Arrivò al potere con un colpo di stato, spazzando via Isabelita Peron: sotto la sua dittatura si sono consumati crimini orribili. Condannato a scontare l’ergastolo, oggi Jorge Rafael Videla, parla dal carcere per accusare la Chiesa: “Sapeva dei desaparecidos”.
IL CASO – Parole come macigni gravano sulla cupola di San Pietro: la tempesta arriva dal carcere in cui Videla sta scontando i due ergastoli. L’ex dittatore ha rivelato: “In alcuni casi ci furono offerti i buoni uffici della Chiesa, che peraltro ha rivelato la verità ad alcuni familiari delle vittime, a patto che la notizia restasse riservata e che non fosse utilizzata in maniera politica”. Videla ha fatto anche dei nomi: l’ex cardinale Raul Primatesta e Pio Laghi.
I COLLOQUI – “In vita mia ho parlato con molte persone, con Primatesta più di una volta e con alcuni vescovi”, l’ex dittatore ha detto che il prelato sapeva della situazione: “La Chiesa era informata e in alcuni casi ha informato le famiglie circa le morti”. Il Cardinale Laghi, prestò servizio a Buenos Aires, negli anni della dittatura del ’70 e sembra che abbia aiutato a “coprire i delitti dei militari”. Nel 1997 arrivò la denuncia delle madri: “Collaborò attivamente con i membri sanguinari della dittatura militare e portò avanti personalmente una campagna volta ad occultare tanto verso l’interno quanto verso l’esterno del Paese l’orrore, la morte e la distruzione. Monsignor Pio Laghi lavorò attivamente smentendo le innumerevoli denunce dei familiari delle vittime del terrorismo di Stato e i rapporti di organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani”, le parole di parte del testo della denuncia, che non venne mai presa davvero in considerazione.
IL RUOLO DEL VATICANO - Prima dei mondiali di calcio del 1978, la Conferenza Episcopale Argentina informa il Vaticano di quanto sta accadendo nel paese: della repressione, degli omicidi e del fenomeno dei desparecidos. Secondo quanto scrive sul quotidiano Pagina 12 Horacio Verbitsky un “documento segreto” dei vescovi argentini fu inviato a Paolo VI. Videla ha affermato più volte di aver avuto “una relazione eccellente, molto cordiale, sincera e aperta” con la Chiesa Cattolica:
Nel documento, risalente all’aprile del 1978, si riferisce degli incontri tra i vescovi Raul Primatesta, Juan carlos Aramburu e Vicente Zazpe con il dittatore Jorge Videla. Nei colloqui, che secondo i religiosi si svolsero in un clima “di cordialità e sincerità”, fu apertamente sollevato il problema dei desparecidos e i vescovi chiesero anche, in caso di morte, dove questi fossero “sepolti”. A molte risposte il governo, dicevano i vescovi, non potette dare “una risposta soddisfacente” anche se il vescovo Primatesta ribadì che “la Chiesa vuole comprendere e cooperare” con lo stato.Si stima la sparizione di 30 mila persone, secondo le associazioni umanitarie, mentre Videla ne ha dichiarate “solo” 8 mila.
LE ACCUSE – L’ex dittatore ha giustificato i crimini commessi e ha detto che la tortura, il saccheggio e il rapimento dei bambini era il risultato del potere e della libertà d’azione concessa all’esercito. “È inevitabile che si utilizzi a proprio vantaggio questo tipo di libertà”. Videla è stato condannato a 50 anni di carcere per crimini contro l’umanità, in più è stato accusato di aver organizzato e gestito il piano per sequestrare i bambini. Le organizzazioni hanno stimato la scomparsa di 500 bambini e si hanno i nomi solo di 105, grazie alla ricerca delle “Abuelas de Plaza de Mayo”.
LA RESA DEI CONTI – Videla sta scontando la sua pena e insieme a lui, è finito in carcere il successore Reynaldo Bignone, condannato a quindici anni dietro le sbarre. Giornalettismo raccontava:
“La sottrazione dei piccoli non fu, come sostenuto dalla difesa dei generali, una casualità avvenuta nei lager della dittatura. Il cervello del Piano di riorganizzazione nazionale era l’ammiraglio Emilio Massera, membro della P2 di Licio Gelli e morto nel novembre del 2010. La “ristrutturazione nazionale” prevedeva l’uccisione segreta, degli oppositori al regime. Per le oppositrici in gravidanza erano previsto il parto nel lager, senza subire torture fino alla scadenza dei nove mesi. Le desaparecidas venivano poi uccise, senza avvisare le famiglie. I neonati venivano affidati alle mogli dei militari o in nuclei familiari “con comprovata fede nella religione cattolica”. Tramite indagini e prove del dna si è riuscito a raggiungere ed identificare 105 figli di desaparecidos. Alla lettura della sentenza è scoppiata la festa a Plaza de Mayo”Nonostante i crimini brutali, per adesso le persone incriminate sono solo 25: “Abbiamo sequestrato i bambini per proteggerli dai parenti. I terroristi li avrebbero usati come scudi umani” . Sedici anni di processo per avere nomi da accusare ma centinaia di ragazzi sono ancora in cerca delle proprie origini:
“Io sono credente però ci sono persone che hanno commesso degli errori. Nel mio caso, il mio “genitore adottivo” mi raccontò che mi ritirarono da un commissariato della provincia di Buenos Aires. C’erano vari piccoli, tutti figli di desaparecidos, controllati dalle suore. Un prete mi battezzò nella chiesa di Campo de Mayo e sapeva perfettamente che quei genitori non erano quelli naturali”.Una donna a cui è stata rapita la figlia è riuscita a ritrovare suo nipote ma ha detto: “È difficile spiegare a un ragazzo di sedici anni che i suoi genitori son in realtà i suoi ‘proprietari’”.
http://www.giornalettismo.com/archives/439059/desaparecidos-amen/