contro mi­no­ran­ze re­li­gio­se, come i cri­stia­ni, in ma­nie­ra stru­men­ta­le.
 
È evi­den­te che il video non muove cri­ti­che alla re­li­gio­ne, ma si limita a mo­stra­re in­sof­fe­ren­za per certe pra­ti­che noiose cui i ra­gaz­zi sono di fatto co­stret­ti vi­ven­do in una so­cie­tà for­te­men­te con­ser­va­tri­ce e bi­got­ta. Non si tratta cer­ta­men­te di gio­va­ni in­cre­du­le mi­li­tan­ti, tanto che una di queste ra­gaz­ze ha per­si­no il velo. Chissà che non pos­sa­no però di­ven­tar­lo in rea­zio­ne al­l’ot­tu­si­tà del fon­da­men­ta­li­smo re­li­gio­so, sempre meno capace di com­pren­de­re i gio­va­ni i cui com­por­ta­men­ti, grazie anche a sco­la­riz­za­zio­ne, cul­tu­ra mo­der­na e nuove tec­no­lo­gie, ap­pa­io­no più se­co­la­riz­za­ti ri­spet­to alla media. Anche in paesi più legati alle tra­di­zio­ni re­li­gio­se e più poveri.
 
La stret­ta isla­mi­sta in In­do­ne­sia è da qual­che anno però sempre più op­pres­si­va. In di­ver­si stati ormai viene ap­pli­ca­ta la sharia, ad esem­pio con fu­sti­ga­zio­ni pub­bli­che di donne “im­mo­ra­li” e re­pres­sio­ne di com­por­ta­men­ti giu­di­ca­ti an­ti-re­li­gio­si. Come ac­ca­du­to nei con­fron­ti di decine di punk, rapati a zero, im­pri­gio­na­ti e co­stret­ti a se­gui­re corsi di in­dot­tri­na­men­to re­li­gio­so, e alle ra­gaz­ze che osano por­ta­re mi­ni­gon­ne. Ecla­tan­te è anche il caso di Ale­xan­der Aan, gio­va­ne fun­zio­na­rio che ha ri­schia­to di essere lin­cia­to dalla folla ed è stato ar­re­sta­to per aver espres­so su in­ter­net il pro­prio atei­smo e cri­ti­ca­to la re­li­gio­ne isla­mi­ca. L’Iheu ha se­gui­to il caso lan­cian­do un ap­pel­lo per chie­der­ne la li­be­ra­zio­ne e sen­si­bi­liz­za­re l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca in­ter­na­zio­na­le sulla re­pres­sio­ne che nel mondo su­bi­sco­no atei e agno­sti­ci, come ha fatto anche l’Uaar tra­mi­te i propri canali.
 
"Per ren­de­re im­per­mea­bi­li a ogni cri­ti­ca con­cet­ti astrat­ti si met­to­no a re­pen­ta­glio la li­ber­tà e la vita di per­so­ne"
 
La tutela del sacro altro non è che la pro­te­zio­ne di leader ideo­lo­gi­ci da ogni forma di cri­ti­ca nei loro con­fron­ti. La vi­cen­da delle cinque stu­den­tes­se in­do­ne­sia­ne mostra una volta di più che non esi­sto­no limiti reali alla sua ap­pli­ca­zio­ne in­di­scri­mi­na­ta. E che l’ar­ren­de­vo­lez­za nei con­fron­ti delle pre­te­se degli in­te­gra­li­sti re­li­gio­si non fa altro che ali­men­tar­ne la vo­lon­tà di for­gia­re la so­cie­tà a pro­pria im­ma­gi­ne e so­mi­glian­za e di op­pri­me­re chi la pensa di­ver­sa­men­te, ten­den­za che si ma­ni­fe­sta in ma­nie­ra sempre più ag­gres­si­va sul mo­del­lo del “bul­li­smo”. Ap­proc­cio che ali­men­ta piut­to­sto che spe­gne­re i con­flit­ti su base re­li­gio­sa. Come sta ac­ca­den­do re­cen­te­men­te anche in Ban­gla­desh, dove gli isla­mi­sti a cen­ti­na­ia di mi­glia­ia in piazza hanno in­vo­ca­to l’im­pic­ca­gio­ne per i blog­ger atei, contro cui il go­ver­no ha av­via­to una stret­ta re­pres­si­va con ar­re­sti e chiu­su­re di siti. Pro­prio l’Uaar, in­sie­me alle altre as­so­cia­zio­ni uma­ni­ste nel mondo, si è mo­bi­li­ta­ta per chie­de­re la fine di questo ac­ca­ni­men­to. Tutto questo do­vreb­be far ri­flet­te­re sia chi ri­tie­ne che il sen­ti­men­to re­li­gio­so debba co­mun­que essere pro­tet­to, sia chi stril­la all’”isla­mo­fo­bia” (o alla “cri­stia­no­fo­bia: il ra­gio­na­men­to non cambia) ogni qual volta ven­go­no messi in di­scus­sio­ne alcuni aspet­ti, nem­me­no i più si­gni­fi­ca­ti­vi, della ideo­lo­gia re­li­gio­sa. Per­si­no quando lo si fa solo in­vo­lon­ta­ria­men­te. Per ren­de­re im­per­mea­bi­li a ogni cri­ti­ca con­cet­ti astrat­ti si met­to­no a re­pen­ta­glio la li­ber­tà e la vita di per­so­ne in carne e ossa. Così vanno pur­trop­po le cose, quando le au­to­ri­tà po­li­ti­che non pon­go­no alcun freno alle ri­ven­di­ca­zio­ni re­li­gio­se.
 
Visto che in Italia c’è stato un cambio al ver­ti­ce non da poco al mi­ni­ste­ro degli Esteri, che ora ha a capo Emma Bonino, ci si augura che il nostro paese sia più sen­si­bi­le a certi temi. Ve­nia­mo da mi­ni­stri come Franco Frat­ti­ni e Giulio Terzi, uno che in­vi­ta­va alla santa al­lean­za in­ter­na­zio­na­le contro gli atei e l’al­tro che au­spi­ca­va ve­nis­se­ro per­se­gui­ti pe­nal­men­te coloro che “of­fen­do­no” le re­li­gio­ni perché “nes­su­no deve per­met­ter­si di di­leg­giar­le o di scher­za­re su questi valori”. Far di meglio non è dif­fi­ci­le, im­pe­gnar­si perché l’I­ta­lia appaia nel mondo come un paese real­men­te im­pe­gna­to nella tutela dei di­rit­ti civili lo è sen­z’al­tro di più.