Si apre a Bonn la seconda (inutile) conferenza sul futuro dell’Afghanistan
Dieci anni dopo il primo incontro di Bonn, si apre nell’ex capitale tedesca il secondo incontro sul futuro dell’Afghanistan, una conferenza internazionale per parlare di sicurezza, di sviluppo, di impegno militare e di prospettive per il paese asiatico. Fra i temi sollevati soprattutto dalle organizzazioni non governative e posto al centro del dibattito fra gli stati partecipanti è il presente e il destino delle donne afghane detenute nelle prigioni del paese: dopo il documentario definanziato dall’Unione Europea (chiamato In-Justice) che mostrava la critica condizione delle prigioni di Kabul, il tema è tornato nell’agenda dei dibattiti.
CHI PENSA A LORO? – Secondo il Daily Telegraph sono 600 le donne detenute, spesso ingiustamente, in prigioni “non raramente finanziate dall’Occidente”, per lo più con accuse di “crimini morali”, il che in Afghanistan vuol dire principalmente reati di tipo coniugale: “Essere sfuggite a violenze o matrimoni forzati, oppure essere in galera per adulterio”. Secondo i dati a disposizione “metà delle donne detenute” sono in galera per reati del genere, tasso che sale ai “quattro quinti” nel caso di detenute “fra i 12 e i 18 anni”. “La situazione”, spiega il Daily Telegraph, “dovrebbe peggiorare dopo una recente sentenza della Corte Suprema: una donna che scappa di casa e non si dirige alla polizia o presso un parente deve essere chiusa dentro, come precauzione contro il sesso illecito e la prostituzione”: se esce di casa e si mostra troppo disinibita, probabilmente è pericolosa e va segregata. Tutto normale, in Afghanistan. “E’ devastante che questi casi non solo stiano continuando, ma sembrano star aumentando dieci anni dopo quel che doveva essere un nuovo inizio per le donne dell’Afghanistan”, dice Heather Barr di Human Rights Watch; “questi casi ci spingono a chiederci quale sia il progresso reale delle donne afghane e quale tipo di futuro abbiamo davanti a noi mentre la comunità internazionale inizia a disimpegnarsi”. Nelle carceri finanziate dall’occidente (900mila sterline per la struttura di Lashkar Gah, dice il Telegraph parlando solamente dell’Inghilterra) le donne continuano a marcire.
UNA CONFERENZA INUTILE – Né la nuova conferenza di Bonn sembra prospettare una rapida soluzione di questa e di altre emergenze, visto che il consesso non si apre sotto i migliori auspici. Il presidente Hamid Karzai arriva a Bonn chiedendo sostanzialmente altri fondi.
Il presidente Hamid Karzai ha rivolto alla vigilia della Conferenza internazionale di Bonn sull’ Afghanistan un forte appello alla comunità internazionale auspicando che gli aiuti al suo paese “durino almeno un altro decennio” dopo il ritiro militare che terminerà nel 2014. In una intervista al settimanale tedesco Der Spiegel, il capo dello Stato afghano ha spiegato che il sostegno “e’ necessario per un ulteriore sviluppo delle istituzioni nazionali, del governo, dell’esercito e della polizia”.
A Bonn il grande assente si chiama Pakistan.
Cedendo alle pressioni americane, il Pakistan aveva finalmente deciso di mandare una delegazione di alto livello a Bonn. Poi dieci giorni fa lo sciagurato incidente di Salala (25 soldati pakistani uccisi per errore da un raid aereo Nato contro presunti covi terroristi) ha consegnato su un piatto d’argento alla fazione filo-integralista dell’esercito di Islamabad il pretesto per imporre alle autorità civili di disertare la Conferenza.
L’Unità riassume i motivi per cui, senza il Pakistan, la Conferenza è inutile.
http://www.giornalettismo.com/archives/175129/le-donne-sepolte-vive-in-galera/2/Islamabad ha in mano la chiave per una soluzione stabile del conflitto. Per tre ragioni. Ha in comune con l’Afghanistan una frontiera lunga 2640 chilometri, attraverso la quale le infiltrazioni sono facilitate sia dal territorio montagnoso sia da parentele tribali i cui vincoli sono più forti delle barriere nazionali. Inoltre ospita sul proprio territorio (pur ufficialmente negandolo) molti capi della rivolta armata afghana, compreso il numero uno, il mullah Omar. Infine intrattiene rapporti a dir poco ambigui con alcune milizie ribelli, combattute a parole ma appoggiate o tollerate nei fatti.