Il cardinale Angelo Scola, in occasione della tradizionale omelia per la vigilia di sant’Ambrigio, ha tuonato nel Duomo di Milano contro lo Stato “senza Dio”. Ad ascoltarlo ieri, tra i tanti politici, anche il ministro per i Beni Culturali Lorenzo Ornaghi e il sindaco meneghino Giuliano Pisapia. Nonché i candidati alla presidenza della Regione Lombardia Gabriele Albertini e Umberto Ambrosoli, che hanno trovato nella festa al patrono un’occasione per una photo opportunity.
‘Stato laico’ e ‘libertà religiosa’ per la Chiesa
Già questa autorevole platea smentisce la filippica di Scola. Ma è interessante approfondire cosa ha sostenuto il prelato di fronte ai fedeli e circondato da politici. Secondo il religioso, “la giusta e necessaria aconfessionalità dello Stato ha finito per dissimulare, sotto l’idea di neutralità, il sostegno dello Stato a una visione del mondo che poggia sull’idea secolare e senza Dio”. Lo Stato “cosiddetto ‘neutrale’ lungi dall’essere tale fa propria una specifica cultura, quella secolarista, che attraverso la legislazione diviene cultura dominante”. Che, pertanto, “finisce per esercitare un potere negativo nei confronti di altre identità, soprattutto quelle religiose, presenti nelle società civili tendendo ad emarginarle, se non espellendole dall’ambito pubblico”.
Insomma, le parole dell’arcivescovo di Milano sono indicative dell’approccio della Chiesa. E sono l’espressione coerente di una lunghissima tradizione. Lo Stato piace solo se è schiettamente clericale, ovvero se favorisce la religione. Mentre se non fa iniezioni ricostituenti e non dà privilegi alla fede, promuovendola negli spazi pubblici a scapito della laicità, non va bene. Anzi, così farebbe il gioco della cultura “secolarista” e “senza Dio”. Quindi per le gerarchie ecclesiastiche uno Stato laico e aconfessionale diventa automaticamente “ateo”.
Il prelato si sofferma anche sulla minaccia alla libertà religiosa. Preoccupazione condivisa, considerando che le vittime non sono solo i cristiani ma anche i non credenti in tutto il mondo. Ma Scola azzarda: pubblicizzando l’avvio delle celebrazioni per i 1.700 anni dall’editto di Costantino, sostiene che la scelta di rendere il cristianesimo religio licita nell’impero romano sia “l’atto di nascita della libertà religiosa”. La visione cristianocentrica del religioso, in linea con la strategia revisionista della Chiesa, non solo dimentica che tale libertà in parte già esisteva, ma presenta anche un quadro distorto. Le persecuzioni contro i cristiani ci furono, ma limitate e di natura politica. E fu anzi con l’imposizione del cristianesimo come unica religione di Stato con i decreti dell’imperatore Teodosio che si cancellarono spazi per la libertà religiosa, con perdite di diritti, conversioni forzate e persecuzioni sistematiche verso pagani, eretici e apostati.
Le risposte di Rusconi e Mancuso
Espressioni, quelle del prelato, che rivelano l’abitudine alla manipolazione di concetti e parole con una neolingua clericale. Tanto che il suo discorso ha suscitato preoccupazione sia in commentatori laici come Gian Enrico Rusconi, sia in cattolici modernisti come il teologo Vito Mancuso. Rusconi sulle colonne de La Stampa parla di “passaggi sorprendenti” per atteggiamento e tono e “parole pesanti” del cardinale. E ricorda che “nessuno infatti vuole uno Stato etico”. “Non si capisce come una legislazione neutrale rispetto ai valori religiosi impedisca, a coloro che lo desiderano, di condurre la propria vita e operare le proprie scelte sulla base di quei valori” religiosi, si chiede giustamente Rusconi.
Di certo, Scola non si riferisce al nostro Stato quando ne paventa le degenerazioni: “un paese con la sua legislazione sull’insegnamento della religione nelle scuole, con la normativa sui simboli religiosi negli spazi pubblici, sul sostegno indiretto alle scuole confessionali, sulla forte (e formalmente legittima) influenza della Chiesa sulla problematica bioetica — per non parlare della deferenza pubblica dei partiti politici verso la Chiesa”, snocciola impietosamente il giornalista. Casomai, sono i laici “spesso a non vedere riconosciuti i propri come ‘valori’ (ma sempre come apertura al peggio) e la legittimità delle proprie opzioni”. E Scola confonde la laicità “con un’idea di secolarizzazione che sconfina di fatto nel nichilismo”. Ma è proprio la laicità “l’unica garanzia della libertà di coscienza”.
Anche Mancuso su Repubblica giudica “molto pesanti” le parole del cardinale, nonché “poco fondate”. Notando che a quello di Milano del 313 seguì l’Editto di Tessalonica del 380 e i decreti di Teodosio nel 391-2 “che mettevano al bando ogni forma privata, compresi i culti dei lari e dei penati”. “Non si può sorvolare in questo modo così leggero su secoli e secoli di sanguinosa intolleranza cattolica” — continua –”generata da tale editto e dal matrimonio con il potere imperiale”. ”La storia insegna che si dà libertà religiosa solo nella misura in cui lo Stato non si lega a nessuna religione particolare” e “solo se pratica quella forma di neutralità così esplicitamente criticata dal cardinal Scola”. Occorre sempre ricordare come fa anche Mancuso che la libertà religiosa, “se è giunta ad essere un patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, è solo grazie alla lotta in favore dei diritti umani da parte della laicità illuminista”. Quella stessa libertà religiosa che dai papi, compresi Gregorio XVI, Pio IX e Leone XIII, veniva aspramente demonizzata: ci è voluta la Dignitatis Humanae del 1965 per archiviare almeno ufficiosamente i decreti dell’imperatore cristiano. La Chiesa cattolica, conclude il teologo, “non può limitarsi a rimpiangere Costantino e Teodosio e magari a cercare candidati politici che ne ricalchino le orme”. La sua linea attuale è tuttavia esattamente questa.
Laicità per i diritti di tutti
Che lo Stato sia di per sé pro-ateismo o anticlericale è ridicolo. Tragicomico poi che si facciano discorsi del genere in Italia, soprattutto in Lombardia. Proprio la regione dove si è imposto per vent’anni il ‘cattolicesimo reale’ targato Comunione e Liberazione e Compagnia delle Opere capeggiato da Roberto Formigoni. Guarda caso, proprio da Cielle viene anche Scola, il quale si distinse tra l’altro per l’interventismo politico e la formazione politica di Silvio Berlusconi. Quel movimento ecclesiale ora è sotto i riflettori in seguito alle inchieste della magistratura. Non ci risulta che Scola abbia mai trovato il tempo per criticarlo. Evidentemente preferisce le stoccate allo straw man dello “Stato ateo”.
La laicità è neutrale, non deve favorire né le comunità di fede, né le associazioni atee. Ma garantire diritti e libertà agli individui a prescindere dalle loro convinzioni e non imporre una visione etica univoca, o difendere i privilegi di comunità tradizionali. Le dichiarazioni di Scola portano invece alla luce un dato di fatto, di cui le gerarchie ecclesiastiche sono consapevoli: senza l’attivo sostegno delle autorità politiche, la religione declina. Comprendiamo dunque la preoccupazione di Scola. Ma lo invitiamo ad argomentare assai meglio le meraviglie del magistero cattolico, piuttosto che unirsi allo sport nazionale di chiedere “un aiutino” per superare le proprie incapacità.