Negli ultimi decenni la fisica e la biologia hanno conosciuto uno sviluppo eccezionale : due protagonisti di queste discipline, Freeman Dyson e Sideny Brenner, rileggono alcune conquiste fondamentali alla luce dei concetti di rivoluzione scientifica e di paradigma sviluppati dallo storico della scienza Thomas Kuhn di Gianbruno Guerrerio
La rivoluzione copernicana è citata universalmente come il paradigma della rivoluzione scientifica, un totale rivolgimento della prospettiva sul mondo che, oltre a spiegare nuovi dati, accoglie quelli vecchi in un unico quadro coerente, diverso dal precedente.
E' questo il tema centrale del libro pubblicato nel 1962 dallo storico della scienza Thomas Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, che faceva piazza pulita dell'idea della scienza come sapere cumulativo e lineare di fatti e di teorie. Uno dei concetti cruciali del saggio era quello di “paradigma”, cioè un modo dominante, “normale”, secondo Khun, di fare scienza in un particolare periodo e in un particolare luogo. Con il passare del tempo si aggiungono nuovi fatti sperimentali che la teoria non è in grado di spiegare. È a questo punto che interviene un drastico cambiamento nel modo di pensare, che porta all'abbandono del vecchio paradigma per uno nuovo.
I 50 anni trascorsi dalla pubblicazione sono serviti a storici e filosofi della scienza per confrontarsi con le idee di Kuhn, alimentando un dibattito spesso aspro e niente affatto scevro di significati che andavano al di là della scienza. La tendenza attuale è quella di considerare quelle idee un po' superate, e non adatte a cogliere l'estrema variabilità dei modi di procedere della prassi scientifica moderna. Per quanto inadeguato nella sua versione “forte”, il concetto di paradigma e di rivoluzione scientifica ben si presta a gettare uno sguardo sugli ultimi sviluppi di diverse discipline.
E così hanno fatto sulle pagine di “Science” due big della scienza come Freeman J. Dyson, fisico teorico che quasi novantenne ha vissuto in prima persona sviluppi fondamentali in diverse discipline, dalle particelle elementari
ai voli spaziali, e Sidney Brenner, biologo sudafricano, insignito del Premio Nobel nel 2002 per i suoi studi nel campo della biologia cellulare e della genetica.
Dyson si sofferma in particolare su un dilemma secco: a promuovere il progresso scientifico sono più le idee o gli strumenti? L'importanza delle prime è una delle basi della visione di Kuhn, che prima di essere uno storico della scienza è stato un fisico teorico. A essa si contrappone quella di un fisico sperimentale, Peter Galison, che nel 1997 pubblicò un altro libro di grande impatto: L'immagine e la logica.
Per Galison gli strumenti sono tutto. Se si guarda la fisica delle particelle della seconda metà degli anni cinquanta, i pilastri dell'evoluzione sono i diversi tipi di rivelatori che hanno permesso di vedere eventi sempre nuovi e con sempre maggiore accuratezza. E la stessa evoluzione “per immagini” è avvenuta in paleontologia, in meteorologia, nell'astronomia, nella genetica...
Certo, ragiona Dyson, è anche questione di periodi. La “vecchia” guardia dei fisici come Einstein, Schroedinger etc. era molto sul lato della teoria, ma già la generazione successiva poteva fare tesoro dell'immenso patrimonio tecnologico ottenuto sotto la spinta delle esigenze militari. Se si guarda agli anni recenti, inoltre, si possono ravvisare molte analogie con gli anni cinquanta del Novecento, prosegue Dyson. Il più ambizioso progetto kuhniano è quello della teoria delle stringhe, che intende unificare tutte le forze fondamentali come vibrazioni di minuscole “corde vibranti”. Sulla sponda opposta vi sono invece le grandi questioni della costituzione fisica e dell'accelerazione dell'espansione dell'universo, basate, rispettivamente, sul concetto di materia oscura e su quello di energia oscura. La scoperta di questi due “mostri” non ha dato vita a nuovi paradigmi: questi non si possono generare dall'ignoranza, conclude laconicamente Dyson.
Brenner punta invece l'obiettivo sulle scienze biologiche, che hanno conosciuto negli ultimi decenni numerose rivoluzioni (in senso kuhniano) ed è interessante ripercorrerne i momenti essenziali considerando gli esiti di grande rilievo che hanno avuto ultimamente.
Una di queste rivoluzioni è stata certamente la scoperta della struttura a doppia elica del DNA da parte di Watson e Crick nel 1953. Prima di quella data, si conoscevano da una parte le leggi dell'ereditarietà formulate da Mendel, ma si ignorava quale fosse il substrato fisico in grado di codificare l'informazione sul progetto generale dell'organismo da trasmettere alla discendenza. Il problema fu posto con esemplare chiarezza da Schroedinger in Che cos'è la vita?, uscito nel 1944. Pur scritto da un fisico ebbe una profonda influenza su generazioni di biologi per le profonde questioni poste sulla natura fisica del codice genetico. Nei primi anni 50 si sapeva che i cromosomi sono costituiti da DNA e proteine, ma molti biologi non credevano che il DNA, per la sua semplicità, potesse supportare l'informazione genetica. Ma nel volgere di qualche anno, la scoperta di Watson è Crick cambiò tutto: a quel punto il problema diventò rendere conto della sintesi di tutti i 20 aminoacidi con soli quattro basi adenina, timina, citosina e guanina e trovare il “macchinario biochimico” in grado di leggere e tradurre l'informazione genetica.
Ma per capirlo occorre l'intervento della fisica. Anzi, sintetizza Brenner, la biologia può essere concepita essenzialmente come la somma di una fisica delle energie molto basse con le leggi della computazione. Se la fisica è stata tradizionalmente denominata filosofia naturale – conclude l'autore – allora la biologia può essere ribattezzata “ingegneria naturale”.
http://www.lescienze.it/news/2012/12/15/news/rivoluzione_scientifica_kuhn_fisica_biologia-1421891/