Mentre Mohammad Morsi rientra dalla sua prima visita di Stato in Arabia Saudita, due questioni continuano a tenere banco nel Paese. La prima concerne il braccio di ferro fra il nuovo presidente e l’Alta Corte Costituzionale. Dopo giorni di tensioni istituzionali che hanno di nuovo diviso l’Egitto fra detrattori e sostenitori del neo-presidente a proposito di un eventuale ripristino dell’attività parlamentare, Morsi sembra essersi rimesso alla decisione della Corte e aver accolto l’istanza di scioglimento del Parlamento.
Il secondo problema concerne invece di nuovo la vexata quaestio della Costituzione. Gli ultra-radicali partiti salafiti Al-Nur e Asala stanno ingaggiando una dura battaglia per modificare in senso islamico i primi articoli della Costituzione del 1971. In particolare premono affinché venga aggiunto il termine “consultativo” – con evidente riferimento alla shura o consultazione di matrice coranica – al primo articolo che dovrebbe così recitare: “La Repubblica Araba d’Egitto è uno Stato consultativo, costituzionale e moderno fondato sulla separazione dei poteri e il principio della cittadinanza”. Quanto agli articoli 2 e 3 vorrebbero che sancissero che è la Legge islamica o Sharia – e non solo i suoi “princìpi” – a fondare la legislazione nazionale. Implicando così la possibilità di tagliare le mani ai ladri e di lapidare i non credenti, con l’ovvio proposito di evitare una secolarizzazione dello Stato.
Ambizioni fondamentaliste che, malgrado l’opposizione dello sheikh di Al-Azhar Ahmad El-Tayeb, delle forze laiche e di gran parte dei Fratelli musulmani, indicano come il pericolo teocratico in Egitto non sia ancora del tutto scongiurato.
Marco Alloni
(15 luglio 2012)
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