Non so se avete mai preso in mano un libro di religione della scuola primaria. In questi giorni dopo l’uscita della notizia di rivedere i programmi di religione (e non solo quelli), fatta dal ministro Francesco Profumo, la Chiesa si è fatta ufficialmente sentire tirando le orecchie all’inquilino di viale Trastevere: sulle pagine de “L’Avvenire” il vescovo di Piacenza, Gianni Ambrosio, presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica spiegava che la religione a scuola “non è certo una lezione di catechismo bensì una introduzione a quei valori fondanti della nostra realtà culturale che trovano la propria radice proprio nel cristianesimo”.
Dopo queste parole sono andato a vedere i libri di religione dei miei alunni di prima, seconda, terza, quarta e quinta della primaria. Pagine che mi hanno ricordato il mio vecchio libro di catechismo. Libri che prima di arrivare sui banchi di scuola devono avere l’imprimatur della Chiesa riportato con tanto di numero di protocollo nell’ultima pagina dei testi: “Conferenza episcopale italiana. Prot.n. 843/2008. Nulla osta. Roma, 19 novembre 2008. + Angelo Card. Bagnasco. Presidente”.
Un’impostazione esclusivamente legata alla sola religione cattolica, con testi del Nuovo e dell’Antico Testamento ma nessuna citazione delle sure del Corano o della Torah, con riportate le sole feste e tradizioni cristiane con riferimenti generici alle altrui religioni. Sfogliare le pagine di un libro di religione è la stessa cosa che prendere in mano un libro di catechismo: in prima elementare si parla dell’annunciazione, del Natale, della parabola del Buon Pastore, degli apostoli, della pesca miracolosa, della Pasqua e solo alla fine si fa un cenno ai diversi luoghi di culto: la chiesa, la singagoga e la moschea. In seconda nei libri il programma non cambia più di tanto, il percorso resta lo stesso, si aggiungo alcune pagine che spiegano cos’è il tabernacolo, il confessionale, l’ambone in una chiesa. In terza prevalgono i testi della Genesi, dell’Esodo, citati nel libro con esercizi del tipo: “Ascolta la lettura dell’insegnante dei brani Matteo 21, 1-9; Matteo 1,22; Marco 12,35-37 e riconosci le profezie realizzate”.
Bisogna arrivare in quinta per leggere di induismo, islamismo, buddismo, confucianesimo, ebraismo, religioni tradizionali. Finalmente si parla di ecumenismo. Siamo di fronte non ad uno studio delle religioni, ad un apprendimento della nostra tradizione e delle altre, affinché il bambino possa conoscere e avere capacità critica nonché la libertà in età adulta di scegliere che Dio pregare ma ad una lettura a senso unico. Non solo.
L’educazione alla religione cattolica potrebbe essere fatta a partire dallo studio, dal dialogo su quei valori di cui il cristianesimo è portatore: la giustizia, la pace, l’altruismo, la condivisione, la fratellanza, il perdono, la necessità del silenzio, la bellezza del creato, magari attraverso anche la conoscenza di uomini come padre Pino Puglisi, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, don Lorenzo Milani, don Giuseppe Dossetti, don Tonino Bello, Papa Giovanni XXIII, il cardinal Martini o l’impegno in terra di ndrangheta di padre GianCarlo Bregantini e invece trovano spazio solo padre Pio e madre Teresa di Calcutta.
Un’ultima nota: il Ministro Profumo dovrebbe preoccuparsi anche di chi sono gli insegnanti di religione. Oggi sono scelti dalla Curia, dai Vescovi di ogni diocesi. Perché in una scuola statale dobbiamo avere maestri individuati dalla Chiesa cattolica?
di Alex Corlazzoli | 30 settembre 2012