La versione di Barney, nella veste di Paolo Cipriani direttore dello Ior, è l’ esaltazione della banca vaticana come specchio di tutte le virtù. “Non ci sono conti cifrati”, assicura negando ripetute rivelazioni giornalistiche. Segue un elenco, corredato da accattivanti diapositive, delle misure adottate per impedire qualsiasi forma di riciclaggio e bloccare operazioni sospette. La performance si svolge nel Torrione di Niccolò V, la stanza dei bottoni dell’impero finanziario vaticano. Per la prima volta sessanta giornalisti di tutto il mondo vengono ammessi nella banca del Papa. Quarto piano, tappeti persiani, divanetti rococò dai bordi dorati, soffitti affrescati.
Paolo Cipriani, elettrizzato dall’emozione suda, sorride, snocciola dati. Depositi per circa 6 miliardi di euro (un terzo in dollari e una piccola parte di riserve auree nel bunker della Federal Reserve di New York). Trentatremila conti correnti. Cinque per cento di investimenti azionari. Un bilancio segreto inviato alla commissione cardinalizia di vigilanza, che finisce sul tavolo di Benedetto XVI.
L’INCONTRO è ingessato. Niente riprese né fotografie, niente registrazioni, niente domande libere. La Sala Stampa vaticana ha fatto sapere via mail che “non bisogna in alcun modo attendersi una conferenza stampa a tutto campo su questioni di attualità o su tutte le problematiche economiche o legali della Santa Sede e del Vaticano”. Le domande vengono convogliate in bigliettini a padre Lombardi, che seleziona. Piacerebbe sapere ai lettori del Fatto Quotidiano perché il faccendiere Bisignani avesse un conto o come si concilia la proclamazione che lo Ior si muove “nel rispetto dei principi etici fondamentali della Chiesa cattolica” e poi un certo psicoterapeuta dott. Pietro La Salvia manda al direttore Cipriani un perfido ‘ritratto psicologico’ di Gotti Tedeschi, accostato a sua insaputa durante un rinfresco, contro tutte le regole professionali ed etiche. Che ne è stato di La Salvia: premiato o rimosso? La domanda si insabbia. Nix, nada, nicevò.
L’esposizione del direttore generale è incalzante. Non esistono conti cifrati, l’elenco dei titolari di conti correnti è ben definito (organismi della Santa Sede, nunziature, fondazioni canoniche, congregazioni religiose, monasteri, diocesi e conferenze episcopali, parrocchie, seminari, collegi, clero secolare, religiosi, religiose autorizzate, ambasciate presso la Santa Sede, famiglia pontificia), le procedure di individuazione hanno regole severe. Abbonda l’inglese. Know Your Customer… Customer Due Diligence. Non ci sono conti anonimi. L’Istituto non ha relazioni con banche di paesi off shore. I trasferimenti avvengono secondo standard internazionali. I “bonifici devono contenere i dati completi su ordinante, beneficiario, causale”. I bonifici in entrata sono sottoposti a procedure interne di verifica.
CONTROLLI interni sono finalizzati a bloccare il riciclaggio. Dal 2009 i bilanci Ior sono certificati dall’agenzia internazionale Deloitte e dal 1995 si conformano all’International Accounting Standard. Passaggio più rischioso dell’intervento: “Non esistono conti cifra-ti, ma l’uso di codici alfanumerici è previsto nello scambio dei flussi informatici tra le banche per la registrazione delle singole operazioni…. per l’identificazione, su richiesta dell’AIF (Autorità vaticana di Informazione Finanziaria) o della Banca d’Italia, si può aprire il codice”. Dal profluvio di assicurazioni, in mancanza di contraddittorio, si deduce che incombe l’assemblea plenaria di Moneyval. Il 4 luglio dovrà valutare se ammettere la banca vaticana – “anzi lo Stato Città del Vaticano”, si precipita a precisare Cipriani – nella “white list” degli stati non sospettati di permettere manovre di riciclaggio o finanziamenti al terrorismo. Pare abbastanza evidente che la dirigenza dell’Istituto si mostra molto impegnata a raggiungere il traguardo agognato. Ogni assicurazione dello Ior diventa a questo punto una lama tagliente: o è la prova di un miglioramento in atto oppure, se un domani smentita da fatti, diventerà un pesante capo d’accusa.
Più volte Cipriani assicura che si lavora per “togliere le ombre del passato”. Lombardi evoca una “linea di trasparenza, correttezza e legalità della Santa Sede”. Restano aperte molte domande, e grosse. Perché i dubbi del cardinale Nicora e di Gotti Tedeschi sulla realizzazione di una trasparenza totale, evidentemente non avvenuta? Perché Bertone si è fatto fare dal giurista Giuseppe La Torre un “parere”, secondo cui lo Ior non deve fornire informazioni sulle transazioni anteriori al 2011? (Cipriani ora nega e promette il contrario). Perché la legge 166 vaticana ha riscritto la legge 127, che dava pieni poteri all’Autorità Informazione Finanziaria, limitandone l’attività di ispezione? Perché non vengono finalmente pubblicati il bilancio dello Ior e la certificazione Deloitte? Stravolto dall’emozione Cipriani alla fine sbrocca: “Il Papa è tiranno, un sovrano che può fare e disfare”. Padre Lombardi, imperturbabile come un gommista, mette la toppa: “Il Papa non è proprietario dello Ior, che è al servizio della Chiesa universale”. Moneyval non scherza. La disdetta della banca americana Morgan è un monito allarmante.
LA MORGAN chiedeva allo Ior informazioni precise sui conti correnti relativamente a eventuale cointestatari, origine di certi fondi, loro congruità, attività dell’ “ordinante”. Lo Ior ha traccheggiato, poi ha detto che serve inoltrare richiesta all’Autorità di Informazione Finanziaria. La Morgan si è stancata di risposte burocratiche ed evasive e bruscamente ha interrotto i rapporti.
Il Fatto (Marco Politi) 29.6.12
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