Gennaro Russo, co-fondatore di Space Renaissance, spiega perché puntando sullo spazio si potrà uscire dal tunnel della crisi.
Indicare come via d’uscita dalla crisi economica la strada che porta allo spazio può sembrare ai più una follia. È noto che i programmi spaziali costano miliardi di euro, la sola Stazione Spaziale Internazionale ha richiesto oltre 100 miliardi di dollari in dieci anni, e gli Space Shuttle sono stati pensionati dall’amministrazione Obama per i loro costi non più sostenibili. Sono storie note a chiunque. Ma pochi sanno invece quali sono, in termini economici, i ricavi dell’impresa spaziale. Generalmente gli esperti sintetizzano ricordando che per ogni euro speso in questo settore se ne ricavano almeno tre, ma qualcuno ne calcola anche 7-8. Secondo Gennaro Russo, una carriera trascorsa prima all’Università di Napoli Federico II e poi al CIRA, il Centro Italiano di Ricerche Aerospaziali, fiore all’occhiello della ricerca italiana, oggi consulente per l’industria aerospaziale e membro del consiglio direttivo di AIDAA, l’Associazione Italiana di Aeronautica e Astronautica, investire nello spazio potrebbe essere la strategia migliore in una fase di forte recessione, se ci fosse la volontà di prendere decisioni coraggiose.
Lo spazio come leva del nuovo “Rinascimento”
“La cosa che viene facile dire è che mancano i fondi necessari e che dopotutto le problematiche terrestri sono di gran lunga più importanti e sentite. La verità è invece una mancanza di visione strategica del tipo di quella che ebbe il presidente John F. Kennedy quando nel 1961 dichiarò al Parlamento USA che entro la decade avrebbe mandato degli americani sulla Luna e li avrebbe riportati indietro”, spiega Russo. “Se si riflette, JFK prese quella gigantesca decisione di fatto agli albori dell’era spaziale, quando la tecnologia era tutt’altro che disponibile. Ma se avessimo oggi un JFK che dichiarasse di lanciare un programma di espansione nello spazio, chi lo seguirebbe? Tantissima gente non farebbe altro che sottolineare la dimensione drammaticamente più rilevante per l’opinione pubblica di interventi sulle popolazioni affamate o sul dissesto idrogeologico. Cose sacrosante, ma che comunque non dovrebbero evitare di sognare”.
Nuovi sistemi di propulsione
Una visionarietà che, come in ogni buon ingegnere, non impedisce a Gennaro Russo di mantenere i piedi ben piantati a terra, individuando le problematiche da affrontare per realizzare il ‘rinascimento spaziale’: “Il punto tecnologico cruciale è l’accesso allo spazio, ovvero razzi vettori molto più efficienti e capaci di portare in orbita payload (il ‘carico utile’ del razzo, che può essere un satellite o un modulo abitabile, n.d.r.) molto maggiori in termini di rapporto con il peso del lanciatore”, sostiene Russo. “Secondo diversi studi fatti dalle principali agenzie spaziali mondiali il numero di lanci con vettori come Delta V o Ariane V supera il centinaio per poter portare in orbita terrestre abbastanza materiale da costruire un piccolo insediamento (per una decina di persone); e la cosa non sorprende dato che i lanciatori di cui disponiamo oggi portano carichi dell’ordine delle 10 tonnellate. Ad esempio la Stazione Spaziale Internazionale pesa circa 450 t e quindi per rifare qualcosa di simile occorrono circa 40 lanci! E l’avvento di ARES, della stessa classe dei vecchi Saturn (Usa) e Energia (Russia) non sposta il problema visto che lo si sta realizzando nell’ottica delle missioni di esplorazione del sistema solare. Ergo, occorre trovare il modo di superare questo limite puntando ad una rivoluzione in tema di lanciatori”.
L’Italia investe nello spazio l’equivalente di alcune decine di chilometri di autostrade.
Tra le soluzioni, Gennaro Russo indica “la propulsione airbreathing”, che impiega l’ossigeno dell’atmosfera per bruciare il carburante, e la propulsione nucleare, da sviluppare di pari passo con “una rivoluzione in tema di infrastrutture orbitanti iper-leggere (strutture gonfiabili, per esempio)”. A suo dire, in vent’anni “si potrebbe realizzare un insediamento di alcune decine di persone stabilmente viventi nello spazio o su un pianeta. La realizzazione di una colonia-città, con centinaia o migliaia di persone, necessita di sicuro di tempi molto più lunghi che indicherei tranquillamente in almeno un secolo”. Ma mai come in questo caso vale il detto ‘chi ben comincia è a metà dell’opera’. Iniziare può richiedere investimenti significativi, ma i ritorni non si faranno attendere. “Ci si dimentica che una nazione come l’Italia investe in attività spaziali l’equivalente di quanto occorre per la realizzazione di alcune decine di chilometri di autostrada”, sottolinea Russo “investimenti che hanno peraltro prodotto negli anni una quantità enorme di oggetti e benefici per l’uomo sulla Terra (il veltro, il pennarello, la pentola antiaderente, il personal computer PC, i tessuti tecnologici tanto di moda, ecc.)”.
Sfruttare le risorse dello spazio
Oggi molte compagnie spaziali private stanno puntando sulle risorse minerarie degli asteroidi, che nascondono al loro interno veri e propri tesori il cui valore è destinato ad accrescersi man mano che la disponibilità di queste risorse sulla Terra andrà riducendosi. La nuova corsa all’oro potrà essere la miccia per un’espansione umana nello spazio? “Innanzitutto, è necessario realizzare tutto ciò che occorre per poter catturare queste risorse extra-terrene”, ragiona Russo. “In questa fase, i benefici sulla Terra saranno di solito ritorni tecnologici, nel senso di tecnologia messa a punto per realizzare tali infrastrutture spaziali, ma poi utilizzata per dar luogo ad altri oggetti di uso più comune. Poi, una volta in grado di raccogliere in orbita l’energia solare oppure di estrarre materiali dagli asteroidi o dalla Luna, si dovrà vedere come portare sulla Terra queste risorse. Le cose che appaiono più promettenti sono di sicuro l’energia solare, e i materiali specifici lunari o asteroidei che conservano caratteristiche non presenti a terra e che quindi potrebbero costituire la base per nuove applicazioni oggi nemmeno immaginate”.
Il settore spaziale dev’essere aperto ai privati il più presto possibile.
Da campano, Gennaro Russo non può non guardare alle occasioni perdute del Sud Italia nel settore spaziale. La politica e l’economia saranno indispensabili per il futuro rinascimento spaziale, se non si vuole perdere ancora una volta l’appuntamento con la storia. “Il settore spaziale deve essere aperto ai privati il più rapidamente possibile”, sostiene. “Lacci e lacciuoli definiti dalle agenzie spaziali ostacolano di fatto uno sviluppo rapido. Tuttavia, l’attrito di primo distacco, ancora ampiamente esistente, necessita dell’intervento pubblico. L’affidamento alle Nazioni Unite eviterebbe ogni sorta di campanilismo, ma si porterebbe appresso la pesantezza di un pachiderma enorme. Si dovrebbe trovare una buona soluzione per eliminare ogni desiderio di leadership, puntando invece al bene più comune del mondo: la libertà di tutti di svincolarsi dalla limitatezza della nostra bellissima ed amata Terra, senza con questo pensare di abbandonare o rinnegare la propria origine”.