“I vescovi non sono obbligati a denunciare i preti pedofili”
PIENA collaborazione della Chiesa italiana con la giustizia civile sugli abusi sessuali di sacerdoti nei confronti di minori. Ma nessuna denuncia diretta da parte dei vescovi, perché l´obbligo non è previsto dall´ordinamento nazionale. Sono questi alcuni tra i punti fondamentali delle “Linee guida” della Cei sulla pedofilia 1.
Ecco le linee guida della Cei: i prelati collaborino con i giudici
La scelta è stata di non scavalcare la legge nazionale che costringe solo i pubblici ufficiali
Le nuove norme accolgono le richieste del Papa: saranno diffuse la settimana prossima
Ecco le linee guida della Cei: i prelati collaborino con i giudici
La scelta è stata di non scavalcare la legge nazionale che costringe solo i pubblici ufficiali
Le nuove norme accolgono le richieste del Papa: saranno diffuse la settimana prossima
La Conferenza episcopale italiana le diramerà la prossima settimana durante la sua Assemblea generale, preceduta da una prolusione del presidente, il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco. Una decisione che non mancherà di suscitare l´attenzione dell´opinione pubblica, e forse qualche polemica. Perché con l´annuncio delle “Linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici”, la Chiesa italiana viene in ogni caso incontro alle richieste fatte lo scorso anno da Benedetto XVI, e poi raccomandate nel maggio 2011 dalla Congregazione per la Dottrina della fede. Ma le denunce dovranno partire dalle vittime stesse, e non dalle diocesi.
Vediamo i punti principali delle disposizioni in materia. Nella sostanza, il documento della Chiesa italiana è in buona parte l´applicazione della Lettera circolare della Congregazione, l´ex Sant´Uffizio, per tanti anni guidato da Joseph Ratzinger prima di diventare Papa. Quando nel 2010 scoppiò il caso della pedofilia nella Chiesa, il Pontefice chiese alle Conferenze episcopali di tutto il mondo di redigere un regolamento che affrontasse con spirito nuovo e “tolleranza zero” il fenomeno. Le nuove norme sono state quindi elaborate e approvate nel gennaio scorso, ma si è deciso di presentarle e pubblicarle nella settimana in cui si svolge l´Assemblea generale della Cei.
Uno dei primi punti è quello dell´ascolto delle vittime o dei loro familiari da parte del vescovo o di un suo delegato. Determinante sotto questo profilo l´assistenza psicologica e spirituale dei minori. E vale per tutti l´esempio dato dallo stesso Benedetto in più viaggi all´estero: a Malta, in Germania, in Gran Bretagna il Papa ha voluto ricevere e parlare con le vittime. Dura in proposito la sua Lettera pastorale ai cattolici d´Irlanda, con ferme accuse ai prelati e parole di vicinanza agli abusati.
Un secondo pilastro riguarda la protezione dei bambini e dei giovani da parte del vescovo. Viene sentita come doverosa l´esigenza di fornire una risposta adeguata ai casi di abuso sessuale commesso dai chierici. E sono previsti programmi educativi di prevenzione, sia per aiutare i giovani sia per sostenere i genitori.
Terzo punto forte, la formazione dei religiosi. Un aspetto che concerne il «corretto discernimento vocazionale» e una «sana formazione umana e spirituale dei candidati». I futuri sacerdoti dovranno infatti apprezzare «la castità e il celibato», rispettando così «la disciplina della Chiesa».
Il vescovo dovrà quindi, e questo è un ulteriore cardine, accompagnare i suoi religiosi, soprattutto nei primi anni del loro sacerdozio, avvertendoli circa il «danno recato da un chierico alla vittima di abuso sessuale» e della «propria responsabilità di fronte alla normativa canonica e civile».
Il punto in ultimo decisivo è quello della cooperazione con la giustizia civile. La Lettera circolare del Sant´Uffizio lo scorso anno raccomandava così: «Sebbene i rapporti con le autorità civili differiscano nei diversi Paesi, tuttavia è importante cooperare con esse nell´ambito delle rispettive competenze». E poiché si prescriveva che le Linee guida tenessero conto delle legislazioni dei singoli Paesi, la scelta infine è stata quella di non scavalcare la normativa nazionale che, per l´Italia, prevede l´obbligo di denuncia all´autorità giudiziaria solo per i pubblici ufficiali e non lo prevede dunque per i casi di abuso di cui venissero a conoscenza i vescovi. L´eventuale denuncia starà alle vittime, che troveranno in questo piena collaborazione da parte dei ministri religiosi.
Vediamo i punti principali delle disposizioni in materia. Nella sostanza, il documento della Chiesa italiana è in buona parte l´applicazione della Lettera circolare della Congregazione, l´ex Sant´Uffizio, per tanti anni guidato da Joseph Ratzinger prima di diventare Papa. Quando nel 2010 scoppiò il caso della pedofilia nella Chiesa, il Pontefice chiese alle Conferenze episcopali di tutto il mondo di redigere un regolamento che affrontasse con spirito nuovo e “tolleranza zero” il fenomeno. Le nuove norme sono state quindi elaborate e approvate nel gennaio scorso, ma si è deciso di presentarle e pubblicarle nella settimana in cui si svolge l´Assemblea generale della Cei.
Uno dei primi punti è quello dell´ascolto delle vittime o dei loro familiari da parte del vescovo o di un suo delegato. Determinante sotto questo profilo l´assistenza psicologica e spirituale dei minori. E vale per tutti l´esempio dato dallo stesso Benedetto in più viaggi all´estero: a Malta, in Germania, in Gran Bretagna il Papa ha voluto ricevere e parlare con le vittime. Dura in proposito la sua Lettera pastorale ai cattolici d´Irlanda, con ferme accuse ai prelati e parole di vicinanza agli abusati.
Un secondo pilastro riguarda la protezione dei bambini e dei giovani da parte del vescovo. Viene sentita come doverosa l´esigenza di fornire una risposta adeguata ai casi di abuso sessuale commesso dai chierici. E sono previsti programmi educativi di prevenzione, sia per aiutare i giovani sia per sostenere i genitori.
Terzo punto forte, la formazione dei religiosi. Un aspetto che concerne il «corretto discernimento vocazionale» e una «sana formazione umana e spirituale dei candidati». I futuri sacerdoti dovranno infatti apprezzare «la castità e il celibato», rispettando così «la disciplina della Chiesa».
Il vescovo dovrà quindi, e questo è un ulteriore cardine, accompagnare i suoi religiosi, soprattutto nei primi anni del loro sacerdozio, avvertendoli circa il «danno recato da un chierico alla vittima di abuso sessuale» e della «propria responsabilità di fronte alla normativa canonica e civile».
Il punto in ultimo decisivo è quello della cooperazione con la giustizia civile. La Lettera circolare del Sant´Uffizio lo scorso anno raccomandava così: «Sebbene i rapporti con le autorità civili differiscano nei diversi Paesi, tuttavia è importante cooperare con esse nell´ambito delle rispettive competenze». E poiché si prescriveva che le Linee guida tenessero conto delle legislazioni dei singoli Paesi, la scelta infine è stata quella di non scavalcare la normativa nazionale che, per l´Italia, prevede l´obbligo di denuncia all´autorità giudiziaria solo per i pubblici ufficiali e non lo prevede dunque per i casi di abuso di cui venissero a conoscenza i vescovi. L´eventuale denuncia starà alle vittime, che troveranno in questo piena collaborazione da parte dei ministri religiosi.