giovedì 5 luglio 2012

STUDI SUL NUOVO TESTAMENTO: L'ESEGESI LAICA DEI VANGELI (Dall'invenzione alla falsificazione)

La trattazione laica della figura del Cristo e del cristianesimo in generale può sottostare, a tutt'oggi, se si vuole assicurarle un minimo di scientificità, a due sole fondamentali e preliminari impostazioni di metodo: quella dell'INVENZIONE e quella della FALSIFICAZIONE.

Ogni altra forma di esegesi, fosse anche derivata dalla demitizzazione bultmanniana, va considerata come "confessionale", anche se tra queste vi sono differenze di non poco conto, al punto che si dovrebbe tendere a preferire le esegesi ortodosse a quelle cattoliche, in quanto più favorevoli a un cristianesimo di tipo "democratico" e non "monarchico", e quelle protestanti a quelle ortodosse, in quanto più vicine al moderno ateismo o laicismo che dir si voglia. (1)


Quanto alle esegesi di tipo cattolico, tendiamo a preferire quelle più vicine alle ideologie del socialismo o comunque del laicismo in generale (p. es. il modernismo, la teologia della liberazione, il cristianesimo per il socialismo...). Tutte correnti entrate profondamente in crisi dopo la fine del cosiddetto "socialismo reale", anche se nei confronti delle istanze emancipative della religione cristiana, in genere, è notevolmente aumentata la disillusione a livello mondiale, specie sotto il pontificato di Wojtyla, dove gli aspetti accattivanti del "carisma personale" hanno praticamente fatto da paravento al valore del messaggio, che era profondamente conservatore.

Questo per dire che le esegesi di tipo laico non dovrebbero rifiutare di confrontarsi con le esegesi di tipo confessionale, benché sia a tutti evidente che una qualunque esegesi confessionale parte sempre da un presupposto per noi assolutamente indimostrabile, e cioè che il Cristo sia il "figlio di dio" o che comunque esista un "dio".

Sotto questo aspetto è indubbiamente più facile che il confronto con le ideologie religiose verta su argomenti non strettamente o non esclusivamente religiosi, come la pace, la giustizia sociale, la libertà di coscienza, la tutela della vita e dell'ambiente ecc.

Oltre a questo va detto che un'esegesi laica del cristianesimo non può non tener conto del fatto che a questa religione dicono di credere ancora centinaia di milioni di persone e lo fanno senza metterne minimamente in discussione i presupposti originari e neppure i dogmi, che pur hanno una loro storia, spesso alquanto controversa (si pensi solo a quello dell'infallibilità pontificia).

Noi non abbiamo il diritto di provocare tensioni tra le persone giudicandole negativamente per un dato atteggiamento assunto nei confronti della religione. Non possiamo dileggiare i presupposti della fede dei credenti, perché, anche se sappiamo che tali presupposti non hanno fondamenti scientifici, essi nondimeno costituiscono, per chi vi crede, una fonte di "vita", che può anche mutare l'esperienza personale.

Non possiamo neppure non considerare il fatto che se da un lato può esistere uno Stato laico e aconfessionale, dall'altro può esistere, nel medesimo Stato, una nazione confessionale o pluriconfessionale, come sempre più stanno diventando quelle europee, a causa dei fenomeni immigratori.

In una parola noi non possiamo sindacare sulle opinioni di coscienza. A questo punto però ci si può chiedere quali possano essere gli spazi di manovra di un'esegesi non confessionale del fenomeno religioso in generale e del cristianesimo in particolare, soprattutto delle sue fonti letterarie e non.

Cioè la domanda che dobbiamo porci è la seguente: in che modo possiamo compiere un'analisi laica del cristianesimo senza offendere i sentimenti dei credenti, senza scendere in forme superate di anticlericalismo, senza creare inutili, anzi controproducenti battaglie di retroguardia?

Un modo l'abbiamo già detto: affrontando argomenti comuni, che coinvolgano credenti e non-credenti, che sono "comuni" appunto perché riguardano lo sviluppo della società civile. In questo modo il confronto avviene su questioni concrete, oppure, se su questioni teoriche, in base a un'impostazione generale di tipo laico, dove ci si differenzia soltanto nelle conclusioni finali, negli scopi ultimi dell'impegno umano e civile.

L'altro modo è quello di promuovere un'analisi scientifica o razionale, o storicamente fondata, o culturalmente motivata e qualificata dei testi in cui i credenti dicono di basare la loro fede, evitando accuratamente, oltre alle cose già dette in riferimento all'anticlericalismo, di parteggiare per un punto di vista religioso rispetto a un altro, o anche solo di sostenere la causa di chi si oppone, per motivi religiosi, alla religione dominante. Nessuna religione è in grado di risolvere alcun problema dell'umanità, anche se, in quanto laici, lotteremo contro le discriminazioni per motivi religiosi e siamo ben consapevoli che non tutti i laicismi costituiscono alternative convincenti alle religioni.

Noi dobbiamo semplicemente dimostrare che vi sono ragioni sufficienti per insinuare dei dubbi all'interno di certezze secolari, ritenute incontrovertibili. Questo modo di procedere lo si incontra spessissimo nella storia del pensiero umano. Gli stessi cristiani, in origine, lo adottarono per mettere in discussione i fondamenti ideologici dell'ebraismo e del paganesimo.

Certo, noi potremmo dire di non aver bisogno di compiere un lavoro culturale del genere, in quanto la società in cui viviamo, che è borghese e capitalistica, porta naturalmente il credente a diventare scettico, agnostico, indifferente alle questioni religiose.

Potremmo anche pensare che il modo migliore di superare i pregiudizi religiosi sia quello di non far nulla e di attendere che il consumismo e la progressiva laicizzazione dei costumi e degli stili di vita facciano naturalmente il loro corso. Le stesse religioni sembrano oggi avere sufficienti anticorpi per isolare gli elementi più fanatici o estremisti al loro interno.

Tuttavia noi dobbiamo creare una società basata sull'UMANESIMO LAICO, cioè su una cultura che deve porsi in maniera autonoma, critica e propositiva. Noi non possiamo restare indifferenti al fenomeno religioso, anche quando questo fenomeno agisce nei limiti della legalità o della ragione.

In Italia abbiamo ancora l'insegnamento confessionale di una religione che viola la laicità dello Stato e il carattere pubblico della scuola, abbiamo uno Stato della Chiesa che gode dell'extraterritorialità in uno Stato che pretende di essere sovrano, abbiamo continue ingerenze del clero cattolico nella vita politica, sociale e culturale del nostro paese, soprattutto nei momenti cruciali in cui si deve esprimere la libertà di coscienza e di voto politico, abbiamo una Costituzione che attraverso il Concordato mantiene un rapporto privilegiato con una determinata confessione, abbiamo delle statistiche falsate dal fatto che l'appartenenza o meno a una religione viene misurata in rapporto al numero dei battesimi, abbiamo una sorta di assistenza obbligatoria alle religioni convenzionate con lo Stato che passa sotto l'otto per mille, abbiamo spesso dichiarazioni di esponenti di governo o di istituzioni statali che esprimono pubblicamente esplicite preferenze per la religione cattolica in rapporto ad altre religioni, e così via.

Di fronte a tutto questo la cultura laico-umanistica non può assumere una posizione neutrale, di indifferenza, lasciando che siano i tempi, in maniera spontanea, a portare uomini e donne a rivedere l'atteggiamento assunto nei confronti di questa o quella religione.

Non possiamo limitarci a credere che quanto sia stato fatto in questi ultimi 500 anni, riguardo alla critica del fenomeno religioso (critica che in Italia è addirittura iniziata coi movimenti ereticali medievali), possa essere considerato sufficiente per tutelarci dagli abusi, dalle strumentalizzazioni politiche che ancora oggi si fanno di questo fenomeno e delle sue idee.

Noi vorremmo che la fede restasse circoscritta nei limiti della libertà di coscienza e che le comunità religiose venissero trattate come associazioni private, ma così purtroppo non è. Privilegi ingiustificati e indebite ingerenze persistono senza che da parte laica vi sia una sufficiente contestazione.

E' indubbio che su questa debolezza della cultura laica ha pesato la metodologia di certa sinistra, che ha preferito ignorare il fenomeno religioso, temendo di scatenare guerre inopportune, anticlericalismi giacobini, e questo nella speranza di veder aumentare il proprio elettorato. Ma così facendo si è impoverita la cultura laica, che oggi non ha strumenti convincenti per contrastare ciò che le si oppone.

Ecco perché occorrerebbe riprendere la battaglia sui due versanti in cui più sono visibili le anomalie: quello culturale e quello politico. Quest'ultimo in relazione alle continue ingerenze clericali nella vita quotidiana. L'altro in relazione alle tesi integralistiche, ai dogmi della fede, alle opinioni dominanti in materia di religione.

Ma cerchiamo anzitutto di spiegare la differenza terminologica dei due termini fondamentali: INVENZIONE e FALSIFICAZIONE.

Le favole, le fiabe sono invenzioni letterarie, prodotte dalla fantasia popolare e messe per iscritto da qualche redattore, spesso anonimo. Non sono necessariamente delle falsificazioni, poiché l'oggetto che si sarebbe dovuto falsificare non si presentava in misura così importante o così compromettente.

Certo, dietro taluni personaggi fiabeschi possono celarsi nomi di principi e sovrani autoritari, realmente esistiti, che non avrebbero tollerato di essere esplicitamente citati. Ma qui non siamo ancora in presenza di manipolazioni falsificatorie, cioè di mistificazioni più o meno mascherate, volute coscientemente per nascondere realtà scomode.

Nelle fiabe popolari si possono incontrare accorgimenti letterari, forme di garanzie di tutela da eventuali spiacevoli ritorsioni. Tant'è che spesso i redattori hanno preferito, per motivi di sicurezza, trincerarsi dietro l'anonimato e chi non l'ha fatto, come p.es. Esopo, è stato anche assassinato.

Un genere letterario che potrebbe essere letto in quest'ottica sono le parabole evangeliche, le quali, pur prendendo spunto da fatti concreti, sono in sostanza delle invenzioni letterarie, che non si pongono come obiettivo la falsificazione della realtà, anche se è indubbio che nei momenti di gravi limitazioni della libertà espressiva, l'uso della parabola, come critica metaforica dei poteri dominanti, abbia caratterizzato la stessa predicazione del Cristo.

La realtà, nelle fiabe, viene semplicemente edulcorata in quegli aspetti che potrebbero risultare sconvenienti per l'incolumità personale. La critica delle istituzioni, dei poteri dominanti che si fa attraverso questi artifici letterari è quindi sempre indiretta, è più etica che politica, o se vogliamo è solo implicitamente politica.

In una via di mezzo tra l'INVENZIONE e la FALSIFICAZIONE stanno tutti i racconti natalizi dei vangeli di Matteo e di Luca. Qui la falsificazione interviene sull'invenzione, allorquando si vuole dimostrare che il Cristo è "figlio di dio" o "di Davide", secondo una genealogia del tutto inventata.

I racconti natalizi sono stati presi da tradizioni pre-cristiane e adattate al cristianesimo, esattamente come i classici omerici hanno ripreso dei racconti molto antichi, reimpostandoli in modo tale che apparisse in maniera evidente la superiorità della civiltà ellenica. Anche qui in fondo si è in presenza di una falsificazione, in quanto sono state esageratamente esaltate le caratteristiche degli uomini di una civiltà antagonistica, appunto quella ellenica, mettendo in cattiva luce tutti i personaggi che non rientravano nei valori di questa civiltà (si pensi alla figura volutamente mostruosa, caricaturale, di Polifemo, rappresentante di una società agro-pastorale che l'astuto mercante-militare Ulisse doveva assolutamente sconfiggere ed espropriare).

Ma questa falsificazione non aveva lo scopo di creare un "movimento popolare": era solo un sollazzo intellettuale per i ceti benestanti, serviva semplicemente per confermare una posizione acquisita. Coi vangeli la questione è molto diversa e lo vedremo strada facendo.

Tutta la migliore cultura razionalistica, illuministica e positivistica europea ha affrontato l'argomento "vangeli" secondo l'impostazione della INVENZIONE. I più importanti teorici sono stati Feuerbach e alcuni esponenti della Sinistra hegeliana: Strauss e Bruno Bauer.

E' stato sulla base di questi studi che progressivamente è emersa anche l'altra impostazione: quella della FALSIFICAZIONE.

Con la nascita del socialismo scientifico, soprattutto con gli studi di Engels e di Kautsky, e successivamente con quelli dell'inglese Brandon, che non era marxista, è venuta emergendo un'analisi delle origini del cristianesimo che per certi versi lascia ancora più sconcertati. I vangeli mistificano la realtà presentando un Cristo del tutto spoliticizzato, e questo per far sì che i cristiani venissero accettati senza riserve dalle istituzioni romane. In pratica il Cristo dei vangeli è una INVENZIONE che si basa su una FALSIFICAZIONE.

In Russia queste due interpretazioni le chiamarono con altri nomi: "scuola mitologista" e "scuola storicista". L'esponente più significativo della prima fu Kryvelev. L'altra scuola ha avuto molti seguaci. Non erano scuole in opposizione, ma portavano a risultati diversi.

La scuola mitologista (di cui in Italia il maggiore rappresentante è stato Donini) si è sempre preoccupata di dimostrare che il Nuovo Testamento in nessuna parte può essere considerato una fonte storica e che allo stato attuale delle fonti un affronto storicistico del cristianesimo è praticamente impossibile. Questa corrente si è in sostanza servita delle contraddizioni relative a spazio e tempo per dimostrare l'infondatezza di tutte le tesi religiose.

L'altra scuola invece ha ragionato in termini ipotetici e s'è chiesta se, dando per scontato alcune cose, si arriverebbe comunque a una conclusione laico-razionale nell'analisi del cristianesimo primitivo. Cioè in pratica la domanda che s'è posta è stata la seguente: ammesso che il Cristo sia esistito, per quale ragione lo si è voluto presentare come un dio e non come un uomo? perché lo si è voluto completamente spoliticizzare e in che modo si può dimostrare la presenza di questa volontà mistificatrice?

Inutile dire che sia l'una che l'altra scuola rendono per noi laici del tutto inutile la lettura dei testi confessionali di commento al Nuovo Testamento. Improvvisamente ci siamo accorti che quanto era stato prodotto dalla chiesa negli ultimi duemila anni aveva un valore del tutto irrisorio e che, se si voleva continuare ad esaminare le fonti letterarie di questa religione, bisognava in sostanza ripartire da zero.

Ma più precisamente cosa vuol dire "falsificare la realtà"? La realtà viene falsificata dai redattori anonimi dei vangeli e di tutto il Nuovo Testamento per una serie di ragioni.

Anzitutto la falsificazione viene fatta quando non si può prescindere da una determinata realtà: questa è la prima fondamentale motivazione. Nel senso che i redattori devono dare per scontata l'esistenza di una realtà ad essi precedente, di cui devono necessariamente tener conto, proprio perché loro stessi fanno parte di quella realtà.

Questa realtà, che in origine era quella umana e politica del Cristo, contiene un messaggio di vita, una proposta rivolta alle contraddizioni antagonistiche, conflittuali, della società schiavistica, nei cui confronti non ci si può porre in maniera neutrale: o la si accetta o la si rifiuta.

Se la si accetta bisogna essere coerenti e rischiare quello che il Cristo ha rischiato; se la si rifiuta e si vuole continuare a definirsi "cristiani", bisogna necessariamente intervenire con una revisione dei fatti o appunto con una falsificazione.

Siccome la linea ufficiale, quella che per noi risulta storicamente prevalente, è stata la seconda, occorre che, nell'esame di queste fonti letterarie, si parta dal presupposto che dietro vi sono state pesanti manipolazioni volte a giustificare una determinata scelta di campo.

Il marxismo della II Internazionale rientrava, a pieno titolo, nell'alveo del "socialismo scientifico", però nell'imminenza della I guerra mondiale Lenin ebbe il coraggio di dire che in nome di questo socialismo i partiti della II Internazionale avevano tradito la causa del socialismo, in quanto invece di trasformare la guerra imperialistica in guerra civile, eliminando le rispettive borghesie nazionali che volevano portare l'umanità al massacro, avevano sostenuto l'idea di una guerra nazionale difensiva, mandando così il proletariato a combattere in trincea. Questo per dire che la falsificazione avviene sempre su qualcosa di già dato e da cui non si può prescindere.

La differenza, in tal senso, tra i vangeli e poemi omerici sta appunto nel fatto che i redattori cristiani appartenevano a un movimento di persone che pretendeva di avere un progetto alternativo sulla società. Un progetto che, anche se non voleva porsi in maniera politica esplicita (salvo il concetto di separazione tra chiesa e Stato), coinvolgeva sicuramente gli aspetti sociali e culturali.

Per noi che viviamo fuori della chiesa può apparire irrilevante che i primi cristiani abbiano operato delle mistificazioni sul loro stesso fondatore, eppure - come si può facilmente notare - queste mistificazioni possono avvenire anche in ambienti laici ed è bene essere pronti ad affrontarle con la dovuta accortezza.

Ma se una falsificazione da parte dei redattori neotestamentari c'è stata, a che livello essa s'è posta? quali sono i confini epistemologici entro cui s'è mossa?

Qui anzitutto è bene sgombrare il campo da ogni equivoco ed essere molto precisi nelle tesi da sostenere. Il Cristo storico, non quello della fede, non si poneva come un profeta disarmato, ma come un leader politico intenzionato a liberare la Palestina dai romani e dai loro collaborazionisti ebrei, creando una società basata sulla giustizia sociale e sulla libertà per tutti.

Questo tentativo rivoluzionario fallì perché tradito e perché, nonostante il tradimento e la morte del suo leader, il movimento nazareno non fu sufficientemente unito e determinato nel proseguire il messaggio originario.

Ciò che si portò avanti, dai seguaci del Cristo, guidati in primo luogo da Pietro e successivamente da Paolo, le cui idee ad un certo punto risultarono dominanti, fu un'altra cosa.

Quest'altra cosa, per presentarsi non come diversa ma come un "seguito", una prosecuzione della cosa originaria, ebbe necessariamente bisogno della mistificazione.

E la prima, assoluta, mistificazione, quella per la quale si sono usate le parti finali dei vangeli, allo scopo di dimostrare la fondatezza del "nuovo cristianesimo", è stata quella elaborata dall'apostolo Pietro, secondo cui la scomparsa del corpo di Cristo dalla tomba equivaleva ad affermare ch'era risorto.

La seconda mistificazione, conseguente a questa, è stata quella di Paolo di Tarso, secondo cui se il Cristo era risorto, allora era "figlio di dio" e se non era ritornato in Palestina da trionfatore, allora non aveva senso continuare a lottare contro l'oppressore straniero.

Con Pietro e soprattutto con Paolo il cristianesimo s'è trasformato da messaggio politico di liberazione nazionale e di giustizia sociale, a messaggio spiritualistico di redenzione morale e universale dal peccato d'origine. Di colpo il cristianesimo diventava politicamente conservatore.

Solo nella sua fase iniziale il cristianesimo arrivò a chiedere una certa separazione di chiesa e Stato, finché poi con Costantino e soprattutto con Teodosio fu imposto a tutto l'impero un nuovo Stato confessionale, vietando le manifestazioni del culto pagano o comunque non cristiano.

Ora facciamo un esempio di falsificazione preso direttamente dal vangelo di Giovanni (13,27). Durante l'ultima cena Gesù commissionò a Giuda un compito molto importante, caratterizzato da un certa urgenza (non dimentichiamo che si era alla vigilia dell'insurrezione antiromana), e usò le parole: "Quello che devi fare, fallo presto".

Il significato di queste parole, nel contesto semantico in cui sono collocate, è inequivoco, anche se Giovanni scrive che risultò incomprensibile ai discepoli: "Se mi devi tradire, sbrigati, assumiti le tue responsabilità e adempi così al disegno divino secondo cui il Cristo deve morire".

Il Cristo infatti deve morire per salvare l'umanità dal peccato d'origine, deve essere sacrificato come una sorta di "agnello pasquale". Il tradimento è parte integrante del progetto salvifico di dio.

Questa è FALSIFICAZIONE. Nel senso cioè che la frase può anche essere stata detta così, ma sicuramente aveva un significato opposto a quello che ci è stato tramandato.

Qui si possono solo ipotizzare delle varianti interpretative: "Verifica se possiamo contare su questo o quell'alleato, poiché l'insurrezione è imminente"; oppure "Avvisa gli alleati di tenersi pronti questa notte all'insurrezione armata"; oppure "Avvisa il tuo partito di riferimento di tenersi pronto" (supponendo - e di alcuni lo sappiamo anche - che i Dodici provenissero da diversi ambienti politici e non fossero semplicemente dei pescatori).

Esempi come questi sono numerosissimi in tutto il Nuovo Testamento.



(1) Attenzione che col concetto di "laicità" non va intesa la possibilità di permettere alla chiesa di concepirsi politicamente o anche solo giuridicamente come uno "Stato" all'interno di un altro Stato. Una presenza ecclesiastica del genere nega, ipso facto, qualunque laicità statale. "Laicità" vuol dire piuttosto "separazione" di chiesa e Stato, e in campo culturale vuol dire "interpretazione umanistica", dove qualunque aspetto "religioso" è escluso a priori, anche quando viene usato in senso metaforico o simbolico, anche quando lo si vuol far passare, come fece Maritain, dietro formule che il laicismo potrebbe in via di principio accettare, come quella dell'"umanesimo integrale". (torna su)

Altri testi

http://www.homolaicus.com/nt/vangeli/esegesi1.htm