Continua la volontà in Palestina di estremizzare l’Islam nelle pratiche della vita quotidiana e nei vari settori fondanti della società come l’istruzione. Dopo aver deciso che nella scuola pubblica bambine e bambini dopo i nove anni avranno classi separate, ora Hamas estende quest’obbligo anche nelle scuole private.
Spero che a breve non si arrivi allo stesso risultato dell’Afghanistan, dove le classi e le scuole delle bambine vengono direttamente bruciate, o le bambine stesse sono minacciate se vogliono andare a scuola.
Chi agisce creando percorsi scolastici separati e diversi nei contenuti tra maschi e femmine si copre dietro concetti religiosi, ma in realtà muove interessi interni al Paese e internazionali che hanno a che fare con politiche che non hanno sapore di pace.
L’unico risultato che si può ottenere è quello di lasciare a casa definitivamente le future donne, per evitare che partecipino alla vita culturale, sociale, economica e soprattutto politica di un Paese che deve ricostruirsi o che deve negoziare la propria pace con gli interessi degli altri Paesi.
Eppure le donne nei processi di pace in Afghanistan come in Palestina sono un elemento fondamentale. In generale le donne andrebbero rivalutate non solo perché vittime ma proprio nel ruolo di mediatrici di pace, nei tavoli negoziali come nella ricostruzione, non imbracciando armi e fede, ma relazioni di solidarietà nelle comunità e dialogo. Fondazione Pangea si batte da anni per difendere i diritti di queste donne.
Il sistema scolastico indifferenziato per generi, in cui bambini e bambine giocano e costruiscono le loro menti e relazioni affettive insieme, è il primo luogo di costruzione di pace, perché è proprio qui che si impara che esistono differenze, a partire dai generi, e a queste ci si deve adattare e le si devono tenere in considerazione nella costruzione di relazioni non violente.
di Simona Lanzoni | 3 aprile 2013
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