In Irlanda, la Camera (Dáil) ha approvato la legge che consente l’aborto in limitatissimi casi. Il dibattito si è aperto mesi fa dopo la morte di Savita Halappanavar, causata dal mancato intervento di medici obiettori a seguito di complicazioni durante la gravidanza, che richiedevano un aborto terapeutico.
"attenuarsi della stretta politica della Chiesa cattolica sull’Irlanda, dopo il crollo di credibilità"
I governi non si erano mai mossi, ma ora il clima è cambiato. Il premier Enda Kenny, nonostante le pressioni della Chiesa cattolica e delle organizzazioni no-choice, sempre più attente ai feti che alle donne, ha convenuto sulla necessità di una norma minima. Il Protection of Life During Pregnancy Bill, passato a larga maggioranza ma con strappi dentro il Fine Gael, partito di Kenny, fissa paletti molto rigidi, tant’è che scontenta sia pro che no-choice: consente l’interruzione di gravidanza solo se la vita della madre è in pericolo (compreso il rischio suicidio) e dopo il parere unanime di tre medici. Ma segna comunque l’attenuarsi della stretta politica della Chiesa cattolica sull’Irlanda, dopo il crollo di credibilità a causa delle coperture per lo scandalo dei preti pedofili.
Si è comunque vista una forte mobilitazione degli anti-abortisti, sostenuta dai vescovi, i quali avevano attaccato la legge che avrebbe aperto alla “uccisione volontaria diretta di un bambino non ancora nato”. La legge attende l’approvazione dell’altra Camera (Seanad) e la firma del presidente Michael D. Higgins. Ma gli oppositori promettono battaglia dal punto di vista della costituzionalità, specie sul tema dell’obiezione di coscienza.
Su La Stampa di ieri Vladimiro Zagrebelsky, già giudice presso la Corte di Strasburgo, fa il punto della situazione contestando sia l’idea che ormai in Irlanda sia riconosciuto un “diritto all’aborto”, sia quella che vorrebbe una Cedu troppo invadente sul tema. La Costituzione irlandese è molto rigida sulla salvaguardia del feto, ma proprio le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno favorito modifiche. Specie dopo lo spinoso caso di una malata di cancro che necessitava di abortire per potersi curare.
Come avvenuto anche per la Polonia, a causa degli ostacoli all’interruzione di gravidanza dopo uno stupro. La Cedu d’altronde “non ha mai affermato che esista un “diritto all’aborto”, anzi ha negato che possa pretendersi una pura e semplice libertà di scelta da parte della donna”. Piuttosto riguarda il “rispetto della vita privata”, che “non è un diritto assoluto”. Le leggi sull’aborto puntano infatti a un equilibrio “provvisorio”, nel rispetto delle “sensibilità sociali ed etiche”, ma tenendo presente che “i diritti fondamentali spettano ai singoli, anche contro l’avviso della maggioranza”.
In Texas invece, nonostante l’impegno della senatrice democratica Wendy Davis e le manifestazioni anche in aula, alla fine è stata approvata. Intanto la Lituania ha imposto il mese scorso forti restrizioni all’aborto, che ora è possibile solo per stupro, incesto e nel caso la salute della donna sia a rischio. L’aborto era legale dal 1955 fino alla dodicesima settimana, ma il Parlamento ha rimesso mano alla legge. Secondo alcuni è un modo per frenare il calo demografico e alzare la bassa natalità: tuttavia, 10mila aborti in meno non sono certo un contributo risolutivo, su una popolazione di più di 3 milioni.
"la Chiesa cattolica è scesa in campo, con messe e manifestazioni, per una campagna d’altri tempi"
Nelle Filippine è stata approvata con fatica dal presidente Benigno Aquino una legge che facilita l’accesso alla contraccezione. Proprio per venire incontro alle donne più povere in un paese molto popolato e dove sono diffuse le gravidanze adolescenziali e gli aborti clandestini. Da tempo la Chiesa cattolica è scesa in campo, con messe e manifestazioni, per una campagna d’altri tempi tesa a demonizzare l’utilizzo di pillola e profilattico (considerando che l’aborto è tuttora illegale). Ora si attende la sentenza della Corte Suprema, cui si sono appellati gli oppositori. L’incongruenza della dottrina cattolica, che vuole vietare sia l’accesso alla contraccezione, sia l’accesso all’aborto, nonostante la prima sia la miglior garanzia contro il ricorso massiccio al secondo, è evidente, ma è anche una posizione da cui non intende in alcun modo recedere. E di questo occorre tener conto, quanto si affrontano questi temi, piuttosto che della simpatia o antipatia che ispira il leder vaticano di turno.
Come abbiamo già scritto, il confronto sui diritti riproduttivi delle donne è ormai mondiale. Le distanze si allungano, con le principali religioni contrarie a qualsiasi apertura anche in sede internazionale. Ancora una volta, è opportuno ricordare che non è così ininfluente verificare e valutare il grado di clericalismo dei candidati che si votano. Perché poi vi vanno di mezzo donne in carne e ossa.