Space enthusiast di lungo corso, Adriano Autino è un eclettico per eccellenza. Consulente informatico, ha collaborato per anni con Alenia Finmeccanica e con il CIRA (il Centro italiano di ricerche aerospaziali a Capua), e oggi dirige la società Andromeda, che si occupa di sviluppo di software e tecnologie con un occhio di riguardo al settore spaziale. Jazzista – ha formato un proprio gruppo, la “Moon Walkers Jazz Band” – è direttore di “Tecnologie di Frontiera”, rivista pionieristica sul web in Italia, ed autore di libri, tra cui La Terra non è malata, è incinta, in cui presenta la sua tesi di fondo: la necessità di un’espansione umana nello spazio per ridare speranza alla nostra civiltà e assicurarle un futuro. E per promuovere quest’obiettivo ha fondato Space Renaissance, un’iniziativa che intende mettere insieme esperti di questioni spaziali ed appassionati per promuovere un rinascimento spaziale. Ne parlerà a Napoli, alla Città della Scienza, il prossimo 22 marzo nell’ambito dell’evento di presentazione dell’iniziativa insieme con importanti esponenti del settore spaziale italiano. Ma qualcosa ha voluto anticipare ai lettori di Fanpage.it, media partner dell’evento.
Verso una “new space economy”
“La visione dominante del nostro mondo è chiusa e precopernicana, e non osa pensare che gli umani possano realmente risiedere e lavorare al di fuori del pianeta”, esordisce Autino. “Prova ne sia che neppure le nazioni che maggiormente hanno osato guardare in alto – Stati Uniti in primo luogo – hanno sinora saputo andare oltre i concetti di ‘ricerca spaziale’, ‘esplorazione’, ed utilizzo dello spazio per la terra (telecomunicazioni ed osservazione della terra). Quando da almeno trent’anni si dovrebbe parlare di industrializzazione dello spazio”. Industrializzazione che però deve essere rispettosa di quello che viene definito il ‘quarto ambiente’, lo spazio, che come gli altri ambienti sulla Terra è, tra l’altro, già pieno di rifiuti. “Quando si discute di ecologia si considera esclusivamente l’ecologia terrestre, e non l’ecologia cosmica, o perlomeno del sistema solare: ci si accorge che questa esiste quando ci piove in testa, come l’asteroide recentemente deflagrato sul cielo russo”.
Nella sua visione pionieristica, Autino sostiene che il rinascimento spaziale debba partire dall’iniziative privata, superando “i limiti ideologici e politici, dagli interessi di agenzie spaziali burocratiche, interessate a mantenere lo spazio appannaggio dello Stato, dall’insipienza totale di politici come quelli italiani, dalla generale diseducazione del grande pubblico sui grandi temi di portata globale in genere, e sullo spazio in particolare, ritenuto dai più un costoso divertimento”. Tra gli esempi positivi cita SpaceX, la compagnia spaziale fondata da Elon Musk che sta dimostrando realizzabile il sogno di un accesso dei privati allo spazio, “iniziando dal turismo sub-orbitale, oggi in fase di lancio”. E l’esperienza americana, dove Obama ha sollecitato la NASA a favorire il decollo dell’imprenditoria spaziale, dev’essere l’esempio da seguire: “I governi, sia singolarmente sia le istituzioni internazionali, dovranno aiutare creando un ambiente fiscale amichevole nei confronti della new space economy. La collaborazione tra governi ed istituzioni internazionali è auspicabile per affrontare e risolvere i problemi (scientifico-tecnologici) più urgenti ed impegnativi, nel campo eso-biologico soprattutto. Si dovranno creare strumenti finanziari nuovi, che permettano ai risparmiatori di investire nell’impresa spaziale, l’unica che può portare ritorni di investimento enormi, sia nel medio-breve che nel lungo periodo”.
Una road-map per le colonie spaziali
I tempi sono maturi dal punto di vista tecnologico. Il sogno di Gerard O’Neill, il consulente della NASA che negli anni ’70 sognava una colonia autosufficiente nello spazio, punto di riferimento di tutti i sostenitori dell’abitabilità dello spazio, può essere realizzato in “appena 10 anni, in un punto Lagrange Terra-Luna (un punto in cui l’equilibrio gravitazionale mantiene la struttura “ferma” sul posto, n.d.r.): il tempo di rodare tecnologie Terra-orbita a basso costo, poi il più sarebbe fatto”. Ma se si vuole fare un passo in avanti nell’ottica dell’abitabilità dello spazio, andando oltre il concetto di basi spaziali per “missioni in stile militare (dove purtroppo le persone sono considerate ‘spendibili’)”, allora bisognerà risolvere altri problemi: “Da subito si dovrebbe lavorare seriamente sugli aspetti exo-biologici, quali la protezione dalle radiazioni ‘dure’, e la gravita’ artificiale. Poi ci vorrebbe un piano di utilizzo di risorse lunari e NEA (Near Earth asteroids, gli asteroidi più vicini alla Terra, n.d.r.), ed un progetto di costruzione di centrali solari spaziali, per fornire il cantiere lagrangiano (il governo giapponese pianifica di orbitare un satellite di produzione di energia solare spaziale nel 2030). A mio avviso, se si partisse subito, per il 2050 si potrebbe cominciare ad avere qualcosa di abitabile, avendo iniziato i lavori in situ intorno al 2035”.
Autino guarda anche oltre il vicinato spaziale, a colonie nella cintura degli asteroidi, oltre l’orbita di Marte: “Una volta fatto il passo essenziale (sistemi terra-orbita a basso costo), il resto verrà in crescendo, appena i numeri dell’economia cominceranno a crescere a doppia cifra, grazie alla space revolution”. Ma è proprio la space revolution, la rivoluzione che l’espansione umana nello spazio promette per innovare l’economia e la società mondiale, il punto più difficile da raggiungere: “Dubito che l’attivismo delle organizzazioni pro-space possa smuovere l’opinione pubblica, benché svolgano un compito prezioso ed insostituibile di elaborazione filosofica”, ammette Autino. “Eventi come quello della pioggia di meteoriti su Chelyabinsk possono focalizzare l’attenzione pubblica sull’interfaccia terra-cosmo molto più di mille conferenze. Canalizzare un flusso sufficiente di investimenti sull’impresa spaziale è la scommessa che la nostra civiltà dovrà vincere, entro il 2020: il difficile è lo spunto iniziale, poi quando si cominceranno a vedere le cifre dei rendimenti, tutti vorranno metterci il loro denaro. Perché l’apertura della frontiera spaziale, ed il volume di business generato dal turismo spaziale, produrrebbe milioni di nuovi posti di lavoro, e l’industria spaziale diventerebbe rapidamente la linea di sviluppo principale del XXI secolo”.
Liberare la Terra dalla pressione umana
La prospettiva economica, tuttavia, è nella visione di Autino solo la leva con cui sollevare il mondo nuovo che verrà. Un mondo che, se continuerà a non volersi affacciare sullo spazio, “continuerà ad essere chiuso, perché la mancanza di spazio, di risorse e di energia pesa come un macigno e genera disperazione crescente. La gente sempre meno saprà collaborare per scopi comuni, ed assisteremo ad un imbarbarimento progressivo, che porterà all’implosione della civiltà (come sostenuto anche da Stephen Hawking)”. La scarsità di risorse sulla Terra sta portando l’umanità a deturpare il proprio pianeta, quando invece iniziano a diventare ormai disponibili strumenti per risolvere il problema: “Non credo infatti che la deturpazione della terra sia un problema morale, i fenomeni di degrado ambientale sono un problema dovuto alla crescita umana in un sistema chiuso”, sostiene Autino. “Diventa un problema morale quando, pur avendo i mezzi per espanderci, e quindi alleggerire il pianeta dalla nostra presenza, insistessimo a non farlo. Ma anche questo sarebbe più un danno inflitto alla nostra specie, che non al pianeta: il pianeta nella sua storia ha visto ben altro e, estinti noi, nel giro di pochi millenni manco resterebbero tracce del nostro passaggio”.
Il sogno è quello di un’umanità che diventi creatrice di nuovi ambienti sostenibili nello spazio, dove le possibilità sono letteralmente infinite: “Sulla Luna e su Marte c’e’ la possibilità di creare ambienti molto interessanti sia dal punto di vista abitativo, sia per studiare scientificamente i meccanismi ed i sistemi naturali. Il concetto stesso di ambiente andrebbe discusso da un punto di vista umanista: un ambiente eticamente auspicabile è un ambiente vivibile, piacevole ed entusiasmante per gli umani”. La Luna dovrebbe essere comunque solo una tappa intermedia: “Vista l’abbondanza di risorse asteroidee, non esiste una vera necessità di insediamenti lunari, se non di interesse scientifico”. La vera meta è Marte, dove le condizioni sono simili a quelle della Terra, ma prima di creare “insediamenti umani di tipo cittadino” sul pianeta rosso, se ne potrebbero realizzare nelle colonie spaziali in stile O’Neill, che “possono ruotare, risolvendo il problema della gravità artificiale, cosa che, almeno per i primi insediamenti, darebbe il tempo agli umani di adattarsi con maggior progressività, rispetto a repentini insediamenti in habitat lunari, ad un sesto della gravità terrestre”. Inoltre, spiega Autino, “habitat orbitali o lagrangiani sono molto meno vulnerabili agli impatti di asteroidi, perché all’occorrenza si possono spostare”. Cosa che, di questi tempi, è un bel vantaggio.