E’ un esperto degli scontri violenti tra comunità etniche. E ora lancia l’allarme sulla china sempre più pericolosa che ha preso il multiculturalismo inglese. Il professor Ted Cantle non le manda certo a dire: il comunitarismo di stampo religioso sussidiato dai contribuenti sta creando una società conflittuale e divisa.
Il mito della società multiculturale promosso dai laburisti di Tony Blair e appoggiato dai conservatori, dopo le aperture e i privilegi concessi alle confessioni religiose — ad esempio, con l’istituzione dei tribunali che applicano la sharia – ha subito un duro colpo il 7 luglio 2005. Quando Londra è stata sconvolta da una serie di attentati alla metropolitana orditi da terroristi islamici che hanno causato decine di morti. Attentatori apparentemente ben integrati nella società inglese, giovani e istruiti, nati in famiglie ormai stabilitesi in Gran Bretagna da due o tre generazioni.
Avvenimento che ha costretto a ripensare il modello di convivenza e i cui nodi critici sono pian piano venuti al pettine. Come la sostanziale incompatibilità delle corti islamiche con i più elementari principi del diritto, specie nei confronti delle donne, poste in una condizione di minorità. O il diffondersi endemico di fenomeni come delitti d’onore e matrimoni forzati. Senza dimenticare la chiusura identitaria promossa dalle faith schools. Specie quelle musulmane, dove il fondamentalismo condiziona i programmi, come riscontrato ad esempio da un’inchiesta della BBC.
La maggior parte della società civile inglese, dove ormai i non credenti e i laici sono una porzione consistente, sembra ormai ritenere le religioni un fattore di divisione. Il premier conservatore David Cameron ha dovuto constatare che il “multiculturalismo di stato” è ormai “fallito“.
Il professor Cantle interverrà il 22 settembre nel corso della giornata di conferenze Secular 2012 organizzata dalla National Secular Society. Nel suo report sui tumulti di Oldham nel 2001, ha focalizzato l’attenzione sulla tendenza all’auto-segregazione delle comunità fortemente religiose. Ma Cantle critica l’atteggiamento del governo, che concede privilegi e “status speciale” a piccoli gruppi, favorendo la divisione. E la legittimazione data da istituzioni e forze dell’ordine ad “autoinvestiti leader”, che diventano gatekeepers delle loro comunità.
A fronte di questa crisi del multiconfessionalismo inglese, riemerge con forza anche l’identitarismo cristiano, spesso con uscite omofobe e integraliste. Proprio di recente il ministro per le comunità e il governo locale, Eric Pickles, ha proclamato in una lettera al Daily Telegraph che la Gran Bretagna è tuttora una “nazione cristiana”, facendo ricorso alla tradizione e al fatto che la Chiesa anglicana è ancora religione di stato. Il governo, ci ha tenuto a precisare con un riferimento ai casi che saranno discussi dalla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, sta contrastando proprio il diffondersi del ‘laicismo’. Pickles lamenta che, sebbene i cristiani inglesi non possano essere considerati perseguitati, la libertà di religione “è stata minata negli ultimi anni da un aggressivo secolarismo” e dal politically correct.
Una situazione, quella inglese, che rischia di cristallizzarsi in comunità gelose della propria identità. Come il Libano, portato improvvidamente quale esempio di convivenza e dialogo proprio da papa Benedetto XVI nel suo recente viaggio. Un paese dove, vale la pena di ricordarlo, i diritti sono limitati in base all’appartenenza d’ufficio ad una certa comunità religiosa e dove le cariche istituzionali sono spartite tra le confessioni più influenti. Proprio in questi ultimi anni, gli attivisti laici hanno denunciato la situazione, chiedendo diritti uguali per tutti e la fine del settarismo. Una situazione tutt’altro che rosea, quella libanese, denunciata anche dalla scrittrice e attivista per i diritti delle donne Joumana Haddad, che ha scritto polemicamente al papa.
In Italia ci avviamo invece verso un multiconfessionalismo multilevel, dove la Chiesa cattolica blindata dal Concordato mantiene granitici privilegi e un’influenza politica paragonabile forse a quella della Chiesa ortodossa in Russia. Mentre ad alcune confessioni di minoranza, col contagocce, vengono concesse intese. Come recentemente accaduto a buddhisti, mormoni e ortodossi.
A differenza del monoconfessionalismo totalitario, il multiconfessionalismo si presenta indiscutibilmente molto meglio. Ma l’invitante confezione contiene un frutto avvelenato: la creazione di ghetti identitari, in guerra l’uno contro l’altro, e la limitazione dei diritti per chi vuole uscirne o non si sente da questi rappresentato. Le conquiste civili, laiche e democratiche degli ultimi due secoli sono avvenute valorizzando i diritti dell’individuo rispetto a quelli delle comunità. Non dimentichiamolo mai.
http://www.uaar.it/news/2012/09/18/gran-bretagna-rischi-multiculturalismo-secondo-chi-studia-vicino/
Il mito della società multiculturale promosso dai laburisti di Tony Blair e appoggiato dai conservatori, dopo le aperture e i privilegi concessi alle confessioni religiose — ad esempio, con l’istituzione dei tribunali che applicano la sharia – ha subito un duro colpo il 7 luglio 2005. Quando Londra è stata sconvolta da una serie di attentati alla metropolitana orditi da terroristi islamici che hanno causato decine di morti. Attentatori apparentemente ben integrati nella società inglese, giovani e istruiti, nati in famiglie ormai stabilitesi in Gran Bretagna da due o tre generazioni.
Avvenimento che ha costretto a ripensare il modello di convivenza e i cui nodi critici sono pian piano venuti al pettine. Come la sostanziale incompatibilità delle corti islamiche con i più elementari principi del diritto, specie nei confronti delle donne, poste in una condizione di minorità. O il diffondersi endemico di fenomeni come delitti d’onore e matrimoni forzati. Senza dimenticare la chiusura identitaria promossa dalle faith schools. Specie quelle musulmane, dove il fondamentalismo condiziona i programmi, come riscontrato ad esempio da un’inchiesta della BBC.
La maggior parte della società civile inglese, dove ormai i non credenti e i laici sono una porzione consistente, sembra ormai ritenere le religioni un fattore di divisione. Il premier conservatore David Cameron ha dovuto constatare che il “multiculturalismo di stato” è ormai “fallito“.
Il professor Cantle interverrà il 22 settembre nel corso della giornata di conferenze Secular 2012 organizzata dalla National Secular Society. Nel suo report sui tumulti di Oldham nel 2001, ha focalizzato l’attenzione sulla tendenza all’auto-segregazione delle comunità fortemente religiose. Ma Cantle critica l’atteggiamento del governo, che concede privilegi e “status speciale” a piccoli gruppi, favorendo la divisione. E la legittimazione data da istituzioni e forze dell’ordine ad “autoinvestiti leader”, che diventano gatekeepers delle loro comunità.
A fronte di questa crisi del multiconfessionalismo inglese, riemerge con forza anche l’identitarismo cristiano, spesso con uscite omofobe e integraliste. Proprio di recente il ministro per le comunità e il governo locale, Eric Pickles, ha proclamato in una lettera al Daily Telegraph che la Gran Bretagna è tuttora una “nazione cristiana”, facendo ricorso alla tradizione e al fatto che la Chiesa anglicana è ancora religione di stato. Il governo, ci ha tenuto a precisare con un riferimento ai casi che saranno discussi dalla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, sta contrastando proprio il diffondersi del ‘laicismo’. Pickles lamenta che, sebbene i cristiani inglesi non possano essere considerati perseguitati, la libertà di religione “è stata minata negli ultimi anni da un aggressivo secolarismo” e dal politically correct.
Una situazione, quella inglese, che rischia di cristallizzarsi in comunità gelose della propria identità. Come il Libano, portato improvvidamente quale esempio di convivenza e dialogo proprio da papa Benedetto XVI nel suo recente viaggio. Un paese dove, vale la pena di ricordarlo, i diritti sono limitati in base all’appartenenza d’ufficio ad una certa comunità religiosa e dove le cariche istituzionali sono spartite tra le confessioni più influenti. Proprio in questi ultimi anni, gli attivisti laici hanno denunciato la situazione, chiedendo diritti uguali per tutti e la fine del settarismo. Una situazione tutt’altro che rosea, quella libanese, denunciata anche dalla scrittrice e attivista per i diritti delle donne Joumana Haddad, che ha scritto polemicamente al papa.
In Italia ci avviamo invece verso un multiconfessionalismo multilevel, dove la Chiesa cattolica blindata dal Concordato mantiene granitici privilegi e un’influenza politica paragonabile forse a quella della Chiesa ortodossa in Russia. Mentre ad alcune confessioni di minoranza, col contagocce, vengono concesse intese. Come recentemente accaduto a buddhisti, mormoni e ortodossi.
A differenza del monoconfessionalismo totalitario, il multiconfessionalismo si presenta indiscutibilmente molto meglio. Ma l’invitante confezione contiene un frutto avvelenato: la creazione di ghetti identitari, in guerra l’uno contro l’altro, e la limitazione dei diritti per chi vuole uscirne o non si sente da questi rappresentato. Le conquiste civili, laiche e democratiche degli ultimi due secoli sono avvenute valorizzando i diritti dell’individuo rispetto a quelli delle comunità. Non dimentichiamolo mai.
http://www.uaar.it/news/2012/09/18/gran-bretagna-rischi-multiculturalismo-secondo-chi-studia-vicino/