mercoledì 3 luglio 2013

Scandali, arresti e dimissioni: la riforma a orologeria dello Ior

IOR
Un’altra tegola è caduta sull’Istituto Opere di Religione, la “banca” del Vaticano. L’arresto di monsignor Nunzio Scarano, un’influente personalità della Santa Sede, di Giovanni Maria Zito, ex funzionario dell’Aisi (l’ex Sisde) e di Giovanni Carenzio, un broker con importanti contatti con la Chiesa. La guardia di finanza li accusa di calunnia, truffa e corruzione.

"dalla Svizzera circa 20 milioni di euro, soldi di conoscenti del religioso"
Scarano, da giovane funzionario di banca e assunto in Vaticano dopo aver preso i voti, era noto come “monsignor 500″ per la disponibilità di banconote da mezzo migliaio di euro. Fino a poco tempo fa era responsabile del servizio contabilità analitica all’Apsa, cioè l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica: l’ente costituito nel 1967 da Paolo VI per gestire tutti i beni del Vaticano, tra cui migliaia di immobili e centinaia di milioni. È stato silurato il 14 giugno quando è stato iscritto nel registro degli indagati con altre 56 persone per il sospetto riciclaggio di 560.000 euro, operato in maniera macchinosa tramite una ipoteca e finte donazioni. Gli inquirenti sospettano che si sia accordato con Zito per far rientrare dalla Svizzera circa 20 milioni di euro, soldi di conoscenti del religioso, su un jet privato. Per questo, sostengono gli inquirenti, avrebbe ricevuto una stecca da 400.000 euro, sebbene i suoi legali sostengano che sia al limite intervenuto non per compenso ma “in spirito di amicizia”.
 
L’inchiesta come scrive il Corriere, va avanti: si fa riferimento anche a conti segreti aperti presso la banca Ubs di Lugano per occultare denaro arrivato dal Vaticano, gestito da Scarano ma intestato all’Apsa. Proprio il monsignore, intercettato, parla di operazione effettuata su un conto dello Ior grazie a Zito e intrattiene molti contatti con la banca svizzera. Non si può non notare una coincidenza: anche Francesco La Motta, gentiluomo di Sua Santità recentemente accusato di aver portato in Svizzera dieci milioni di euro presi dal fondo per gli edifici di culto del Ministero degli Interni, faceva parte dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna, anzi ne è stato vicedirettore.
"Questi conti vaticani erano già finiti nel mirino di Moneyval"
Scarano risulta socio di imprese immobiliari a Salerno e avrebbe chiesto prestiti a banche, rimborsati con i proventi della beneficenza. Sui conti a lui intestati sono passati centinaia di migliaia di euro. Presso Ubs risultano depositati ben 40 milioni dei suoi “amici”, gli armatori D’Amico, da far rientrare in Italia. E sempre lì è stato aperto un conto intestato all’Apsa. Questi conti vaticani erano già finiti nel mirino di Moneyval, perché non è chiaro chi li gestisca e da dove provengano i soldi che ci finiscono, con il sospetto di utilizzi a fini di riciclaggio. Il sacerdote, intervistato respinge le accuse, riconosce che c’era in ballo il ritorno di quei 20 milioni di euro ma che lui si è prestato solo per amicizia e in buona fede. Un copione si direbbe molto italiano, anzi piuttosto vaticano, che non finisce qui: i legali hanno pure chiesto per il prete gli arresti domiciliari in parrocchia, in modo che possa continuare a celebrare messa. “La cosa che gli manca di più”, assicurano.
 
Il portavoce della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, aveva precisato che Scarano è stato sospeso settimane fa dal suo incarico. Ovvero da quando era giunta notizia a i suoi superiori che erano in corso indagini. Ciò non sorprende, visto che esistono disposizioni “salvapreti” blindate dal Concordato, anche nella revisione del 1984. Infatti non solo gli ecclesiastici “non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero”, ma la forza pubblica non può entrare negli edifici di culto “senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica”. Inoltre è stabilito che i giudici debbano comunicare “all’autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici”.

Tutto ciò permette di porre sotto un’altra ottica ciò che sta avvenendo in Vaticano. La segreteria di Stato ha annunciato di recente l’istituzione, da parte di papa Bergoglio, di una commissione a cinque per passare al setaccio le attività dello Ior e “consentire una migliore armonizzazione del medesimo con la missione della Chiesa”. Vero è che già in aprile Francesco aveva fatto una battuta sullo Ior (“Gli uffici sono necessari, tutto è necessario… ma fino a un certo punto”), prontamente “contestualizzata” dall’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto alla segreteria di Stato.
Intanto lo scandalo Scarano, prontamente ammortizzato dall’istituzione della commissione vaticana, ce l’ha: si sono dimessi il direttore generale dello Ior, Paolo Cipriani, e il suo vice Massimo Tulli. Il primo già coinvolto nell’inchiesta del 2010 portò al sequestro di 23 milioni di euro dello Ior depositati presso una filiale di Credito Artigiano a Roma. Le funzioni sono state assunte ad interim dal presidente Ernst von Freyberg, nominato dopo il siluramento di Ettore Gotti Tedeschi.
"la storia della Chiesa è piena di appelli populisti al pauperismo"
I più crederanno che ancora una volta Francesco sia intervenuto, eroicamente solo contro tutti, nella curia romana per smantellare privilegi mondani di cui gode la Chiesa. L’ennesimo atto di una “rivoluzione” virtuale portata avanti del nuovo papa, al momento piuttosto mediatica, fatta di battute o dichiarazioni simpatiche e talvolta persino condivisibili perché fin troppo vaghe e concilianti: ma dove sono pochi gli atti concreti. Staremo a vedere, anche se ci sembra che molti abbiano celebrato troppo presto e in maniera troppo acritica le mosse di questo papa. D’altronde la storia della Chiesa è piena di appelli populisti al pauperismo, spesso da parte degli stessi religiosi o anche da ordini che gestivano immensi patrimoni, la cui formazione finiva per impoverire la gente e la società nel complesso.
 
In realtà la decisione di riformare lo Ior, annunciata frettolosamente qualche giorno fa, tiene in conto che da settimane — anzi, da mesi e anni — ci sono indagini in corso su personaggi legati al Vaticano. La Chiesa ancora una volta è costretta a muoversi su pressione esterna, ma propaganda questi atti come sue libere e coraggiose iniziative all’avanguardia, con l’avallo di schiere di giornalisti adoranti. Cioè, siamo al paradosso per cui usare il buonsenso e rispettare la legge come sono tenuti già a fare tutti gli altri cittadini diventa chissà quale merito, se lo fa (in ritardo) il Vaticano. Come già aveva fatto Benedetto XVI, sollecitato a rimettere le mani sullo Ior solo dopo l’avvio di indagini da parte della magistratura italiana a fine 2009 sulla scarsa trasparenza di transazioni con banche italiane e per il giudizio molto severo di Moneyval (per cui ha ricevuto un “aiutino” dal governo italiano). Dopo che decenni di scandali e traffici tra Ior, banche e istituzioni, giri vorticosi di tangenti (vedi Enimont) e soldi riciclati dalla mafia.
"Un intervento vero e onesto ci sarebbe: abolire il Concordato"
Il problema è proprio questo: da troppo tempo, contando su uno status privilegiato e su una concezione elitaria che strutturalmente li pone al di sopra delle norme “terrene”, enti vaticani e singole personalità vicine a questi hanno gestito in maniera non trasparente immensi fiumi di denaro. Un sistema che ha prosperato proprio aggirando le leggi italiane e internazionali o tramite compromessi e agganci con poteri forti e istituzioni. E sul quale solo ora si cerca di mettere una toppa. Un intervento vero e onesto ci sarebbe: abolire il Concordato e con esso tutti i privilegi, anche fiscali, accordati al Vaticano.