In concorso a Venezia nonostante le polemiche, Bella addormentata di Marco Bellocchio ha come sfondo la storia di Eluana Englaro. Ma è l’occasione per parlare di vita, eutanasia, morale cattolica. E del difficile risveglio della cultura e della politica italiana
Non è un film su Eluana Englaro, lo ha ripetuto più e più volte. «Correggere la realtà, andare oltre l’evento», questo l’ intento. In Bella addormentata lo fa raccontando la storia di tre donne?
Procedo in modo parallelo, come in Buongiorno notte. Si può raccontare in modo fantasticato personaggi realmente esistiti. Li trasformi, mantenendo un contesto in cui ci sono molte verosimiglianze. In Bella addormentata le immagini televisive scandiscono il tempo e il racconto ma le tre storie sono totalmente inventate. Come ho già detto, possono richiamare altri miei personaggi passati. Il giudice di Salto nel vuoto, Alessandro de I Pugni in tasca che però qui ha un fondo di affettività che il protagonista di allora non aveva. La madre, il senatore per bene e il suo conflitto. La figlia cattolica, che però si lascia coinvolgere in un rapporto d’amore con un ragazzo del fronte opposto.
Conoscendo molto bene la favola, perché ha scelto questo titolo? E chi è la sua bella addormentata? La drogata che cerca il suicidio (Maya Sansa), la figlia in coma dell’attrice pazza (Isabelle Huppert), la giovane cattolica (Alba Rohrwacher)… o forse l’Italia, la Sinistra?
L’ho scelto perché mi piaceva. L’interprete dei sogni potrebbe dirmi che è una negazione… ma, l’ho detto, non voglio essere angosciato dalla correttezza. Chi è? Sicuramente vari personaggi, può fare riferimento a tutti. È sicuramente il personaggio di Maya Sansa, è la figlia cattolica del senatore, è – nel senso di riconoscere l’impossibilità di un suo risveglio – la figlia dell’attrice ed è – essendo io dalla parte del senatore e di Beppino Englaro – la totale certezza di un impossibile risveglio di Eluana. L’Italia? Non ci ho pensato. La Sinistra… forse. Per esempio il senatore è un personaggio anomalo, una persona per bene, uno di quei socialisti che pur essendo onesti, per un anticomunismo che aveva delle sue ragioni, ha scelto di stare con Forza Italia in buona fede. Ma che poi arriva a una resa dei conti, come accade nella vita, e deve fare una scelta.
In una recente intervista ha detto: «Oramai i mezzi di informazione ci assediano con la ripetitività instancabile della cronaca. Al cinema resta il compito di interpretare, di dare un senso alla realtà». Che senso ha voluto “restituire” con questo film?
Più che il senso, sicuramente volevo restituire la prima reazione. La corsa di quei giorni per votare pur di non permettere che una sentenza venisse rispettata, dimostrando un asservimento della politica al Vaticano, in special modo del presidente del Consiglio di allora, è stata una cosa insopportabile per me. Ed esigeva da parte mia una risposta. Certo questo non bastava, ci sono voluti due anni per decantare la cosa e far venire fuori delle storie e delle immagini.
Questa reazione oltre che alla specifica vicenda umana e politica, potrebbe essere legata anche al fatto che da anni assistiamo a uno scontro tra ideologie zoppe? Penso a quel dialogo tra sordi che da decenni riempie le pagine dei nostri giornali. Tra quei cattolici (veri o falsi) con la loro concezione di Vita con la v maiuscola e quei laici che si professano razionalisti e che con la loro “logica” arrivano al massimo a teorizzare il diritto all’autodeterminazione del proprio corpo…
Ne ho parlato a lungo anche con un mio amico medico che mi ha raccontato come, a volte, ci sia un momento in cui per i parenti il malato è già morto. E questo produce un’accelerazione per arrivare alla morte che lui, da medico, non condivide. Ovviamente, da ematologo abituato ad affrontare situazioni estreme, è a favore dell’eutanasia laddove non c’è più alcuna possibilità, nessuna autonomia mentale. Solo sofferenza. Ma cercava di spiegarmi come alcune volte ci sia una reazione in chi è vicino al malato, come un “non poterne più”. E allora si accelera un processo che si potrebbe ancora ritardare. Questo solo per dire quanto sia difficile capire, delimitare un percorso… è chiaro che non faccio riferimento al caso Englaro su cui non c’è nulla da dire.
Se tra le intenzioni di questo film ci fosse stata anche quella di difendere il “principio dell’eutanasia”, cosa non facile capisco, ci spiega qual è la differenza tra Eluana e la donna a cui il medico impedisce di suicidarsi? O tra Welby, malato di Sla, che ha chiesto di morire e Lucio Magri che si è fatto accompagnare in Svizzera per avere la morte?
Una delle storie parla proprio di questo. Quella del senatore che stacca la spina alla moglie che, pur credente, lo supplica di aiutarla a morire. Mentre lui, benché laico, l’avrebbe tenuta ancora in vita. L’eutanasia è un tema difficile, ne ha parlato lo stesso left a proposito proprio di Lucio Magri con un intervento di Massimo Fagioli. Certo le motivazioni erano enormi, il fallimento del comunismo e di tutte le grandi aspirazioni di una vita lunga e vissuta e, certamente, va rispettata la libertà di morire. Però lì c’era una persona perfettamente in salute e mi chiedo, anche se mi rendo conto che è un fatto privato e che non si può generalizzare o esportare in nessun modo, ma possibile che qualcuno addirittura lo abbia accompagnato? E che invece non lo abbia impedito, non abbia con tutte le sue forze cercato di dirgli “dobbiamo fare ancora un sacco di cose”. Perché allora vuol dire accettare e proporre solo quella disperazione.
Non c’è differenza, dunque, tra Maya Sansa e Lucio Magri?
Nell’episodio della giovane donna c’è questo medico, che non è uno psichiatra, che la ferma in modo anche fisico e con un’attenzione, quasi devozione, sta lì e le impedisce di suicidarsi. Con questa sua affettività anche piuttosto fragile che però ha colto qualcosa. Tanto che alla fine lei, pur avendo la possibilità di uccidersi, non lo fa. Mi sono ispirato a un fatto che mi è stato raccontato tempo fa ma che ovviamente non dirò.
Nel film c’è il medico non psichiatra che salva la vita della Sansa e invece un vecchio psichiatra che “dà solo medicine” (ai politici). È una critica alla psichiatria?
Sì, Roberto Herlitzka è il classico psichiatra – qualcuno ne ha parlato come una via di mezzo tra Musatti e Andreotti -, che sa di non saper guarire la malattia, che trova i pazienti di una “noia mortale” e che per difendersi da loro gli dà i farmaci. Ma non perché creda nei farmaci, solo per contenere la malattia che sa di non saper curare.
Una delle scene più impressionanti è il primo piano sulla ragazza in coma. Un volto intatto, perfettamente truccato e acconciato.
Quello è l’episodio più favolistico. Nel quale mi sono permesso una finzione, non è Eluana.
Non intendevo questo, ho pensato che con quel volto volesse rappresentare la follia della religione che fa passare i morti per vivi. Un po’ come con i santi. Cadaveri profumati.
Non ci avevo pensato ma posso senz’altro condividere questa idea, come quando vedi quei corpi conservati nelle teche. Un’immobilità di questo tipo, una perfezione fiabesca.
L’oppressione della cultura cattolica è potentissima. E fa danni. Riesce a immaginare una sua fine? Un tempo in cui ai bambini non verrà raccontato che la vita è il dono di un dio?
Mia figlia non ha ricevuto alcuna educazione religiosa e pur avendo delle amiche cattoliche, non mi ha mai fatto domande. Vedo le sue angosce che riguardano la vita, lo studio, i suoi rapporti, il dispiacere di aver subito un’ingiustizia o di essersi comportata male. Però sono tutte cose che riguardano la sua vita “umana”. Certo tanto più la gente si disaffeziona ai riti, tanto più la Chiesa capisce di dover rafforzare il suo potere e lo fa con tutta una serie di opere di misericordia. Ma per ribaltare la credenza che “credere in Dio” sia innato negli esseri umani a me basta guardare mia figlia. Certo poi è molto più complesso capire perché in tanti credono: persone in buona fede, intelligenti, intellettualmente attrezzate con cui ti confronti e che non puoi pensare che ti mentano. Ma per questo non ho la risposta.
Per lei quando finisce la vita di un essere umano?
Sicuramente quando perdi la capacità di relazionarti con gli altri. Quando finisce il pensiero.
La conclusione della favola è nota. C’è un “bacio” che secondo lei risveglierà la cultura, la politica, l’Italia?
Nonostante io sia un ottimista, vedo tempi ancora molto lunghi. La Rivoluzione culturale è fallita e prima che questo bacio arrivi ce ne vorrà di tempo… Anche leggendo tutta la stampa laica, tutte le pubblicazioni, per esempio, sulle neuroscienze, gli scienziati sono sempre lì a cercare dove stanno le cose nella mente, nel cervello, ed è assurdo. È una questione di buonsenso, ed è anche pericoloso perché spinge tutto il discorso della ricerca in altra direzione.
http://www.left.it/2012/08/30/marco-bellocchio-%c2%abvivere-e-pensare%c2%bb/5954/