La scoperta in molte parti del mondo, ma soprattutto sul territorio
europeo, di numerosi reperti costituiti da pietre allineate o disposte secondo
forme geometriche ben definite, spessissimo secondo circoli od ovali, o
addirittura strutture di complessità maggiore costruite in modo da essere
orientate grosso modo verso zone dell'orizzonte in corrispondenza delle quali,
in origine sorgevano o tramontavano oggetti celesti che rivestivano particolare
importanza per la cultura che produsse i reperti, ha suscitato durante gli
ultimi cinquanta anni un notevole interesse nell'ambiente degli
archeologi.
Essi si
resero ben presto conto che l'osservazione del cielo giocò invariabilmente un
ruolo di primissimo piano nello sviluppo sociale e culturale delle varie civiltà
antiche, partendo addirittura dal Paleolitico quando ancora il concetto di
civiltà era difficile da applicarsi.
Tutto
sommato questa situazione era facile da immaginare e dopo tutto non ci deve
meravigliare più di tanto che il cielo con i suoi fenomeni abbia attirato lo
sguardo curioso, ma nello stesso tempo timoroso, degli uomini che popolarono il
mondo in quei remoti periodi. E' un fatto sostanziale invece che sia esistita
accanto ad una certa abitudine ad occuparsi delle cose del cielo una tendenza a
produrre dei reperti archeologici che sono sopravvissuti fino ai giorni nostri e
che quindi possono essere accuratamente studiati.
Noi ci
rendiamo conto di aver attualmente accesso a un bagaglio di informazioni
congelate e codificate nei vari reperti archeologici di rilevanza astronomica di
cui spesso non conosciamo nemmeno quale sia la chiave per decodificarle.
Ovviamente i reperti che abbiamo a disposizione non si limitano solo ad
allineamenti di monoliti o buche in cui in origine erano infissi dei pali, ma
strutture molto più complesse quali monumenti, pozzi, templi e santuari mostrano
che furono architettati, costruiti e utilizzati tenendo ben presente la
direzione di sorgere e di tramontare della Luna, del Sole o delle stelle più
luminose visibili ad occhio nudo in taluni periodi stagionali. E' chiaro che
proprio i periodi stagionali, con tutte le loro implicazioni dal punto di vista
sociale ed economico, furono presto messi in relazione con gli eventi celesti i
quali succedendosi regolarmente con precisa periodicità servirono da sicuri e
affidabili strumenti predittivi ai fini
della pianificazione delle scadenze agricole e pastorali.
Approfondendo
le ricerche ci si accorge ben presto che la sopravvivenza stessa di una comunità
durante il Neolitico, l'Eneolitico e l'età del Bronzo poteva essere strettamente
legata al grado di conoscenza che taluni esponenti, usualmente appartenenti alla
classe sacerdotale, avevano acquisito del
cielo e dei fenomeni ciclici ad esso connessi. Ecco quindi che sorse l'esigenza
di identificare permanentemente punti rilevanti sull'orizzonte in corrispondenza
dei quali era possibile osservare il
sorgere o il tramontare di taluni corpi celesti nei periodi stagionali. Se la
levata eliaca di una stella poteva essere associata ad un periodo in cui una
determinata pratica agricola doveva essere eseguita, per esempio la semina, ecco
che il fenomeno astronomico diveniva un indicatore temporale preziosissimo che
avrebbe in futuro permesso di seminare nei tempi e nei modi ottimali ai fini di
un buon raccolto, evitando quindi potenziali carestie che avrebbero messo a
repentaglio la sopravvivenza dell'intera comunità.
Vediamo
quindi che l'osservazione astronomica diffusa tra le antiche culture e di cui
oggi troviamo abbondante traccia nei reperti archeologici, rappresentò la
naturale conseguenza di una precisa e fondamentale esigenza: quella di
sopravvivere. Questo fatto giustifica l'universale diffusione che l'Astronomia
ha avuto, sotto differenti aspetti, presso tutte le antiche culture che si
svilupparono sul pianeta.
Attualmente
gli studiosi chiamano Archeoastronomia (taluni preferiscono Astroarcheologia o
Paleoastronomia) la scienza che studia i reperti archeologici che ci tramandano il ricordo
dell'attività di osservazione e studio dei corpi celesti portata avanti da
individui appartenenti alle culture antiche. Dare una definizione rigorosa di
Archeoastronomia è oltremodo difficile in quanto la casistica di fenomeni che
possono essere di competenza di questa branca interdisciplinare posta un po' in
mezzo tra Astronomia e Archeologia è vastissima. L'interdisciplinarietà di
questa scienza è la sua forza ed è tale per cui essa deve per forza di cose
raggruppare e fondere insieme competenze che derivano da entrambe queste due
meravigliose scienze.
Uno degli
aspetti fondamentali dell'Archeoastronomia è che essa deve essere praticata di
pari passo con l'Etnoastronomia la quale si occupa degli usi, dei costumi, delle
tradizioni, delle concezioni astronomiche diffuse all'interno delle antiche
società e di cui troviamo traccia nelle tradizioni popolari tramandate fino ai
giorni nostri, che hanno contribuito in modo fondamentale a creare la
motivazione necessaria per produrre i numerosissimi reperti che oggi possiamo
studiare.
Un
esempio emblematico di questo fatto sono le rappresentazioni degli oggetti
celesti sulle monete celtiche coniate in Gallia durante la tarda età del Ferro,
soprattutto nel primo secolo avanti Cristo. Vi appaiono moltissime
rappresentazioni di comete o di stelle eseguite quale diretta conseguenza
dell'importanza rituale che l'apparizione di una nuova cometa nel cielo o
l'esplosione di una nova, rivestirono entro il substrato culturale celtico
durante l'età del Ferro. La moneta in questo caso è un simbolo e una
testimonianza oggettiva del notevole interesse che i Celti ebbero per
l'Astronomia. Per questo fatto è molto difficile fare della buona
Archeoastronomia in quanto l'astronomo può essere indotto, come conseguenza
della sua formazione prettamente scientifica, a privilegiare soprattutto aspetti
matematicamente inquadrabili e ad aspettarsi risultati di precisione molto
elevata. Sa calcolare e ricreare con precisione il cielo visibile durante una
determinata epoca remota, ricostruire esattamente le circostanze di una eclisse
avvenuta nell'antichità, ma questo non è sufficiente per fare della buona
Archeoastronomia.
Dall'altra
parte, gli archeologi in virtù della loro formazione umanistica tendono ad
affrontare lo studio dei reperti tenendo ben presente il margine d'errore e il
grado di incertezza che è inevitabilmente connesso con l'interpretazione di un
reperto di cui spesso è difficilissimo ottenere una collocazione temporale
ragionevolmente accurata. Nello stesso tempo però trascurano completamente il
lato prettamente astronomico mancando quindi la possibilità di accorgersi che
taluni reperti divengono immediatamente e naturalmente interpretabili se
considerati nell'ottica astronomica.
Ma non è
ancora sufficiente in quanto esiste un terzo ingrediente indispensabile per
realizzare una buona miscela: un matematico fornito di solida esperienza sulle
tecniche matematiche e statistiche più potenti per estrarre l'informazione da
dati e reperti che portano con loro un elevato margine di incertezza inerente o
meglio, parafrasando il famoso matematico americano Lofti Zadeh, padre della
Logica Fuzzy, di "fuzzyness".
L'incertezza
è contenuta direttamente nell'informazione codificata nel reperto e non nel
fatto che esso sia antico, frammentario o mal conservato. L'archeoastronomo deve
saper fondere in una sintesi ben bilanciata questi tre elementi che a prima
vista sembrerebbero opposti e in contraddizione tra di loro, ma che a ben vedere
sono invece complementari. Un'appropriata e sapiente sintesi metodologica di
questi tre differenti atteggiamenti di ricerca può portare ad ottenere risultati
di grande valore scientifico e culturale.
Per
Archeoastronomia possiamo quindi intendere la scienza che si occupa dello studio
e della comprensione delle conoscenze astronomiche diffuse presso i popoli
antichi in tutte le loro forme e aspetti e del loro rapporto con la vita
sociale, religiosa e rituale all'interno di queste antiche culture.
L' Archeastronomia è una disciplina giovane
in quanto solo intorno al XVI e XVII secolo alcuni studiosi incominciarono ad
intravedere l' esistenza di possibili collegamenti astronomici nei monumenti
quali quelli megalitici sparsi per tutta l'Europa piuttosto che nelle piramidi
egizie o in altre costruzioni antiche. Uno dei maggiori studiosi fu Sir Norman
Lockyer, che intorno alla metà del XIX secolo, portò a termine delle ricerche
sulle piramidi egiziane e sui monumenti megalitici europei proponendone la loro
orientazione astronomica e pubblicando nel 1898 il suo libro dal titolo "The
Dawn of Astronomy". Sir Norman Lockyer fu praticamente il primo studioso che
affrontò il problema mediante strumenti matematici e non solamente utilizzando
mezzi puramente filologici. Le ricerche e i risultati ottenuti dall'illustre
fisico britannico, a cui tra l'altro dobbiamo la scoperta dell'Elio nello
spettro solare, non furono presi in grande considerazione anche per il fatto che
egli propose l'Astronomia come metodo indipendente di datazione di reperti, cosa
questa che sappiamo essere possibile solamente in un ristrettissimo insieme di
casi particolari. La datazione dei reperti archeologici sulla base del
riconoscimento della presenza di correlazioni con gli eventi astronomici
avvenuti durante l'antichità è
caratterizzata generalmente da un margine d'errore talmente elevato da rendere
questo metodo quasi completamente privo di utilità.
Questi studi conobbero un nuovo sviluppo
negli anni intorno al 1960 durante i quali personaggi quali gli inglesi Michael
Hoskin e Alexander Thom e l'americano Gerald Hawkins e altri diedero nuova vita
a questa disciplina con il supporto di nuove scoperte archeologiche e di nuovi
metodi di indagine. Questo
portò al riconoscimento ufficiale dell'Archeoastronomia e alla legittimazione
delle teorie sull'esistenza di una cultura astronomica presso le civiltà fin
dall'epoca neolitica ed eneolitica. In questo periodo le metodologie di
rilevazione e di analisi si arricchirono di un nuovo strumento di lavoro: il
computer. Esso permise di generare facilmente cataloghi di stelle le cui
coordinate potevano essere trasposte in blocco molto indietro nel tempo in
relazione alla datazione dei siti di interesse archeoastronomico ottenuta
mediante nuove tecnologie quali ad esempio il metodo del C14.
Come
sempre accade quando una nuova scienza muove i primi timidi passi, furono
commessi degli errori che si concretizzarono soprattutto nell'attribuire agli
uomini antichi, soprattutto nel Neolitico, nelle età del Rame e del Bronzo,
capacità astronomiche talmente evolute che non solo essi non si erano mai
sognati di possedere, ma che erano in evidente conflitto con lo stile di vita e
le tradizioni culturali proprie di queste comunità tutto sommato ancora sotto
certi aspetti, primitive. Questi errori produssero la convinzione diffusa per un
certo periodo che i monumenti megalitici sparsi per le Isole Britanniche e nella
Bretagna realizzassero allineamenti verso i punti dell'orizzonte locale in cui
avveniva il sorgere o il tramontare del Sole, della Luna o delle stelle con
accuratezze dell'ordine del primo d'arco. Idee queste, che maturarono senza
alcun supporto etnografico di controllo e che rappresentarono solamente la
trasposizione alla preistoria delle conoscenze astronomiche tipiche del nostro
secolo.
Attualmente
è stata fatta chiarezza e il modo di procedere all'analisi dei reperti è
diventato chiaro e realistico e gli studiosi sono ora in grado di ottenere
risultati di tutto rispetto e di grande rilievo. L'Archeostronomia può a volte
fornire utilissime indicazioni utili alla soluzione di problemi ancora aperti
come il valore del rallentamento della rotazione della Terra, la distribuzione
statistica dei passaggi delle comete o delle esplosioni delle supernovae, su
periodi di tempo dell'ordine di grandezza delle decine di secoli.
Le Fonti
Lo studio
dell'Archeoastronomia deve obbligatoriamente basarsi su fonti che devono essere
il più possibile oggettive. Infatti non si deve correre il rischio di vedere
tracce di Astronomia in qualsiasi reperto archeologico disponibile. Esistono
sostanzialmente tre tipi di fonti a cui gli archeoastronomi possono fare
riferimento; esse sono:
1)
Reperti Oggettivi,
2)
Reperti Scritti (in senso generale)
3)
Reperti Etnografici.
Definiamo
"Reperti Oggettivi" tutti quei reperti i quali sono fisicamente accessibili ed
in quanto tali possono essere oggettivamente ispezionati, rilevati e misurati.
Tra questi abbiamo ad esempio:
a) I
Monumenti Megalitici che abbondano nelle Isole Britanniche e in Bretagna, ma che
sono presenti in praticamente tutta l'Europa Occidentale. La loro collocazione
cronologica è variabile dal 3200 a.C. fino a circa il 1000 a.C. Questi reperti il cui
stato attuale di conservazione è vario permettono di eseguire oggettivamente
misure relativamente ai monoliti ancora
posizionati nelle loro disposizioni originali e di ricostruire agevolmente la
posizione occupata da quelli abbattuti o rimossi. Attualmente è patrimonio
culturale comune tra gli studiosi il fatto che la disposizione spaziale dei
monoliti che compongono i monumenti megalitici sia connessa con l'Astronomia.
b) I
santuari risalenti all'Età del Ferro, quindi grosso modo dal 1000 a.C. fino
all'anno zero. Questi reperti si
differenziano moltissimo dai monumenti megalitici soprattutto per l'abbandono
delle grosse pietre in favore dell'impiego di menhir di dimensione relativamente
ridotta e di strutture lignee disposte generalmente all'interno di un fossato o
di un terrapieno di forma circolare o
rettangolare. Questi santuari denominati "Nemeton" sono di origine
prevalentemente celtica essendo stati
costruiti per ragioni rituali da quasi tutte le popolazioni celtiche stanziate sul
territorio europeo grosso modo dal 600 a.C. in giù. La stragrande maggioranza
dei Nemeton furono progettati e costruiti secondo criteri astronomici e
matematici che gli studiosi possono facilmente mettere in evidenza qualora
l'analisi dei siti sia condotta mediante l'applicazione di tecniche adeguate.
c) Le
necropoli di cui abbiamo numerosissimi esempi sparsi in tutta Europa. Le necropoli furono prodotte da varie culture
sin dal Neolitico e lo studio della
disposizione spaziale delle tombe che le compongono rivela tutta una serie di
interessanti indicazioni relativamente alle cognizioni astronomiche e alle credenze
rituali ad esse connesse correntemente diffuse all'interno delle culture che
produssero le necropoli.
Esistono
poi i "Reperti Scritti" che comprendono tutto ciò che è stato direttamente
registrato mediante la scrittura o quantomeno le arti figurative.
Tra i
Reperti Scritti (considerati in senso generale) troviamo:
a) I
testi antichi redatti mediante scrittura vera e propria, quali ad esempio i
papiri egizi o i manoscritti greci. In questo caso l'informazione è direttamente
accessibile conoscendo la lingua e la scrittura mediante le quali i reperti sono
stati prodotti. Se mai rimane da verificare l'aderenza alla realtà di quanto si
trova scritto, ma nella fattispecie, l'Astronomia e la Matematica ad essa
connessa ci assicurano praticamente sempre l'aderenza alla realtà osservativa di quel tempo.
b) I
petroglifi e incisioni rupestri che abbondano praticamente in tutti i luoghi del
pianeta che furono abitati dall'uomo. L'arte rupestre va intesa come una forma
di registrazione soggettiva di fatti ed eventi realmente accaduti, di idee,
credenze, emozioni che gli esponenti delle società primitive, spesso
illetterate, ci hanno lasciato. L'Astronomia è spesso presente nell'arte
rupestre sia come rappresentazione di eventi effettivamente accaduti ed
osservati sia come rappresentazione
grafica codificata delle idee e delle concezioni cosmologiche diffuse
all'interno della cultura che produsse i petroglifi.
c) I
calendari, redatti in forma oggettiva, che praticamente tutte le culture antiche
produssero come efficace risposta alla stringente esigenza di ottenere una
efficiente pianificazione agricola. I calendari oggettivi sono generalmente
documenti scritti o incisi sui più svariati supporti, dalla pietra al bronzo, ai
papiri e rappresentano documenti astronomici per eccellenza in quanto essi altro
non sono che la trasposizione codificata e algoritmica del bagaglio culturale delle varie culture
relativamente ai movimenti del Sole e della Luna. La sola presenza di un calendario presso una
antica cultura implica automaticamente che alcuni esponenti di essa furono in
grado di compiere sistematiche osservazioni astronomiche e il grado di
perfezione e di efficienza raggiunta da un determinato calendario ci testimonia
direttamente il grado di conoscenza che la cultura che lo produsse aveva acquisito nel campo
astronomico. I calendari antichi sono quindi documenti di fondamentale
importanza e la comprensione della loro struttura è fondamentale ai fini dello
studio delle culture che li produssero.
Rimangono
poi da considerare i cosiddetti "Reperti Etnografici" i quali comprendono tutto
il bagaglio di conoscenze e tradizioni popolari tramandate spesso solo oralmente
di generazione in generazione e giunti in questo modo fino ai giorni nostri.
In questo
caso l'informazione contenuta è andata via via modificandosi ogni qualvolta sia
avvenuto il processo di trasmissione orale da una generazione alla successiva.
Questo fatto ha purtroppo contribuito talvolta a corrompere parzialmente il
contenuto originale di informazione. L'interpretazione dei reperti etnografici è
per questo motivo molto più difficile e
facilmente fonte di cattive interpretazioni. I reperti etnografici comprendono
quindi, tra l'altro, le usanze e le tradizioni, tramandate spesso oralmente, che
ancora troviamo frequentemente diffuse tra gli esponenti più anziani di una
comunità. A loro volta essi le appresero dai loro padri e dai loro nonni e
le fecero proprie nel tentativo di
trasmetterle ai loro figli. La tecnologia e il tipo di società attuale spesso
tendono a corrompere e ad opporsi alla trasmissione di questo genere di
conoscenza e rischiano di seppellire un importantissimo bagaglio culturale
assieme a coloro che ne sono gli ultimi detentori, rendendone spesso pressoché
impossibile il recupero e la valorizzazione. Il bagaglio culturale di tipo
astronomico presente in queste tradizioni è spesso molto consistente in quanto
l'Astronomia e l'agricoltura furono sempre strettamente connesse tra di loro.
Tra le
tradizioni si trovano spesso ingegnosi metodi pratici di misura del tempo messi
a punto in epoche in cui non esistevano orologi, fusi orari istituzionalizzati e
cose simili. Ciascuna comunità si arrangiava a sviluppare i propri metodi che in
taluni casi erano dei veri e propri algoritmi di calcolo astronomico, semplici,
ma estremamente efficienti. Prova ne è l'usanza di prevedere l'età della Luna,
praticamente la sua fase, per un giorno qualsiasi dell'anno mediante semplici
calcoli aritmetici fondati sulle cosiddette "epatte". Un siffatto algoritmo è
attualmente diffuso tra gli anziani delle comunità agricole e pastorali ancora
presenti nelle vallate delle Alpi Bergamasche. Una parte molto importante
dell'etnografia di un popolo è costituita da tutto ciò che ha a che vedere con
le festività agricole e rituali la cui
celebrazione prevedeva il rispetto di tutta una serie di vincoli di natura
astronomica e calendariale in quanto legate al ciclo stagionale effettivo del
luogo dove la popolazione conduceva la propria esistenza quotidiana. L'analisi
dei reperti oggettivi deve quindi essere accompagnata da una contemporanea e
adeguata conoscenza dei corrispondenti aspetti etnografici propri della cultura
che ha prodotto il reperto. Solamente questo approccio interdisciplinare può
essere potenzialmente utile per giungere ad un adeguato livello di conoscenza
delle culture che hanno prodotto i reperti che stiamo
studiando.
Tratto da: Archeoastromia, sito web di A. Gaspani