Manifestazione pro-aborto in El Salvador
El Salvador: la legge vieta l’interruzione volontaria di gravidanza in ogni circostanza. Anche in caso di stupro o incesto. E anche quando la donna rischia di morire.
Beatriz ha 22 anni,è incinta e rischia di morire. Per Beatriz portare avanti la gravidanza è molto pericoloso: ha il lupus, una patologia cronica autoimmune, e un’insufficienza renale. Ogni giorno che passa aumenta il rischio per la sua salute e per la sua stessa vita. Il feto è anencefalo, cioè non ha il cervello, e con molta probabilità morirebbe alla nascita.La prognosi per il nascituro in casi del genere non lascia spazio a scenari molto diversi, e anche in caso di sopravvivenza si tratterebbe di una condizione temporalmente molto limitata e priva di margini di miglioramento. In casi del genere, dopo la diagnosi prenatale si può scegliere di interrompere la gravidanza o di portarla avanti, considerando magari la donazione degli organi (il dibattito al riguardo è feroce ed è stato al centro del finale della quinta stagione di Grey’s Anatomy).
È ovvio che in un caso del genere il tempo sia un fattore centrale e il non fare niente – più che in altre circostanze – non sia privo di conseguenze sia morali che fattuali. Ma al di là del destino di Beatriz, e di tutte le donne che vivono in Paesi in cui l’aborto è vietato o difficilmente accessibile, questo caso offre la possibilità di riflettere sull’assurdità del divieto di interrompere una gravidanza e sulla ipocrisia della posizione prolife (ovvero, nochoice) più diffusa e morbida. E lo si può fare partendo proprio dalla coerenza di una legge che vieti in qualsiasi caso l’aborto – che pure molti prolife vorrebbero ammorbidire. La ragione per cui si vieta e si condanna l’aborto è la considerazione dell’embrione come detentore di diritti in senso forte (si intende la stessa cosa quando si parla di personalità giuridica dell’embrione). Se si prende sul serio questa premessa allora è coerente non ammettere eccezioni, né in caso di stupro, né – come nel caso di Beatriz – in caso di rischio per la salute e la vita delle madre. O meglio, per permetterla avremmo bisogno di un’altra premessa da associare alla prima: che la vita della donna sia più importante di quella dell’embrione. Ma se abbiamo accolto la premessa che entrambi godano degli stessi diritti fondamentali (il diritto alla vita), come usciamo da questo conflitto insanabile?
È interessante che molti conservatori non vogliano affrontare queste scomode contraddizioni, forse troppo impopolari,e addolciscano la loro posizione che sarà sì di condanna, ma senza prendere in carico le conseguenze più sgradevoli. Sostenere che è giusto vietare l’aborto anche per chi rischia di morire è strategicamente temerario. E allora si adottano vie intermedie: in questo caso va bene, ma l’aborto va vietato in altri casi e sempre condannato moralmente. La vera faccia prolife è però la legge di divieto totale, comprese le conseguenze mortali.
di Chiara Lalli