02/01/2013 - Raccontava i suoi giorni da "clandestina" a scuola. Colpevole solo di esser donna e voler studiare, nonostante i diktat dei talebani. Storia di una ragazzina, che nonostante un attentato alle spalle, non si arrende e chiede una cultura "uguale per tutti"
“Non mi importa se devo sedermi sul pavimento della scuola. Tutto quello che voglio è l’istruzione. E non ho paura di nessuno”
Queste parole escono dalla bocca di una bambina di soli 14 anni, che è diventata il simbolo della riscossa dei diritti di tutte le donne in Pakistan. Il suo nome è Malala Yousafzai. Ha aperto un diario in urdu sulla BBC, una testimonianza della vita sempre più dura sotto l’azione dei talebani. Sotto lo pseudonimo Gul Makai, raccontava i suoi giorni da “clandestina” a scuola. Colpevole solo di “voler studiare”, diritto alla cultura, spesso negato in zone ad influenza taliban, che sfuggono al controllo del governo centrale.
SCRIVERE - Parole e pensieri, nero su bianco, fino al nove ottobre, quando la Sharia, ha deciso sulla sua vita, sparandole mentre era in compagnia di una amica e tornava dopo scuola, a Mingora, nello Swat, Pakistan Nord-occidentale. Lei si è salvata e ora, in un ospedale britannico, riceve le massime cure, dopo aver lottato tra la vita e la morte. La sua colpa? Rivendicare il diritto all’istruzione femminile, sotto l’odio fondamentalista che ha distrutto 600 scuole.
Ho fatto un sogno terribile ieri, con gli elicotteri militari e i talebani. Faccio questi incubi dall’inizio dell’operazione dell’esercito a Swat. Mia madre mi ha preparato la colazione, e sono andata a scuola. Avevo paura di andare perché i talebani hanno emanato un editto che proibisce a tutte le ragazze di frequentare la scuola. Solo 11 compagne su 27 sono venute in classe. Il numero è diminuito a causa dell’editto dei talebani. Per la stessa ragione, le mie tre amiche sono partite per Peshawar, Lahore e Rawalpindi con le famiglie. Mentre tornavo a casa, ho sentito un uomo che diceva “Ti ucciderò”. Ho affrettato il passo, guardandomi alle spalle per vedere se mi seguiva. Ma con grande sollievo mi sono resa conto che parlava al cellulare. Minacciava qualcun altro.
COLPEVOLE – “E’ un chiaro dettame della Sharia” affermò Ehsanullah Ehsan, portavoce dei Talebani che hanno rivendicato il gesto. “Ogni donna -precisa Ehsan – che in qualsiasi modo prenda parte alla guerra contro i mujahedeen deve essere uccisa”. E Malala continua a rimanere una minaccia. Secondo i conservatori della Moschea rossa di Islamabad verrà diffusa una fatwa contro la ragazzina. Doveva esser lanciata in occasione del Sharia 4 Pakistan, evento poi rinviato. Processata da un tribunale islamico, perché “adulta” che ha scelto di allearsi col nemico. Il capo religioso Anjem Choudary, fondatore dell’organizzazione islamista al-Muhajiroun, messa al bando nel 2010, sostiene che la vicenda sia stata strumentalizzata dagli Stati Uniti e dal Pakistan. “L’unica soluzione è l’attuazione della sharia (la legge islamica, nda)” afferma. Malala (che Choudary considera “matura”, “adulta” a tutti gli effetti) schierandosi “a favore degli americani”, considerando Barack Obama il suo leader preferito, e negando sharia e hijab, per gli islamisti radicali si è messa “in una situazione molto precaria”.
PADRE MODELLO – Dopo il suo ricovero, il padre Ziauddin Yousufzai, ex insegnante elementare, ha ringraziato tutto il mondo per le attenzioni date alla piccola. Lo fa parlando al Daily Telegraph, da un “luogo sicuro”: “Ho visto il giorno del giudizio e sono sopravvissuto. Malala è stata onorata dalla nazione e dal mondo. Per questo sono grato: ma sono un padre. Rispetto questi sentimenti ma la mia unica priorità ora è la vita di mia figlia e la sua totale riabilitazione. Non cerco premi, ho bisogno di mia figlia. Il modo in cui hanno salvato mia figlia è miracoloso. Sta bene, migliora di giorno in giorno se Dio vuole”. L’uomo è diventato consigliere speciale delle Nazioni Unite per l’istruzione globale.L’inviato Gordon Brown ha optato per lui per contribuire al nuovo ‘Piano Malala’, redatto con l’obiettivo di garantire il diritto all’istruzione a tutte le ragazze nel mondo entro la fine del 2015. Per il 12 luglio (compleanno della ragazzina), l’Onu sta cercando di creare una giornata mondiale a favore dell’istruzione. ”Prima che fosse ferita, Malala dava voce alla causa dell’istruzione femminile contro il veto posto dai Talebani che hanno chiuso e distrutto 600 scuole”, ha detto l’ex premier britannico e ora inviato Onu. “Se i Talebani volevano zittirre la sua volta una volta per tutte, hanno fallito. Da oggi la sua voce e il suo sogno che i ragazzi devono andare a scuola, echeggia in tutto il mondo, da ragazza a ragazza. Tutti coloro che vogliono che alle ragazze sia riconosciuto il diritto allo studio si identificano in Malala” conclude Brown.
UN SEGNO - La ragazza viene raggiunta ogni giorno da messaggi di solidarietà da ogni parte del pianeta. Il presidente pakistano Asif Ali Zardari l’ha definito “simbolo di tutto quello che abbiamo di buono” e del “coraggio delle ragazze e delle donne” del Paese. Zardari ha anche annunciato l’iniziativa “Waseela e Taleem” (“Diritto all’educazione”) con lo scopo di garantire la scuola gratuita ai figli delle famiglie povere, e ha esortato i cittadini a non agire e lasciarsi impaurire dagli attacchi dei fondamentalisti ai quali – ha poi promesso – verrà risposto con “determinazione e coraggio”. Quando la ragazzina era stata inizialmente ricoverata a Peshawar andarono a farle visita il capo dell’esercito pakistano, Imran Khan, grande stella del cricket e Mian Iftikhar Hussain, ministro per i rapporti con gli enti locali, che ha offerto una taglia di 100mila dollari per ogni informazione che possa portare alla cattura dei soggetti: “Non sono esseri umani, non hanno un’anima”.
ALTRE VITTIME - Malala non è la sola che continua a rischiare la vita. Un’altra studentessa pachistana è finita nel mirino dei fondamentalisti. La 17enne Hina Khan, riceve continue minacce. A raccontare la sua vicenda al Times è la madre Farhat Rayat. “La prima telefonata è arrivata 10 giorni fa – ha raccontato al quotidiano britannico la donna – era mattina presto. Hanno chiesto ‘Sei la mamma di Hina Khan?’, quando ho risposto mi hanno detto che la sua vita è in pericolo, così come la mia. Sono scoppiata a piangere”. “I talebani mi odiano perché ho alzato la voce a nome delle ragazze che vanno a scuola”, ha rivelato al quotidiano la 17enne, che già nel 2008 aveva cominciato a collaborare con la madre a favore dell’alfabetizzazione delle donne. “Dovemmo scappare a causa delle minacce e così io ho potuto continuare a frequentare la scuola”, ha raccontato. Ma non demorde: vuole diventare un’insegnante “per istruire le donne ed aiutarle a diventare cittadini migliori”.
PIAGA – Il problema che affligge il Pakistan è il rapporto tra governo centrale e province. In Baluchistan, per esempio, sono numerose le sparizioni di oppositori e “terroristi” tant’è che è stata varata una legge nazionale per costringere il governo locale a tenere il conto e a riconoscere il numero ufficiale dei scomparsi. Le leggi di Islamabad non arrivano, e la cultura della capitale e della sua comunità musulmana non penetra, lasciando ampio spazio al tribalismo spinto e ai dettami talebani.
NOBEL – Nel dicembre 2011 la ragazza ha ricevuto dal Governo pakistano il primo “Premio Nazionale per la Pace”. Ora è partita una raccolta firme per la candidatura a Nobel. nto sta accadendo grazie alla piccola pachistana merita davvero attenzione. Anche quella di coloro che assegnano il Premio Nobel. Un premio che ricorderebbe anche un suo connazionale, piccolo come lei. Iqbal, venduto a quattro anni dal padre per 12 dollari. Diventò attivista contro la schiavitù infantile ma fu ammazzato ad appena 12 anni. Storie di coraggio di bambini che rivendicano un unico e primordiale diritto: la libertà. Le gigantografie della quattordicenne sono affisse ovunque. Malala è ormai diventata un’icona: “Voglio essere come lei, voglio studiare”, ripetono in coro i coetanei nelle scuole. In barba ad ogni repressione, ad ogni proiettile, ad ogni Sharia. A colpi di libro, per difendere l’istruzione.
di Stefania Carboni
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