E' la riflessione che si legge in una ricerca scientifica pubblicata nella sezione Climate Change della rivista Nature. Una riduzione delle emissioni nocive del 5% l’anno permetterebbe alle specie animali e vegetali di guadagnare un altro mezzo secolo di vita. Altrimenti lo scenario è un "collasso del sistema"
A rischio la sopravvivenza della metà delle specie di piante più diffuse sul pianeta e di un terzo delle speci degli animali più comuni. E’ la riflessione che si legge in una ricerca scientifica pubblicata nella sezione Climate Change della rivista Nature. La causa di questa “perdita di biodiversità” secondo i ricercatori avverrà a causa del riscaldamento globale entro la fine del secolo. Primo imputato la sensibile riduzione, o in alcuni casi alla scomparsa, dei loro habitat naturali: dove queste speci nascono e si riproducono. Come spiegano gli scienziati, se non si interviene con politiche di riduzione dell’emissione dei gas serra, la temperatura terrestre nel 2080 sarà di 4 gradi centigradi superiore a quella dell’era preindustriale. E per quella data il mondo animale e vegetale potrebbe non essere più come lo abbiamo conosciuto.
“Quello che differenzia il nostro studio rispetto ai molti effettuati finora, è che mentre di solito l’attenzione si è focalizzata sulla scomparsa delle specie più rare o su quelle a già rischio estinzione, noi abbiamo investigato l’effetto dei cambiamenti climatici sulle specie più comuni – scrive Rachel Warren, scienziato del dipartimento di studi ambientali dell’Università dell’East Anglia e responsabile della ricerca –. La nostra ricerca mostra come il cambiamento del clima ridurrà la biodiversità anche a danno delle specie più comuni e diffuse al mondo. E la loro potenziale scomparsa è un problema enorme, se consideriamo che anche la loro semplice diminuzione porterebbe al collasso dell’ecosistema”.
Un collasso che, spiega la ricerca, produrrebbe un effetto a catena con violente ripercussioni economiche dovute al mutamento dei paradigmi agricoli, all’inquinamento dell’acqua e alla diminuzione della quantità e della qualità dell’aria respirabile.
Le zone più colpite sarebbero l’Africa subsahariana, l’America Centrale, l’Amazzonia e l’Australia, in secondo ordine anche la zona settentrionale dell’Africa, il sudest europeo e l’Asia centrale. A parziale consolazione, scrivono gli scienziati, una riduzione delle emissioni nocive del 5% l’anno a partire dal 2016 (o al limite entro il 2030) permetterebbe alle specie animali e vegetali di guadagnare un altro mezzo secolo di vita, nel quale imparare ad adattarsi al nuovo ambiente. In questo caso l’inevitabile perdita del loro spazio vitale sarebbe almeno ridotta della metà.
La ricerca si basa sull’analisi di oltre 50mila specie di piante e animali. E i risultati dicono che solo il 4% delle speci animali – e nessuna pianta – beneficerebbero dell’aumento della temperatura. Al contrario: il 34% degli animali e il 57% delle piante vedrebbero ridurre l’estensione o scomparire del tutto il loro habitat naturale. Con ovvie ripercussioni per la razza umana. “La popolazione umana dipende totalmente dall’ecosistema in cui vive, e una perdita così diffusa su scala globale della biodiversità è destinata a impoverire i servizi dell’ecosistema su cui si fonda la vita umana – continua Rachel Warren -. Queste specie comuni di piante e animali sono fondamentali per la purificazione dell’acqua e dell’aria, prevengono le inodazioni, fungono da nutrimento per il suolo che noi destiniamo all’agricoltura e ne garantiscono i cicli. Tutte cose che noi consideriamo scontate, ma che non lo sono affatto. E che noi stiamo facendo sparire”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/14/riscaldamento-globale-a-rischio-meta-delle-specie-di-piante-e-di-terzo-degli-animali/592890/
“Quello che differenzia il nostro studio rispetto ai molti effettuati finora, è che mentre di solito l’attenzione si è focalizzata sulla scomparsa delle specie più rare o su quelle a già rischio estinzione, noi abbiamo investigato l’effetto dei cambiamenti climatici sulle specie più comuni – scrive Rachel Warren, scienziato del dipartimento di studi ambientali dell’Università dell’East Anglia e responsabile della ricerca –. La nostra ricerca mostra come il cambiamento del clima ridurrà la biodiversità anche a danno delle specie più comuni e diffuse al mondo. E la loro potenziale scomparsa è un problema enorme, se consideriamo che anche la loro semplice diminuzione porterebbe al collasso dell’ecosistema”.
Un collasso che, spiega la ricerca, produrrebbe un effetto a catena con violente ripercussioni economiche dovute al mutamento dei paradigmi agricoli, all’inquinamento dell’acqua e alla diminuzione della quantità e della qualità dell’aria respirabile.
Le zone più colpite sarebbero l’Africa subsahariana, l’America Centrale, l’Amazzonia e l’Australia, in secondo ordine anche la zona settentrionale dell’Africa, il sudest europeo e l’Asia centrale. A parziale consolazione, scrivono gli scienziati, una riduzione delle emissioni nocive del 5% l’anno a partire dal 2016 (o al limite entro il 2030) permetterebbe alle specie animali e vegetali di guadagnare un altro mezzo secolo di vita, nel quale imparare ad adattarsi al nuovo ambiente. In questo caso l’inevitabile perdita del loro spazio vitale sarebbe almeno ridotta della metà.
La ricerca si basa sull’analisi di oltre 50mila specie di piante e animali. E i risultati dicono che solo il 4% delle speci animali – e nessuna pianta – beneficerebbero dell’aumento della temperatura. Al contrario: il 34% degli animali e il 57% delle piante vedrebbero ridurre l’estensione o scomparire del tutto il loro habitat naturale. Con ovvie ripercussioni per la razza umana. “La popolazione umana dipende totalmente dall’ecosistema in cui vive, e una perdita così diffusa su scala globale della biodiversità è destinata a impoverire i servizi dell’ecosistema su cui si fonda la vita umana – continua Rachel Warren -. Queste specie comuni di piante e animali sono fondamentali per la purificazione dell’acqua e dell’aria, prevengono le inodazioni, fungono da nutrimento per il suolo che noi destiniamo all’agricoltura e ne garantiscono i cicli. Tutte cose che noi consideriamo scontate, ma che non lo sono affatto. E che noi stiamo facendo sparire”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/14/riscaldamento-globale-a-rischio-meta-delle-specie-di-piante-e-di-terzo-degli-animali/592890/