Il cattolicesimo non è solo una religione ma una religione fondamentalista, incompatibile con uno stato laico e democratico perché vuole imporre la sua morale a tutti i cittadini
Il cattolicesimo non è soltanto una religione fra le altre ma una religione che aspira a instaurare uno stato confessionale, le cui leggi si fondino sulla morale cattolica. Lo confermano ogni giorno gli interventi a gamba tesa di gerarchie cattoliche o politici al loro servizio, ora su divorzio breve o pillola del giorno dopo, ora su coppie di fatto o legge contro l’omofobia, su finanziamenti alle private o fine vita. Ultimo il caso del registro delle unioni civili proposto dal sindaco di Milano e che la curia con l’aiuto di quattro cattolici democratici (un ossimoro) ha cercato fino all’ultimo di contrastare, pur senza riuscirvi.
Cristianesimo e cattolicesimo
L’intento di dar vita a uno stato confessionale connota il cattolicesimo fin dalla sua nascita, nel IV secolo.
Col Concilio di Nicea del 325, presieduto dall’imperatore Costantino, la Chiesa condannò l’arianesimo, decretando la morte per chiunque detenesse un libro di Ario e non lo distruggesse. Essa si proclamava così l’unico cristianesimo legittimo – in opposizione ad altri via via definiti «eretici» – e rivendicava il diritto di imporlo con la forza.
Nel 380 Teodosio formalizzò questa posizione proclamando religione di stato non ilcristianesimo (come spesso si dice) ma la specifica dottrina cristiana «professata dal pontefice Damaso». I suoi seguaci, recita l’Editto, «siano chiamati cristiano-cattolici» mentre tutti gli altri, «eretici», siano puniti «non solo dalla vendetta divina, ma anche dal potere che la Volontà celeste ci ha accordato». Fermo restando, precisava in quegli anni Giovanni Crisostomo che l’imperatore a sua volta è sottomesso al papa, poiché «il clero è più altolocato del re».
Dal IV al XX secolo
Il cattolicesimo rafforzò questi caratteri durante tutto il Medioevo e l’età moderna, attraverso le crociate, l’Inquisizione, la «evangelizzazione» forzata delle Americhe.
La teocrazia, cioè la supremazia del papa rispetto all’imperatore e il dovere per quest’ultimo di emanare leggi in armonia con la dottrina cattolica, giunse al culmine nel XIII secolo, quando Tommaso d’Aquino scriveva che «il potere civile è sottoposto a quello spirituale come il corpo all’anima» e «la filosofia del Vangelo», ricorda con nostalgia Leone XIII, «governava la società» (Immortale Dei, 1885). Ma ancora nel XIX secolo, la libertà di coscienza era definita «delirio» da Pio IX (Sillabo, 1864). E fino a metà Novecento la Chiesa affermò che lo stato non deve essere «ateo» ma legiferare in armonia con la «vera religione» (Leone XIII). «La peste dell’età nostra è il… laicismo», dichiarava Pio XI nel 1925, che «negò alla Chiesa il diritto – che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo – di ammaestrare le genti, di far leggi, di governare i popoli per condurli all’eterna felicità» (Quas primas).
Né va dimenticata la contemporanea politica dei concordati, come quello del 1929 fra Pio XI e Mussolini, mirante a conservare un carattere confessionale agli stati, e a garantire al cattolicesimo i privilegi della «religione di stato», con la conseguente imposizione a tutti i cittadini di leggi conformi alla morale cattolica specie in fatto di matrimonio, aborto e così via.
E oggi, la teocrazia continua
Neppure con Giovanni XXIII, celebrato promotore del Vaticano II, le cose cambiano. Egli afferma che il potere statale non deve solo provvedere al bene terreno dei cittadini bensì agire «in modo… da servire altresì al raggiungimento del fine ultraterreno»; e che i politici cattolici devono operare «in accordo… con le direttive della autorità ecclesiastica» cui spetta «di intervenire autoritativamente presso i suoi figli nella sfera dell’ordine temporale» (Pacem in terris, 1963).
Il Catechismo della Chiesa cattolica del 1992, poi, «invita i poteri politici a riferire i loro giudizi e le loro decisioni» alla «Verità … divinamente rivelata». E all’Angelus del 20 febbraio 1994, Giovanni Paolo II condannò una risoluzione europea favorevole alle unioni di fatto perché «non conformi al piano di Dio», cioè a quello che la Chiesa considera tale: quasi che l’Europa del XXI secolo debba legiferare come l’Europa «cristiana» di Carlo Magno. E’ quanto afferma Benedetto XVI esortando i vescovi europei a «contribuire a edificare con l’aiuto di Dio una nuova Europa, ispirata alla perenne e vivificante verità del Vangelo» (2007).
La gherminella del “diritto naturale”
Tali posizioni non possono evidentemente conciliarsi con la laicità dello stato e la democrazia se non ricorrendo alla gherminella di far credere che le norme «conformi al piano di Dio» (dal matrimonio indissolubile alla morale sessuale cattolica) non siano valori «confessionali», vincolanti solo per i cattolici, ma esigenze etiche appartenenti alla «legge morale naturale», cui tutti devono sottostare (Nota dottrinale sui cattolici nella vita politica, 2002).
La tattica inaugurata già da Pio IX e Leone XIII e costantemente adottata da Benedetto XVI in questi anni è appunto quella di contrabbandare le dottrine cattoliche per «diritto naturale» (stabilito dalla Chiesa di Roma, non si capisce con quale autorità e a quale titolo né con quale logica dato che la favola del peccato originale, l’idea della famiglia monogamica come modello «naturale» o la castità perpetua contraddicono alla ragione, alla natura e alla storia).
Ne segue che per il papa in carica lo stato è «sanamente» laico soltanto quando, dopo aver fatto uscire dalla porta la morale cattolica, la fa rientrare dalla finestra travestita da «diritto naturale» … «Una sana laicità dello Stato comporta senza dubbio che le realtà temporali si reggano secondo norme loro proprie», disse Benedetto XVI nel 2006 ai vescovi italiani, «alle quali appartengono però anche quelle istanze etiche che trovano il loro fondamento nell’essenza stessa dell’uomo e pertanto rinviano in ultima analisi al Creatore», di cui lui, Benedetto, è il rappresentante in terra e l’interprete autorizzato. Sicché il gioco è fatto…
Sicché è del tutto fuorviante l’idea, coltivata anche da certi cattolici «progressisti», che la Chiesa abbia ormai accettato, a differenza dei fondamentalisti islamici, la laicità dello stato e che a sognare un regime teocratico siano solo alcune minoranze marginali (lefebriani, Fraternità di San Pio X e simili). A essere fondamentalista, e quindi incompatibile con la democrazia, è il cattolicesimo come tale – nonostante gli accorgimenti “tattici” cui la Chiesa e i politici cattolici ricorrono per meglio imporsi in una società come quella europea, a loro dispetto laica e secolarizzata.
http://www.cattolicesimo-reale.it/il-blog/la-religione-cattolica-e-incompatibile-con-la-democrazia/
Tratto da: La religione cattolica è incompatibile con la democrazia | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/07/27/la-religione-cattolica-e-incompatibile-con-la-democrazia/#ixzz21uifslaG
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