Sino a tempi recenti in Italia era pratica comune distribuire i film stranieri traducendone in modo strampalato il titolo. In un’ideale palmares di questa categoria, il primo premio sarebbe senz’altro da attribuire all’inarrivabile "Non drammatizziamo: è solo questione di corna!" (titolo originale: Domicile conjugal) del povero Françoise Truffaut. Ma una menzione speciale spetterebbe anche a E l’uomo creò Satana, titolo con cui nel 1960 venne da noi distribuito Inherit the Wind, un filmone diretto da Stanley Kramer e interpretato da tre star come Spencer Tracy, Frederick March e Gene Kelly. Con quel terribile titolo, peraltro, il distributore italiano aveva probabilmente cercato di alludere allo spirito laico e progressista che animava il film: esso infatti rappresentava, in maniera sostanzialmente fedele, lo spettacolare processo (il famoso «Scopes-Monkey Trial») in cui nel 1925, a Dayton, Tennessee, i difensori della teoria dell’evoluzione avevano impartito una sonora sconfitta ai fondamentalisti religiosi contrari al suo insegnamento. In virtù della sconfitta in quel processo il fondamentalismo rimase relegato ai margini della società americana per molti decenni; e a tenerne a bada il revanchismo contribuì anche il grande successo del generoso filmone che Kramer gli dedicò trentacinque anni dopo.
A partire dagli anni Ottanta, però, i circoli di intellettuali teo-con che hanno ispirato le politiche prima di Reagan e poi di Bush Jr. sono riusciti nell’impresa di ridare nuovo fiato al fondamentalismo religioso. E così – come ha mostrato ieri, su queste pagine, Francesco Ferretti – ottantadue anni dopo lo Scopes-Monkey Trial e quarantasette dopo il film di Kramer, gli attacchi contro la teoria dell’evoluzione, e più in generale i tentativi reazionari di instaurare una nuova alleanza tra stato e religione, si sono fatti di nuovo minacciosamente vitali. Per comprendere le origini dell’attuale scontro cruciale sulla teoria dell’evoluzione può allora essere utile tornare di nuovo al famoso Scopes-Monkey Trial, in cui il fondamentalismo ricevette la sua prima, sonora sconfitta. Nel 1925, dunque, al pari di altri stati dell’Unione, il Tennessee aveva promulgato una legge che vietava l’insegnamento della teoria dell’evoluzione perché in urto con il dettato biblico (in particolare contro il racconto della creazione dato nel Genesi). Un gruppo di difensori delle libertà civili decise di reagire. Serviva un insegnante che si prestasse a violare quella legge liberticida, tenendo una lezione sul darwinismo.
La scelta cadde sul ventiquattrenne John T. Scopes, che venne arrestato appena iniziata la lezione. Tutto però si sarebbe risolto in un processo di scarso interesse, se non fosse stato per i due pesi massimi che presero rispettivamente le parti dell’accusa e della difesa. Come pubblico ministero, infatti, venne scelto William Jennings Bryan, un democratico del Sud che era stato Segretario di Stato per il Presidente Wilson e tre volte candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Bryan era un fondamentalista, convinto assertore dell’interpretazione letterale della Bibbia, e da tempo desiderava impartire una lezione ai darwiniani. La difesa di Scopes non fu da meno dell’accusa, perché fu affidata al più famoso legale del tempo, Clarence Darrow, ben noto anche per il suo radicale laicismo. Di fronte a un pubblico enorme e a un gran numero di giornalisti di tutto il mondo, Bryan e Darrow lottarono con tutte le loro forze per difendere le rispettive visioni del mondo. Ad un certo punto, però, la posizione dell’imputato, e dunque del partito evoluzionista, parve farsi disperata. Fu quando il giudice decretò che nessuno scienziato poteva deporre al processo, perché la legge di cui si discuteva menzionava la Bibbia, ma non la teoria di Darwin.
Fu a quel punto che Darrow ricorse a una mossa procedurale che passò alla storia del sistema giudiziario americano: come testimone della difesa chiamò, quale grande esperto della Bibbia, il Pubblico ministero.
L’interrogatorio che seguì sancì il trionfo del pensiero scientifico sul fondamentalismo religioso. In varie occasioni Bryan, secondo il quale il testo biblico andava inteso letteralmente, cadde in contraddizione (come poteva essere, per esempio, che durante il diluvio universale tutti gli animali che non erano saliti sull’Arca annegassero? E i pesci, allora?). Poi Darrow menò i suoi fendenti più poderosi, dimostrando – almeno a chi avesse orecchie per udire – che il tentativo di giustificare il Creazionismo sulla base dell’interpretazione letterale della Bibbia è intellettualmente insostenibile. In primo luogo egli lesse il famoso passo del Libro di Giosuè dove si dice che Dio fermò il Sole per non far calare le tenebre: se questo passò fosse vero letteralmente, allora il Sole si muoverebbe attorno alla Terra e dunque Copernico avrebbe torto – nonostante le prove inconfutabili del contrario di cui oggi disponiamo. Poi Darrow attaccò la tesi, tipica del Creazionismo, secondo la quale la Bibbia testimonierebbe che la creazione del mondo è avvenuta molto più recentemente di quanto non richiederebbero i tempi lunghi dell’evoluzione. Darrow chiese a Bryan se i sette giorni della creazione fossero stati necessariamente lunghi ventiquattro ore: e questi dovette concedere che se Dio avesse voluto, un ‘giorno’ sarebbe potuto durare trenta ore o trenta mesi o trenta milioni di anni. Ma allora – chiosò trionfalmente Darrow – i tempi lunghi dell’evoluzione non sono affatto incompatibili con il dettato biblico.
Alla fine dell’interrogatorio tutti gli osservatori concordarono che l’interpretazione letterale della Bibbia era stata demolita. Il processo si concluse con una condanna simbolica per Scopes, poi revocata in appello. Bryan morì cinque giorni dopo, non si sa se per crepacuore o per indigestione; e i fondamentalisti vennero messi a tacere per vari decenni.
Oggi, però, i neo-con sono riusciti a resuscitare il fondamentalismo. Attualmente, il 42% degli statunitensi crede nell’interpretazione letterale della Bibbia, mentre un altro 18% ritiene che gli esseri umani siano frutto dell’evoluzione, ma che questa sia stata guidata dalla mano divina. Solo uno statunitense su tre, ritiene che la teoria dell’evoluzione basti a spiegare l’origine della specie umana. Forse è ora di mettere in cantiere un altro filmone sullo «Scopes-Monkey Trial».
Fonte: ilManifesto.it
http://www.uaar.it/news/2007/01/06/processo-che-sconfisse-religiosi-contrari-alla-teoria-darwiniana/
A partire dagli anni Ottanta, però, i circoli di intellettuali teo-con che hanno ispirato le politiche prima di Reagan e poi di Bush Jr. sono riusciti nell’impresa di ridare nuovo fiato al fondamentalismo religioso. E così – come ha mostrato ieri, su queste pagine, Francesco Ferretti – ottantadue anni dopo lo Scopes-Monkey Trial e quarantasette dopo il film di Kramer, gli attacchi contro la teoria dell’evoluzione, e più in generale i tentativi reazionari di instaurare una nuova alleanza tra stato e religione, si sono fatti di nuovo minacciosamente vitali. Per comprendere le origini dell’attuale scontro cruciale sulla teoria dell’evoluzione può allora essere utile tornare di nuovo al famoso Scopes-Monkey Trial, in cui il fondamentalismo ricevette la sua prima, sonora sconfitta. Nel 1925, dunque, al pari di altri stati dell’Unione, il Tennessee aveva promulgato una legge che vietava l’insegnamento della teoria dell’evoluzione perché in urto con il dettato biblico (in particolare contro il racconto della creazione dato nel Genesi). Un gruppo di difensori delle libertà civili decise di reagire. Serviva un insegnante che si prestasse a violare quella legge liberticida, tenendo una lezione sul darwinismo.
La scelta cadde sul ventiquattrenne John T. Scopes, che venne arrestato appena iniziata la lezione. Tutto però si sarebbe risolto in un processo di scarso interesse, se non fosse stato per i due pesi massimi che presero rispettivamente le parti dell’accusa e della difesa. Come pubblico ministero, infatti, venne scelto William Jennings Bryan, un democratico del Sud che era stato Segretario di Stato per il Presidente Wilson e tre volte candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Bryan era un fondamentalista, convinto assertore dell’interpretazione letterale della Bibbia, e da tempo desiderava impartire una lezione ai darwiniani. La difesa di Scopes non fu da meno dell’accusa, perché fu affidata al più famoso legale del tempo, Clarence Darrow, ben noto anche per il suo radicale laicismo. Di fronte a un pubblico enorme e a un gran numero di giornalisti di tutto il mondo, Bryan e Darrow lottarono con tutte le loro forze per difendere le rispettive visioni del mondo. Ad un certo punto, però, la posizione dell’imputato, e dunque del partito evoluzionista, parve farsi disperata. Fu quando il giudice decretò che nessuno scienziato poteva deporre al processo, perché la legge di cui si discuteva menzionava la Bibbia, ma non la teoria di Darwin.
Fu a quel punto che Darrow ricorse a una mossa procedurale che passò alla storia del sistema giudiziario americano: come testimone della difesa chiamò, quale grande esperto della Bibbia, il Pubblico ministero.
L’interrogatorio che seguì sancì il trionfo del pensiero scientifico sul fondamentalismo religioso. In varie occasioni Bryan, secondo il quale il testo biblico andava inteso letteralmente, cadde in contraddizione (come poteva essere, per esempio, che durante il diluvio universale tutti gli animali che non erano saliti sull’Arca annegassero? E i pesci, allora?). Poi Darrow menò i suoi fendenti più poderosi, dimostrando – almeno a chi avesse orecchie per udire – che il tentativo di giustificare il Creazionismo sulla base dell’interpretazione letterale della Bibbia è intellettualmente insostenibile. In primo luogo egli lesse il famoso passo del Libro di Giosuè dove si dice che Dio fermò il Sole per non far calare le tenebre: se questo passò fosse vero letteralmente, allora il Sole si muoverebbe attorno alla Terra e dunque Copernico avrebbe torto – nonostante le prove inconfutabili del contrario di cui oggi disponiamo. Poi Darrow attaccò la tesi, tipica del Creazionismo, secondo la quale la Bibbia testimonierebbe che la creazione del mondo è avvenuta molto più recentemente di quanto non richiederebbero i tempi lunghi dell’evoluzione. Darrow chiese a Bryan se i sette giorni della creazione fossero stati necessariamente lunghi ventiquattro ore: e questi dovette concedere che se Dio avesse voluto, un ‘giorno’ sarebbe potuto durare trenta ore o trenta mesi o trenta milioni di anni. Ma allora – chiosò trionfalmente Darrow – i tempi lunghi dell’evoluzione non sono affatto incompatibili con il dettato biblico.
Alla fine dell’interrogatorio tutti gli osservatori concordarono che l’interpretazione letterale della Bibbia era stata demolita. Il processo si concluse con una condanna simbolica per Scopes, poi revocata in appello. Bryan morì cinque giorni dopo, non si sa se per crepacuore o per indigestione; e i fondamentalisti vennero messi a tacere per vari decenni.
Oggi, però, i neo-con sono riusciti a resuscitare il fondamentalismo. Attualmente, il 42% degli statunitensi crede nell’interpretazione letterale della Bibbia, mentre un altro 18% ritiene che gli esseri umani siano frutto dell’evoluzione, ma che questa sia stata guidata dalla mano divina. Solo uno statunitense su tre, ritiene che la teoria dell’evoluzione basti a spiegare l’origine della specie umana. Forse è ora di mettere in cantiere un altro filmone sullo «Scopes-Monkey Trial».
Fonte: ilManifesto.it
http://www.uaar.it/news/2007/01/06/processo-che-sconfisse-religiosi-contrari-alla-teoria-darwiniana/